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Bici vs Auto: parola al nostro mental coach...
Giorno dopo giorno si rinnova la difficile convivenza tra i diversi utenti delle strade. Ecco l'opinione del "mental coach" Alessandro Schiasselloni sulla pericolosità di un'attenzione selettiva.
Eccoci qua, pronti per la nostra libertà a due ruote: un momento unico, dove piacere fisico si incrocia continuamente con quello mentale. Lo stato di flowing prende il sopravvento su ogni nostro problema e vince, o cerchiamo almeno di far sì che prevalga sullo stress che abbiamo accumulato ogni giorno. La bici serve anche per questo, non solo per vincere in una gara, ma per ritrovare il giusto rapporto “mente - voglia di vivere felice”.
Allora, vestiti come un professionista, ci immergiamo nel traffico, nelle strade dove le due ruote si miscelano con le quattro ruote, dove tutto scorre come sempre, tra frenesia ed obblighi, tra abitudine ed automatismi, quest’ultimi ci permettono di sfogliare Whatsapp o Facebook mentre guidiamo: lo facciamo tutti vero?
Chi conosce i limiti mentali sa quanto la nostra attenzione “selettiva”, fatta di automatismi acquisiti negli anni e ci porta a guidare con prudenza le prime ore di guida della nostra vita, per poi far diventare tutto normale, forse troppo normale.
Nella mente tutto è così, solo un gatto che ci attraversa la strada ci distoglie da questa ipnosi motoria, solo un evento speciale ci riporta alla realtà della guida, ma poi in un attimo, quando il cuore ritorna alla sua bradicardia, tutto sparisce, tutto torna al suo posto nella nostra meravigliosa mente.
Da anni mi chiedo: perché non ci vedono, perché ci urlano di tutto, pedoni, ciclisti e automobilisti? Perchè mettiamo costantemente a rischio noi stessi? Persino i neonati, anime pure che dentro alla carrozzina dormono i propri sogni e conoscono le prime percezioni di una vita frenetica come la nostra.
Perché tutto questo?
- La ripetizione degli automatismi permette la memorizzazione dei gesti semplici e complessi, fino a farli diventare parte della nostra vita in maniera automatica, per cui abituale: che bella dote, no?
- L’attenzione diventa selettiva, quando ci spostiamo da un momento di automatismi e concentriamo uno dei nostri cinque sensi in un obiettivo, facendo trasportando la nostra attenzione e capacità di ragionamento in gesto e comprensione.
Riflettiamo, partendo da cosa possono pensare gli automobilisti:
- Quando una persona guida spesso è colpevolmente distratta, come ho spiegato sopra: guida per “abitudine”.
- Quando una persona guida si sente forte, la macchina pesa ed è potente, per cui l’ego vince sempre.
- Quando una persona guida ed incontra il debole ciclista: non calcola che chi è in bici è in equilibrio su due ruote e la superficie di frenata del tubolare è non proporzionale ad un’evento immediato.
Dall'altra parte abbiamo i ciclisti:
- Voglia di libertà non vuol dire vivere pensando che le strade diventano boschi e sentieri senza traffico.
- Per il piacere di pedalare e parlare devo trovare il parallelismo ma anche l’unica fila (dietro ruota), viaggiare sempre in due e non curarsi delle necessità del mezzo a quattro ruote, che se in preda al Super Io, non avrà mai problemi a sfiorarvi con lo specchietto, ma se educato e rispettoso rallenterà finchè il pericolo di toccare il ciclista non cessa e permette il passaggio.
- Pedalare nelle strade strette stando al centro, anche quando senti arrivare una macchina, non porta rispetto per chi conosce il codice stradale e dice: tieni la destra.
- Urlare di tutto sempre, per sfogare il proprio stile di vita represso e sotto stress, non porta buon nome a chi invece usa educazione: la gente non guarda chi pedala come persona, guarda il soggetto che pedala, cioè il ciclista e per questo siamo tutti uguali vestiti da bici.
- Le gare tra ciclisti, si fanno in gara o nelle strade con poco traffico.
- I semafori sono rossi per tutti, la gente ci guarda sempre: poi si crea il preconcetto che il ciclista è un pazzo a due ruote, che non rispetta il codice stradale e che manda a quel paese tutto e tutti.
Allora cosa dobbiamo fare per sopravvivere a questo cambiamento, dove il ciclismo sta diventando sempre di più un fenomeno di massa, visto che correre a piedi è bello, ma pedalare è fantastico?
- Se sentiamo una macchina arrivare, se il robot umano è in piena frenesia dei suoi 100 cavalli puro sangue, spostiamoci, pochi secondi non ci rovinano la nostra media ciclistica.
- Se la strada è stretta: con la mano sinistra facciamo un semplice segno di passare, abbiamo dato la precedenza, non avendo le frecce di direzione, la vecchia mano funziona sempre e si vede bene.
- Se una persona ci aspetta al corso strada per buttarsi sotto la nostra due ruote ultra leggera, richiamiamolo all’attenzione con un messaggio di "stia fermo!". Senza insulti, alla fine ci rimettiamo tutti di immagine.
- Se le strisce danno diritto di passaggio, diritto del robot umano e del suo Super Io, guardiamo in faccia la persona, cerchiamo di capire chi è, inutile scontrarci su un concetto di “legge” che diventa abuso di potere e diritto. Ci insegnano che i pedoni hanno sempre diritto di passaggio sulle strisce pedonali: giusto?
Non possiamo misurare lo stress e la cultura del guidatore a quattro ruote: possiamo solo misurare la nostra capacità di controllo e di sopravvivenza, visto che alla fine siamo in guerra, carro armati contro soldati a piedi, questa è la vita.
Vedete voi, ma di solito i carri armati vincono sempre e i soldati muoiono.
Chi più ne ha ne usi, di che cosa?
Di intelligenza, che è la capacità di applicare le regole, non la capacità di memorizzare tanti dati che poi diventano automatismi senza pensare.
Alessandro Schiasselloni
Mental Coach - Posturologo - Riflessologo - Preparatore Atletico
Telefono: 333 4014119 - aschiasselloni@gmail.com
www.posturale.info - www.sportmentalist.it - www.facebook.com/alessandro.schiasselloni
Eccoci qua, pronti per la nostra libertà a due ruote: un momento unico, dove piacere fisico si incrocia continuamente con quello mentale. Lo stato di flowing prende il sopravvento su ogni nostro problema e vince, o cerchiamo almeno di far sì che prevalga sullo stress che abbiamo accumulato ogni giorno. La bici serve anche per questo, non solo per vincere in una gara, ma per ritrovare il giusto rapporto “mente - voglia di vivere felice”.
Allora, vestiti come un professionista, ci immergiamo nel traffico, nelle strade dove le due ruote si miscelano con le quattro ruote, dove tutto scorre come sempre, tra frenesia ed obblighi, tra abitudine ed automatismi, quest’ultimi ci permettono di sfogliare Whatsapp o Facebook mentre guidiamo: lo facciamo tutti vero?
Chi conosce i limiti mentali sa quanto la nostra attenzione “selettiva”, fatta di automatismi acquisiti negli anni e ci porta a guidare con prudenza le prime ore di guida della nostra vita, per poi far diventare tutto normale, forse troppo normale.
Nella mente tutto è così, solo un gatto che ci attraversa la strada ci distoglie da questa ipnosi motoria, solo un evento speciale ci riporta alla realtà della guida, ma poi in un attimo, quando il cuore ritorna alla sua bradicardia, tutto sparisce, tutto torna al suo posto nella nostra meravigliosa mente.
Da anni mi chiedo: perché non ci vedono, perché ci urlano di tutto, pedoni, ciclisti e automobilisti? Perchè mettiamo costantemente a rischio noi stessi? Persino i neonati, anime pure che dentro alla carrozzina dormono i propri sogni e conoscono le prime percezioni di una vita frenetica come la nostra.
Perché tutto questo?
- La ripetizione degli automatismi permette la memorizzazione dei gesti semplici e complessi, fino a farli diventare parte della nostra vita in maniera automatica, per cui abituale: che bella dote, no?
- L’attenzione diventa selettiva, quando ci spostiamo da un momento di automatismi e concentriamo uno dei nostri cinque sensi in un obiettivo, facendo trasportando la nostra attenzione e capacità di ragionamento in gesto e comprensione.
Riflettiamo, partendo da cosa possono pensare gli automobilisti:
- Quando una persona guida spesso è colpevolmente distratta, come ho spiegato sopra: guida per “abitudine”.
- Quando una persona guida si sente forte, la macchina pesa ed è potente, per cui l’ego vince sempre.
- Quando una persona guida ed incontra il debole ciclista: non calcola che chi è in bici è in equilibrio su due ruote e la superficie di frenata del tubolare è non proporzionale ad un’evento immediato.
Dall'altra parte abbiamo i ciclisti:
- Voglia di libertà non vuol dire vivere pensando che le strade diventano boschi e sentieri senza traffico.
- Per il piacere di pedalare e parlare devo trovare il parallelismo ma anche l’unica fila (dietro ruota), viaggiare sempre in due e non curarsi delle necessità del mezzo a quattro ruote, che se in preda al Super Io, non avrà mai problemi a sfiorarvi con lo specchietto, ma se educato e rispettoso rallenterà finchè il pericolo di toccare il ciclista non cessa e permette il passaggio.
- Pedalare nelle strade strette stando al centro, anche quando senti arrivare una macchina, non porta rispetto per chi conosce il codice stradale e dice: tieni la destra.
- Urlare di tutto sempre, per sfogare il proprio stile di vita represso e sotto stress, non porta buon nome a chi invece usa educazione: la gente non guarda chi pedala come persona, guarda il soggetto che pedala, cioè il ciclista e per questo siamo tutti uguali vestiti da bici.
- Le gare tra ciclisti, si fanno in gara o nelle strade con poco traffico.
- I semafori sono rossi per tutti, la gente ci guarda sempre: poi si crea il preconcetto che il ciclista è un pazzo a due ruote, che non rispetta il codice stradale e che manda a quel paese tutto e tutti.
Allora cosa dobbiamo fare per sopravvivere a questo cambiamento, dove il ciclismo sta diventando sempre di più un fenomeno di massa, visto che correre a piedi è bello, ma pedalare è fantastico?
- Se sentiamo una macchina arrivare, se il robot umano è in piena frenesia dei suoi 100 cavalli puro sangue, spostiamoci, pochi secondi non ci rovinano la nostra media ciclistica.
- Se la strada è stretta: con la mano sinistra facciamo un semplice segno di passare, abbiamo dato la precedenza, non avendo le frecce di direzione, la vecchia mano funziona sempre e si vede bene.
- Se una persona ci aspetta al corso strada per buttarsi sotto la nostra due ruote ultra leggera, richiamiamolo all’attenzione con un messaggio di "stia fermo!". Senza insulti, alla fine ci rimettiamo tutti di immagine.
- Se le strisce danno diritto di passaggio, diritto del robot umano e del suo Super Io, guardiamo in faccia la persona, cerchiamo di capire chi è, inutile scontrarci su un concetto di “legge” che diventa abuso di potere e diritto. Ci insegnano che i pedoni hanno sempre diritto di passaggio sulle strisce pedonali: giusto?
Non possiamo misurare lo stress e la cultura del guidatore a quattro ruote: possiamo solo misurare la nostra capacità di controllo e di sopravvivenza, visto che alla fine siamo in guerra, carro armati contro soldati a piedi, questa è la vita.
Vedete voi, ma di solito i carri armati vincono sempre e i soldati muoiono.
Chi più ne ha ne usi, di che cosa?
Di intelligenza, che è la capacità di applicare le regole, non la capacità di memorizzare tanti dati che poi diventano automatismi senza pensare.
Alessandro Schiasselloni
Mental Coach - Posturologo - Riflessologo - Preparatore Atletico
Telefono: 333 4014119 - aschiasselloni@gmail.com
www.posturale.info - www.sportmentalist.it - www.facebook.com/alessandro.schiasselloni