Immagine
title

Redazione

Le strade di Bike: il passo Baremone e dintorni.


Vi regaliamo uno dei percorsi testati da un amatore. Per chi vuole passare una giornata diversa in bici...

 
Iniziamo la nostra  pedalata cicloturistica da Pieve vecchia, in quel di Idro, risalendo verso nord la riva dell'omonimo lago. Solo il tempo di scaldare la gamba, pochi minuti sui saliscendi della statale, ed eccoci subito  all'inizio della salita  del Baremone, appena usciti da Anfo, 391 mslm. Lasciamo la ss 237 con una curva a gomito sulla sinistra; la stradina, con una lunga e stretta impennata, ci proietta sopra  i tetti del paesino. L'asfalto è granuloso, la bici fatica a scorrere e questo è solo l'antipasto di giornata. Un'ultima occhiata alle acque del lago  prima di entrare nel fitto del bosco che ci nasconde, come animali selvatici, nella fitta macchia. [1,40]

Si spinge a tutta per oltre 90 lunghissimi minuti sulla stradina che scavalca il pendio sbuffando e sudando, alla grande; solo il rumore del bosco rompe il silenzio della montagna. Marco, amico fedele di pedale, osserva silenzioso i tornanti che ,sotto di noi, disegnano una lunghissima linea zigzagante tra il verde; i suoi pensieri restano muti, come al solito. Alla fine saranno 22, i tornanti, strettissimi e molto... dolorosi, ma parte di uno spettacolo naturale che  ci lascia sempre senza fiato, anche a causa di molte rampe maligne spesso sopra il 12/13%, che non finiscono mai... Il silenzio regna sovrano; la strada che in 11.5 km ci porta ai 1446 m del Passo di Baremone, dopo un ultimo tratto a doppia cifra, sembra finita; una salita sconosciuta che ha tutti i crismi di una grande ascesa, anche nei numeri; 1000 metri di dislivello al 9.4% medio.  Semplicemente spettacolosa.  Il rifugio Rosa (di nome e di fatto), sulla sinistra appena sopra il sentiero, ci appare come un'oasi in mezzo al deserto.  L'indispensabile sosta consente di  riprenderci dallo sforzo; adesso si sale moderatamente tra boschi e pratoni in quota, con qualche  contropendenza per 3/4 chilometri. Superate  3 buie gallerie, la stradina male asfaltata e ricoperta di aghi di pino, si trasforma in un sentiero stretto e  sterrato, con sassi e pietrisco che rendono difficile l'equilibrio e la pedalata: siamo a strapiombo sulla  valle del torrente Abbioccolo; pinnacoli  e torrioni di calcare, danno vita a forme curiose e bizzarre, mostrando tutta la maestosità di una natura  selvaggia e spettacolare che ci lascia ancora, per l'ennesima volta, stupiti. 

Sulla destra le rocce incombono sulla  nostra testa; un passaggio più  adatto alla mtb che alla bici da corsa; sembra di essere agli albori dell'epopea della bici, quella dei tempi antichi, quando le ruote incontravano  spesso la polvere bianca degli sterrati. La ricomparsa di una specie di asfalto annuncia la fine  del tratto in falsopiano; si ricomincia subito a salire decisamente: superati un paio di tornanti, due lunghissimi tratti rettilinei tagliano il versante della montagna passando vicino ad una malga; il Dosso Alto a 1720 mslm, il punto più alto dei verdi prati che circondano la strada, è ad un tiro di schioppo, ed il rumore dei campanacci delle vacche al pascolo  è la sonora conferma. Le gambe fanno male ed il fiato fatica a ritrovare il ritmo , davanti a noi un panorama grandioso fatto di vette ancora innevate, vallate verdi, strade che si perdono nella vastità delle montagne. Più in basso il rifugio del passo Maniva, da percorrere  un sentiero che scende a ridosso della parete pieno di detriti,  piccole frane, dal fondo sconnesso . Sopra alle nostre teste in lontananza, le gigantesche antenne della dismessa base Nato, creano un tocco surreale ad un ambiente  che incarna l'idea stessa della montagna. Dura, faticosa, di una bellezza austera, un fascino misterioso che ci rapisce ogni volta che passiamo da qui. Oggi però non è giornata ; il programma originale, quello che prevedeva di risalire al giogo della bala a 2100 mslm e scavallare fino al rifugio del Croce Domini a 1900 m di quota con quasi 12 km di dura salita e 10 km di sterrato,  si rivela troppo duro per le mie gambe.  Marco scuote la testa sconsolato; rinunciare ad un giro di questo genere è la prova che l'amicizia non è solo una parola . Attraversiamo così il vasto piazzale del Maniva a 1664mslm, e mettiamo in atto il "piano B",imboccando la discesa verso Bagolino; la strada completamente rifatta consente una discesa in sicurezza fino all'arrivo al rifugio Fabus Mandolì a 1400 m di altezza.

Qui uno stupendo piatto di pasta al " bagoss", formaggio di malga d'alta quota, caro come il fuoco e buono da morire, fa ritrovare la parola  a Marco e ridona nuova linfa al sottoscritto. Il resto è una picchiata controllata su Bagolino con molti tornanti e qualche buca improvvisa da prendere con la dovuta calma,  una leggera contropendenza appena fuori paese, la vista dall'alto di Ponte Caffaro, delle acque del lago e l'arrivo al capolinea in un batter d'occhio, con occhio attento sul traffico della statale, unica nota dolente della giornata.  Un breve giro di 58 km con 1500 m di dislivello che condensa e sublima secondo noi, tutti gli elementi del cicloturismo; salita dura, discesa tecnica, strade sterrate e paesaggi spettacolari, specialità locali, storia e tanto, ma tanto sano sudore...

Graziano Majavacchi