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Redazione

Merckx, il figlio del tuono

A cinquant'anni esatti dalla prima vittoria di Eddy Merkx nella Milano-Sanremo d'esordio, lo storico giornalista ciclistico Claudio Gregori ripercorre l'epopea del Cannibale dagli esordi sino al suo tramonto agonistico. Una lunga biografia, appena pubblicata da 66thand2nd, per conservare la storia del più grande ciclista di sempre.


Vedendolo aggredire a ritmo infernale i primi tratti di pavé, Stablinski si era avvicinato a Van Looy, chiedendogli chi fosse mai quel diavolo scatenato. La risposta era stata lapidaria: “Imparerai presto a conoscerlo. Si chiama Eddy Merckx”.

Il 20 marzo 1966 un giovane belga si schiera per la prima volta al via della Milano-Sanremo. Ha vent’anni e non si è mai misurato con un tracciato così lungo. Al traguardo conquisterà la prima classica del suo palmarès. Quel giorno, come con Coppi vent’anni prima, si apre per il ciclismo una nuova èra. Fin dalla sua prima apparizione, Eddy Merckx ha mostrato di avere, oltre al talento, il gusto dell’avventura e della prodezza inattesa. Come i grandi del passato. Ma più di chiunque altro ha saputo interpretare le gare come una «sfida totale», una battaglia all’arma bianca. Ha imposto uno stile, «la corsa di testa», riportando il ciclismo alla sua vocazione originaria. Lo chiameranno l’Orco, il Cannibale, Attila: temuto e odiato, è stato «il più grande agonista» di uno sport arduo. Per questo la sua storia – scritta sul pavé, nel fango, nelle tormente di neve, punteggiata di cadute rovinose, nobilitata dai duelli con Gimondi, Ocaña e Fuente – merita un posto speciale nella «sconfinata biblioteca della bicicletta».
Dall’esordio alla corte di Van Looy fino al suo tramonto improvviso, Claudio Gregori ricostruisce le imprese di Merckx come fosse il cavaliere impavido di una nuova chanson de geste, a caccia di tesori favolosi. E ci restituisce intatta l’epica e l’incanto delle gare, l’altalena dei distacchi, i tuffi a tomba aperta tra speroni di roccia, le crisi di fame, il «salmodiare della catena» e il «frinire della ruote» tra le pietraie roventi dove un uomo solo si batte contro un plotone di avversari, o forse contro sé stesso, inseguendo il fantasma di Fausto Coppi.
 
Claudio Gregori (Trento, 1945) ha insegnato analisi matematica all’università. Come giornalista ha collaborato, tra gli altri, con «Il Giornale» di Montanelli e con «La Gazzetta dello Sport». Ha seguito dodici Olimpiadi, ventisei Giri d’Italia e tre Tour, oltre a mondiali di calcio, nuoto, ciclismo, sci, atletica, scherma e ginnastica. Ha scritto reportage in tutti i continenti, spaziando dalla caduta del Muro al doping cinese. Ha lavorato con Bartali e Liedholm, Maradona e Tomba, Pantani e Valentino Rossi, Josefa Idem e Stefania Belmondo, con il Settebello e la nazionale di Bearzot. Numerosi i suoi contributi come ricercatore e «archeologo» dello sport: dagli studi sulla lingua di Brera (di cui ha individuato nuovi lemmi e datato
alcuni dei più noti), alla risoluzione dell’enigma di Rivabella (l’unico italiano in gara alle prime olimpiadi dell’èra moderna nel 1896), fino alla scoperta della più antica gara di velocipedi in Italia, disputata a Pavia il 19 maggio 1869. Per la Treccani ha scritto la voce storia del ciclismo e gli inserti sul doping e sul cronometraggio. Sue le biografie dei ciclisti Toni Bevilacqua,
Ganna, Cuniolo, dell’olimpionico Berruti, del re del tunnel Omar Sivori, oltre al recente Legnano (Ediciclo, 2015) in coppia
con Marco Pastonesi.


Claudio Gregori
Merckx, il Figlio del tuono
edizioni 66thand2nd
collana: Vite inattese
pagine: 577
prezzo: 23 €