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Redazione

Fra bici e... bilancia!

I mesi invernali sono il periodo in cui è più facile prendere peso, ma anche quelli da sfruttare per chi volesse perderlo, mettersi a dieta e sognare imprese impossibili. Come i progetti avventurosi del 'cicloturista lento' Graziano Majavacchi.

Cinque lunghissimi mesi (centocinquanta giorni) di "dieta ferrea", per tentare di arginare una situazione ipercalorica e ponderale che, nel corso dei decenni, pur pedalando assiduamente, era ormai sul punto di debordare irrimediabilmente. Sull'orlo dei mitici (i miei) anni sessanta, la bilancia sentenziava con numeri assurdi, che raggiungevano le tre cifre (110 kg virgola qualcosa), una situazione ormai fuori controllo. Un interminabile film dell'orrore, un baratro buio e profondo, senza fine, ma anche molto saporito, in fondo. Così, dopo una tribolatissima scalata (il termine che rende l'idea è da incubo) nell'estate 2015 al passo Gavia dove, al rifugio Bonnetta, mi avevano raccolto più morto che vivo, la drastica decisione.
Se volevo continuare nella pratica del mio amatissimo cicloturismo lento, dovevo assolutamente dimagrire. Non c'erano alternative, scorciatoie, vie di fuga. Ho iniziato così (sotto controllo medico) un percorso dietetico irto di ostacoli e - tanto per cambiare - tutto in salita. Tortuoso, infido e pieno di trabocchetti; quintali di insalata, frutta, verdura e proteine, eliminando in pratica tutto ciò che mi piaceva. E quando i morsi della fame diventano insopportabili (ad esempio quando l'Inter perde, quindi spessissimo) mele, a cesti.

Il piano ha dato, è proprio il caso di dirlo i suoi frutti; pedalo ancora piano, quasi come prima, ma la zavorra di grasso che mi avvolgeva, ridotta di uno zainetto di circa 15 kg, mi permette di faticare meno, specialmente in salita, anche se non sono certo diventato un grimpeur. Nel frattempo i pensieri che mi saltano in testa mentre sudo in sella alla bici, sono radicalmente cambiati e risultano più ambiziosi, meno appesantiti di prima della cura. "E allora?" direte voi...
Il fatto nuovo è proprio la tipologia stessa di questi pensieri: obiettivi, nomi e salite che prima della dieta neanche osavo pronunciare e tantomeno immaginare, dai quali giravo alla larga, anche a livello mentale, adesso mi sembrano fattibili, alla portata dei miei pedali. E la cosa fa venire una certa acquolina in bocca, ma anche molta paura, mettendomi in uno stato di sottile agitazione. Qualche esempio pratico: l'idea, alquanto malsana, di fare il giro di Gavia e Mortirolo, gran brutte bestie già scalate singolarmente, prese insieme un vero e proprio cocktail micidiale. Oppure l'ascesa a Punta Veleno, in quel del lago di Garda (percorsa in discesa è rimasta lì nella mia testa come un fantasma da esorcizzare). Infine la più temeraria di tutti: la salita alla cima di sua maestà, il Kaiser Zoncolan. E qui mi fermo che di carne al fuoco c'è ne fin troppa.

Forse sarà la clamorosa mancanza dei grassi che mi fa sragionare, l'illusione che il calo di peso, adesso oscillante sui 95 kg, possa essere decisivo per affrontare con successo le rampe micidiali di cui sopra, che mi mettono terrore al solo pensiero. Ma si sa, il circuito neuronico risponde ad impulsi misteriosi, difficilmente controllabili. Siamo solo all'inizio della stagione; nel periodo invernale, pianificare l'annata cicloturistica è umano e comprensibile, in fondo puntare in alto non costa niente ed aiuta il morale e l'allenamento. Però, secondo voi, dovrei abbandonare (magari solo per un po') la dieta e lasciarmi andare a qualche sana abbuffata? Forse questi insani pensieri scomparirebbero per sempre dalla mia mente ed io potrei ancora pedalare tranquillamente...  sulle mie stradine usuali, faticando magari un po' meno di quello che prevede il mio (troppo?) ambizioso programma annuale. 


Graziano Majavacchi