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Ride like a Flandrien. Tra muri e pavè
Questa settimana Bike Channel pedala insieme a Turismo Fiandre, raccontando quanto accade sulle strade fiamminghe nei giorni che portano all'appuntamento più atteso dell'anno: quello con il Giro delle Fiandre. Oggi, alla vigilia della corsa, abbiamo raccolto la sfida dei due elementi chiave del Fiandre: i muri e il pavè. Chi saprà dominarli domani?
Cobbles & Bergs. Ciclisticamente le Fiandre sono racchiuse tutte qui, in questi due simboli che spalancano la porta su una storia di oltre un secolo: il pavè e le colline da scalare. In estrema sintesi, i muri.
I muri non sono altro che cicatrici rocciose che salgono dritte dritte sui fianchi di queste basse colline. Buone per i trattori dei contadini che le hanno tracciate per raggiungere presto i propri terreni, non di certo per le biciclette. Eppure sono proprio i muri ciò che attrae centinaia di migliaia di ciclisti ogni anno da queste parti.
"Chi può avere avuto mai l'idea che questo sia un posto buono per pedalare?", si chiedeva ieri una ciclista norvegese in cima al Taaienberg, combattendo con il fiatone e -sotto sotto- con la soddisfazione di essere riuscita a rimbalzare sino a lassù. Una domanda che contiene già la risposta al quesito: cosa spinge quest'orda ininterrotta di pedalatori, più o meno allenati, a sfidarsi costantemente su terreni così arcigni? Probabilmente proprio l'inadeguatezza di queste strade alla bicicletta; quella sfida, all'assurdo più ancora che ai propri limiti, che ha fatto di queste colline e di questi pavè così improbabili la culla stessa del ciclismo mondiale.
Una sfida che ha radici antiche eppure attualissime, lanciata 103 anni fa da Karel Van Wynendaele, un giornalista locale passato alla storia per aver fondato sia il Giro delle Fiandre che il quotidiano sportivo più letto del Belgio, Sportwereld. Non fu Van Wynendaele a mandare i ciclisti a pedalare sui muri, ma osservandone lo sforzo ne rimase così estasiato da ideare la corsa dei muri e coniare un termine apposta per definirne i partecipanti: flandrien. Una parola mutuata da storie più antiche, da quando i contadini fiamminghi scendevano nelle pianure della Francia napoleonica per raccogliere la canna da zucchero; lavoratori poveri e umili chini sulle ginocchia con le falci in mano. Van Wynendaele rivide nei ciclisti ingobbiti sul manubrio, tesi dallo sforzo e dalla necessità di non far saltare la bici sul pavè, quegli stessi flandrien piegati di un secolo prima, e decise di farne degli eroi.
Chiunque riesca a pedalare in cima ad uno di questi muri, infatti, è a suo modo un eroe in quel momento. Un esercito di eroi, se si pensa che il solo segmento Strava del Paterberg registra 18'052 pedalatori. Ed è un numero destinato a lievitare parecchio questa sera, quando gli sfidanti (oltre 15'000) del Giro delle Fiandre amatoriale caricheranno i loro dati, facendo probabilmente scivolare parecchio in basso in classifica la mia performance (un onesto 10'901esimo posto) ma senza nemmeno avvicinare il record di Dries Devenyns, uno che questo muro lo conosce come le sue tasche visto che abita a poche centinaia di metri di distanza, uno che il Paterberg lo affronterà domani in gara.
Difficilmente Devenyns sarà tra i protagonisti del Giro delle Fiandre di domani, una corsa che pare tutta concentrata sul dualismo tra Fabian Cancellara e Peter Sagan, e che come talvolta capita in questi casi così polarizzati si potrebbe rivelare più aperta che mai: a sfidanti come il vincitore uscente Alexander Kristoff, cagnacci da classiche come Greg Van Avermaet o Sep Vanmarcke, o veri e proprio squadroni come la Etixx - Quick Step (di Tom Boonen, Zdenek Stybar, Matteo Trentin e Niki Terpstra) o il Team Sky (di Michal Kwiatkowski, Luke Rowe, Ian Stannard e Geraint Thomas). O persino agli outsider, che qui non vincono quasi mai, ma quel quasi è sempre una speranza, quella in cui confidano Jurgen Roelandts o Pippo Pozzato, per dirne due tra tantissimi. Quei tantissimi che domani dovranno mettere in fila una poesia di consonanti fatta di 15 muri: Kortekeer, Eikenberg, Wolvenberg, Molenberg, Leberg, Berendries, Valkenberg, Kaperij, Kanarieberg, Koppenberg, Steenbeekdries, Taaienberg, Kruisberg, Oude Kwaremont (3 volte), Paterberg (2 volte).
E poi c'è il muro che non c'è. Il Muro e basta, quello con la M maiuscola. Si dice da queste parti che nel mondo esistano solo due muri: la muraglia cinese e il Muro di Geraardsbergen, più semplicemente De Muur. Il muro che nelle classifiche di Strava di partecipanti ne ha "solo" 11'041 nel Giro delle Fiandre non c'è più, ma questo non ha arrestato il pellegrinaggio di ciclisti che si spingono sino sulla sua cima, a guardare il panorama che non ti aspetti da quella che è pur sempre una collina di un centinaio di metri di altezza. Da lassù, il Muur domani guarderà passare il Fiandre in lontananza, e serafico continuerà a fregarsene e a godersi il solletico di quelle ruote che lo accarezzano ogni giorno. Professionisti o amatori, saranno sempre eroi, o soltanto flandrien.
Filippo Cauz
Ride Like a Flandrien / 1 - Il vento di Bruges
Cobbles & Bergs. Ciclisticamente le Fiandre sono racchiuse tutte qui, in questi due simboli che spalancano la porta su una storia di oltre un secolo: il pavè e le colline da scalare. In estrema sintesi, i muri.
I muri non sono altro che cicatrici rocciose che salgono dritte dritte sui fianchi di queste basse colline. Buone per i trattori dei contadini che le hanno tracciate per raggiungere presto i propri terreni, non di certo per le biciclette. Eppure sono proprio i muri ciò che attrae centinaia di migliaia di ciclisti ogni anno da queste parti.
"Chi può avere avuto mai l'idea che questo sia un posto buono per pedalare?", si chiedeva ieri una ciclista norvegese in cima al Taaienberg, combattendo con il fiatone e -sotto sotto- con la soddisfazione di essere riuscita a rimbalzare sino a lassù. Una domanda che contiene già la risposta al quesito: cosa spinge quest'orda ininterrotta di pedalatori, più o meno allenati, a sfidarsi costantemente su terreni così arcigni? Probabilmente proprio l'inadeguatezza di queste strade alla bicicletta; quella sfida, all'assurdo più ancora che ai propri limiti, che ha fatto di queste colline e di questi pavè così improbabili la culla stessa del ciclismo mondiale.
Una sfida che ha radici antiche eppure attualissime, lanciata 103 anni fa da Karel Van Wynendaele, un giornalista locale passato alla storia per aver fondato sia il Giro delle Fiandre che il quotidiano sportivo più letto del Belgio, Sportwereld. Non fu Van Wynendaele a mandare i ciclisti a pedalare sui muri, ma osservandone lo sforzo ne rimase così estasiato da ideare la corsa dei muri e coniare un termine apposta per definirne i partecipanti: flandrien. Una parola mutuata da storie più antiche, da quando i contadini fiamminghi scendevano nelle pianure della Francia napoleonica per raccogliere la canna da zucchero; lavoratori poveri e umili chini sulle ginocchia con le falci in mano. Van Wynendaele rivide nei ciclisti ingobbiti sul manubrio, tesi dallo sforzo e dalla necessità di non far saltare la bici sul pavè, quegli stessi flandrien piegati di un secolo prima, e decise di farne degli eroi.
Chiunque riesca a pedalare in cima ad uno di questi muri, infatti, è a suo modo un eroe in quel momento. Un esercito di eroi, se si pensa che il solo segmento Strava del Paterberg registra 18'052 pedalatori. Ed è un numero destinato a lievitare parecchio questa sera, quando gli sfidanti (oltre 15'000) del Giro delle Fiandre amatoriale caricheranno i loro dati, facendo probabilmente scivolare parecchio in basso in classifica la mia performance (un onesto 10'901esimo posto) ma senza nemmeno avvicinare il record di Dries Devenyns, uno che questo muro lo conosce come le sue tasche visto che abita a poche centinaia di metri di distanza, uno che il Paterberg lo affronterà domani in gara.
Difficilmente Devenyns sarà tra i protagonisti del Giro delle Fiandre di domani, una corsa che pare tutta concentrata sul dualismo tra Fabian Cancellara e Peter Sagan, e che come talvolta capita in questi casi così polarizzati si potrebbe rivelare più aperta che mai: a sfidanti come il vincitore uscente Alexander Kristoff, cagnacci da classiche come Greg Van Avermaet o Sep Vanmarcke, o veri e proprio squadroni come la Etixx - Quick Step (di Tom Boonen, Zdenek Stybar, Matteo Trentin e Niki Terpstra) o il Team Sky (di Michal Kwiatkowski, Luke Rowe, Ian Stannard e Geraint Thomas). O persino agli outsider, che qui non vincono quasi mai, ma quel quasi è sempre una speranza, quella in cui confidano Jurgen Roelandts o Pippo Pozzato, per dirne due tra tantissimi. Quei tantissimi che domani dovranno mettere in fila una poesia di consonanti fatta di 15 muri: Kortekeer, Eikenberg, Wolvenberg, Molenberg, Leberg, Berendries, Valkenberg, Kaperij, Kanarieberg, Koppenberg, Steenbeekdries, Taaienberg, Kruisberg, Oude Kwaremont (3 volte), Paterberg (2 volte).
E poi c'è il muro che non c'è. Il Muro e basta, quello con la M maiuscola. Si dice da queste parti che nel mondo esistano solo due muri: la muraglia cinese e il Muro di Geraardsbergen, più semplicemente De Muur. Il muro che nelle classifiche di Strava di partecipanti ne ha "solo" 11'041 nel Giro delle Fiandre non c'è più, ma questo non ha arrestato il pellegrinaggio di ciclisti che si spingono sino sulla sua cima, a guardare il panorama che non ti aspetti da quella che è pur sempre una collina di un centinaio di metri di altezza. Da lassù, il Muur domani guarderà passare il Fiandre in lontananza, e serafico continuerà a fregarsene e a godersi il solletico di quelle ruote che lo accarezzano ogni giorno. Professionisti o amatori, saranno sempre eroi, o soltanto flandrien.
Filippo Cauz
Ride Like a Flandrien / 1 - Il vento di Bruges