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Redazione

Tour de Corse en vèlo: 5 romani e un viaggio "diversamente rilassante"

Quelli che le vacanze sono relax. E quelli che le vacanze sono un tour de force. O per meglio dire: Tour de Corse. Come nel caso di Matteo Colizzi, Antonio D’Angelo, Ferdinando Bisleti, Giovanni Andrea Panebianco e Riccardo Corsetto, cinque trentenni romani che hanno scelto di fare il giro di Corsica in bicicletta nella settimana di ferragosto.
 
 
818 chilometri in sette giorni, attraversando l’isola da nord a sud nell’entroterra montuoso e risalendola lungo la costa occidentale. Bastia, Corte, Zonza, Porto Vecchio, Bonifacio, Ajaccio, Porto, Calvi, Saint Florent, Capo Corso e di nuovo Bastia. Oltre 110 chilometri al giorno, con un dislivello di 8.500 metri in totale da scalare sopra il livello del mare con una zavorra di quindici chili da trasportare sulla bicicletta.
Sulle loro maglie è stampata la scritta Buddies for Corsica e una piantina che mostra l’itinerario pianificato dal Colizzi, dipendente all’aeroporto di Roma Fiumicino, anche detto “Er Tripla”, per quell’abitudine di montare sulla bici la terza corona che agevola il passo in salita. Un’abitudine provvidenziale, ammetteranno gli altri buddies, che sapevano la Corsica fosse piena di salite, ma non immaginavano fosse davvero così avara di pianura. E invece quell’isola è proprio una catena montuosa in mezzo al mare. Basti pensare allo spettacolare Col de Verghiu, con i suoi impianti sciistici a 1500 metri di altitudine, ad appena 20 Km lineari dal mare. Quando si dice Mari e Monti.

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Giovanni Panebianco – nome di battaglia “Pagnottella” – che nella vita giù dalla bicicletta è Funzionario al Ministero per l’Agricoltura, si ferma a rispondere in francese ai curiosi lungo il cammino. “Dove alloggiamo? Semplice – spiega a chi domanda tra curiosità e stupore – nei campeggi che incontriamo. Sulle bici abbiamo tende e sacchi a pelo.” “E anche se dormire a terra dopo una giornata di otto, dieci ore di bici, non è il massimo per recuperare energie, dopo i primi giorni ci si abitua” assicura Riccardo Corsetto, detto Corsico, giornalista. L’equipaggiamento dei buddies? Pochi indumenti essenziali, e un paio di fornelli da campo per cucinare. “Er Tripla ha una sacca piena di risotti pronti” racconta Nando, che nella vita reale si chiama Ferdinando Bisleti e lavora in una produzione televisiva. “I risotti del Tripla li usiamo per cena, sono facili da preparare e danno il giusto apporto energetico per la tappa del giorno successivo. In ogni caso a coordinare e controllare la dieta del gruppo ci pensa Iron, all’anagrafe Antonio D’Angelo, ingegnere con la passione del Triathlon, vanta all’ attivo già 2 Iron Man e sta preparando il 3°. Pane e miele a volontà e caramelle della Haribo assolutamente bandite! “In un viaggio del genere bisogna stare attenti a mangiare le cose giuste, e soprattutto a mangiarle nei tempi più opportuni.

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Abbiamo pedalato anche tredici ore al giorno, l’alimentazione diventa fondamentale per evitare di piantarsi in località dove non s’incontra altro che rocce e animali selvatici e non facili da catturare.” Proprio come nella tappa da Corte a Zonza. “Quella più dura della settimana”. Con i suoi 130 chilometri e tre colli da scalare: Col de Belle Granaje, Col de Sorba, Col de Verde e Col de Vaccia. Per un totale di 30 chilometri di salita ad una pendenza media del 6%. Strade spettacolari, tra gole vertiginose e canyon mozzafiato dove a luglio è passato per la prima volta nella storia della Grande Boucle, anche il Tour de France.
 
E’ un viaggio che non può affrontare chi abbia meno di tre mila chilometri nelle gambe, ma alla fine la fatica è ampiamente ripagata dalla spettacolarità dei luoghi.” “Percorrere la Scalinata di Santa Regina” in bici – raccontano – dà molta più soddisfazione che farla in moto o in macchina. Bisogna solo prestare molta attenzione alla guida, per via dei precipizi a bordo strada e degli animali al libero pascolo che s’incontrano frequentemente. Maiali e vacche occupano la sede stradale un po’ ovunque in montagna.” Il luogo più esclusivo dell’isola? Le gole di Spelunca tolgono il fiato, lungo la strada che da Ajaccio conduce a Portu, nulla da invidiare al Monte Fato, centro del potere di Sauron, citato nella trilogia del Signore degli Anelli di Tolkien . Soprattutto per chi come loro abbia la coincidenza di percorrerle al tramonto. “Si tratta” rivelano “di un posto che da solo vale tutta la fatica della settimana”. Dal punto di vista storico culturale un luogo da non bucare è senz’altro Corte, l’antica capitale dove l’eroe nazionale dei corsi, Pasquale Paoli, considerato “padre della patria”, fondò a metà del ‘700 il governo della Repubblica Corsa, la zecca, il tribunale e l’università. Quando si è lontani dal mare, si può trovare refrigerio nei tanti torrenti e laghi di montagna. L’assistenza degli isolani lungo il percorso non manca. E’ facile restare alcuni chilometri senz’acqua ma lungo il cammino qualche buon samaritano s’incontra sempre, nonostante il carattere duro e non troppo espansivo dei corsi. Al rientro a Bastia, ormai la nave Vittoria attende per riportare i buddies a Livorno. La stanchezza è tanta, ma non abbastanza da impedire un presagio di nostalgia per quei luoghi selvaggi. Visitati e vissuti così intensamente e liberamente. Respiro per respiro. Un metro alla volta lungo tutti gli ottocentomila cinquecento metri di salite e discese. Quando la nave salpa, la Corsica diventa sempre più piccola. All’orizzonte si vede prima l’isola di Capraia e poi l’Elba. Ma i buddies già pensano a una isola più lontana e più selvaggia.
 
“Tra un anno si fa l’Islanda”. Ovviamente sempre coi vélo, come dicono i francesi. Quelle moto che vanno a risotto, acqua e sudore e fanno il suono del vento.

Riccardo Corsetto