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Un viaggio in bicicletta? Perché no? Un viaggio in bicicletta è una grande emozione!
È questo quello che rispondo a chi mi chiede com’è viaggiare in bicicletta. Un viaggio in bicicletta, lungo o corto che sia, è sempre un’avventura. Un’occasione unica di conoscere il posto che si è scelto di visitare, le persone che abitano in quei luoghi e quelle che si incontrano strada facendo.
Sensazioni, emozioni, fatiche e gioie di un lento viaggiare in ci si affida solo su se stessi. Questa estate finalmente ci sono state le condizioni giuste per realizzare un sogno che avevo da tempo: visitare la Mongolia in bicicletta, in particolare il Gobi, per arrivare fino a Pechino visitando la Grande Muraglia. Lo scorso luglio quindi ho preso il biglietto aereo e via, per pedalare da Ulan Bataar fino a Pechino, circa 1750 km attraverso regioni ostiche, con un clima arido e senza compagnia se non quella di me stesso (che a volte è anche troppo eheh). Vi racconterò la prima parte, ovvero la parte in Mongolia.
Parto dalla conoscenza di se stessi. La capacità di stare bene con se stessi e la serenità di poter affrontare lunghe giornate incontrando pochissime persone, o nessuno, di non perdersi d’animo di fronte a lande desolate e in giornate di pioggia e vento, con la consapevolezza che chi viaggia in bicicletta trova sempre qualcuno disposto ad aiutarci e ad aprirci le porte di casa perché percepisce la fatica ma soprattutto la passione di viaggiare in bicicletta. In Mongolia, ma anche in Cina, ho incontrato pochissimi occidentali - nessun ciclista viaggiatore –praticamente solo mongoli che mi hanno aperto le loro case (in realtà le loro tende che in mongolo si chiamano “ger” ma il nome russo più conosciuto è “yurta”) e mi hanno trattato come uno di loro con curiosità ma anche con estrema semplicità e calore umano.
Personalmente amo viaggiare “leggero” con il minimo indispensabile: due borse laterali sul portapacchi posteriore e una borsa sul manubrio. L’abbigliamento è ridotto al minimo: pantaloncini e t-shirt tecnica per pedalare, un bermuda, una t-shirt, un kway, un maglione, uno zuccotto et voilà! Ma chi devo incontrare nel deserto del Gobi? E poi la bicicletta: ho deciso di usare una bici pieghevole! Perché no? Alla fine la mia Tern Eclypse è andata benissimo!
[1;45]
Ho scelto di fare il tragitto da nord-ovest a sud-est, non lungo la strada principale ma nel mezzo del deserto a sud della capitale per un motivo specifico: il vento il più delle volte soffia proprio da nord-ovest verso sud-est, e ogni ciclista che si rispetti sa che i peggiori nemici in bicicletta sono tre: cani, camion e vento!
Dopo un breve soggiorno di due giorni ad Ulan Bataar (città che non offre gran chè dal punto di vista turistico) inizio a pedalare verso sud in direzione di Mandalgovi che dista 160 km circa. La strada è asfaltata per circa 130 km alternata da alcuni tratti di sterrato e senza alcun ristoro. Dopo qualche decina di km subito il paesaggio diventa particolare: nessun albero, nessuna abitazione a perdita d’occhio, cavalli e cammelli liberi al pascolo, poche macchine che mi sorpassano e subito un gran caldo.
[2;45]
To be continued...
Francesco Grillo
Sensazioni, emozioni, fatiche e gioie di un lento viaggiare in ci si affida solo su se stessi. Questa estate finalmente ci sono state le condizioni giuste per realizzare un sogno che avevo da tempo: visitare la Mongolia in bicicletta, in particolare il Gobi, per arrivare fino a Pechino visitando la Grande Muraglia. Lo scorso luglio quindi ho preso il biglietto aereo e via, per pedalare da Ulan Bataar fino a Pechino, circa 1750 km attraverso regioni ostiche, con un clima arido e senza compagnia se non quella di me stesso (che a volte è anche troppo eheh). Vi racconterò la prima parte, ovvero la parte in Mongolia.
Parto dalla conoscenza di se stessi. La capacità di stare bene con se stessi e la serenità di poter affrontare lunghe giornate incontrando pochissime persone, o nessuno, di non perdersi d’animo di fronte a lande desolate e in giornate di pioggia e vento, con la consapevolezza che chi viaggia in bicicletta trova sempre qualcuno disposto ad aiutarci e ad aprirci le porte di casa perché percepisce la fatica ma soprattutto la passione di viaggiare in bicicletta. In Mongolia, ma anche in Cina, ho incontrato pochissimi occidentali - nessun ciclista viaggiatore –praticamente solo mongoli che mi hanno aperto le loro case (in realtà le loro tende che in mongolo si chiamano “ger” ma il nome russo più conosciuto è “yurta”) e mi hanno trattato come uno di loro con curiosità ma anche con estrema semplicità e calore umano.
Personalmente amo viaggiare “leggero” con il minimo indispensabile: due borse laterali sul portapacchi posteriore e una borsa sul manubrio. L’abbigliamento è ridotto al minimo: pantaloncini e t-shirt tecnica per pedalare, un bermuda, una t-shirt, un kway, un maglione, uno zuccotto et voilà! Ma chi devo incontrare nel deserto del Gobi? E poi la bicicletta: ho deciso di usare una bici pieghevole! Perché no? Alla fine la mia Tern Eclypse è andata benissimo!
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Ho scelto di fare il tragitto da nord-ovest a sud-est, non lungo la strada principale ma nel mezzo del deserto a sud della capitale per un motivo specifico: il vento il più delle volte soffia proprio da nord-ovest verso sud-est, e ogni ciclista che si rispetti sa che i peggiori nemici in bicicletta sono tre: cani, camion e vento!
Dopo un breve soggiorno di due giorni ad Ulan Bataar (città che non offre gran chè dal punto di vista turistico) inizio a pedalare verso sud in direzione di Mandalgovi che dista 160 km circa. La strada è asfaltata per circa 130 km alternata da alcuni tratti di sterrato e senza alcun ristoro. Dopo qualche decina di km subito il paesaggio diventa particolare: nessun albero, nessuna abitazione a perdita d’occhio, cavalli e cammelli liberi al pascolo, poche macchine che mi sorpassano e subito un gran caldo.
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To be continued...
Francesco Grillo