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Nibali, colpo da fuoriclasse
E' stato un 2015 complicato per Vincenzo Nibali, l'ariete del ciclismo italiano. Un anno sofferto, pieno di critiche e incomprensioni, di silenzi e mazzate psicologiche.
Prima una primavera opaca nella speranza di bissare il Tour, poi una Grand Boucle da fantasma per due settimane, prima di lasciare un segno in una delle tappe più belle ma senza centrare il podio, che doveva essere l'obiettivo minimo. Male anche il riscatto cercato alla Vuelta, con quell'espulsione per una sciocchezza da principiante.
Ma lo Squalo, il cui unico acuto significativo era stato il bis nel campionato italiano a Superga (perlatro non trascurabile), ha saputo rialzarsi e replicare. Con quella classe e quella stoffa da fenomeni che solo in pochi hanno. Si è sbranato le corse italiane di fine settembre, vincendo Coppa Bernocchi e Tre Valli Varesine, e presentandosi da favorito numero uno al Giro di Lombardia, l'ultima classica-monumento della stagione.
Era da sette anni che questa gara non portava alla fine un nome italiano (Cunego 2008). Abbiamo assistito nel frattempo a 34 classiche-monumento tutte vinte da stranieri. Nibali aveva già sfiorato il successo alla Sanremo e alla Liegi, ma questa gemma lo inserisce per sempre nella storia dei grandi che hanno saputo vincere sia giri a tappe che corse di un giorno. La classica delle foglie morte, alla sua edizione numero 109, ha registrato la cavalcata di un Vincenzo tirato a lucido, supportato come sempre da un'Astana ai limiti dell'impeccabile. Attacco in discesa e gestione perfetta dei km finali, per arrivare al traguardo con le braccia alzate e il sorriso quasi misto a qualche lacrima. Prima di celebrare il trionfo sul podio con la piccola Emma, proprio nel giorno del compleanno dela moglie Rachele. Insomma, un quadretto sportivo e familiare perfetto. Che ha restituito a Nibali un po' di fortuna dopo mesi di difficile gestione. E ha restituito all'Italia, soprattutto, il numero uno del ciclismo italiano.
Luca Gregorio