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Redazione

Le 24 ore non sono uguali per tutti

Università, scuola e Ciclismo: sono amici o nemici? Proviamo a chiarirci le idee sulla convivenza tra gli impegni dei giovani ciclisti dando la parola ad un Under 23, Luca Schiasselloni.
 
Un certo Einstein disse che il tempo è relativo. Sarà davvero così, oppure e’ solo fantasia?
Proviamo ad interpretare questa teoria in maniera sportiva, dove il tempo che noi atleti/ciclisti amiamo confrontare per ogni chilometro, metro, centimetro, fino alla sudata riga del traguardo, nell’ottica dell’organizzazione e della gestione di una crescita nei giovani, trova alla stessa quantità di tempo (ore, secondi, decimi) diversità di risultato.
Per prima cosa, trascino in questa mia affermazione mio figlio, Luca Schiasselloni, studente al quarto anno di medicina (22 anni) presso l'Università di Genova, appassionato di ciclismo e ogni giorno alle prese con il "fattore tempo" per poter realizzare due sogni. Cosa non facile, ma possibile.
 
Da quanto pratichi ciclismo?
Pratico ciclismo dall’età di 12 anni, prima MTB, poi sono passato alla bici da strada, correndo da allievo con il GS Eurothermo di Chiavari, Junior con il Casano - Ortonovese, per poi passare all’attività amatoriale, dovendo scegliere tra Università e ciclismo. Questo è un bivio dove molti ragazzi decidono di fermarsi, poche sono le società che ascoltano le necessità degli studenti. Alla fine tutti sono lì per primeggiare, se non si primeggia, non arrivano gli sponsor, senza soldi non esiste lo sport. Devo ringraziare le società giovanili che mi hanno permesso di praticare ciclismo, gratis: non poco direi. La mia famiglia non può permettersi certi costi di trasferte, bici e manutenzione. Nel ciclismo, sport durissimo, c’è questa cultura di offrire i mezzi ed il resto "gratuitamente", non da sottovalutare come riferimento.
Passando la durissima selezione - test di ammissione all’università, cosa accaduta il giorno successivo alla gara Internazionale organizzata dal Casano, il Giro della Lunigiana -  ho dovuto fare una scelta. Non esistevano società vicine a Santa Margherita Ligure o Genova, per cui correre da U23 voleva dire non frequentare l’università, cosa che al primo anno è novità assoluta e logicamente grosso impegno di tempo.
Strada facendo, non ho mai mollato la mia passione per lo sport: ho continuato a correre negli amatori, grazie al Team Vigili del Fuoco della Val Fontanabuona (Genova), entrando in un gruppo di amatori forti, così gli stimoli sono risaliti e ho corso due anni li con loro: ero la mascotte della squadra, tutti mi volevano bene, un giovincello tra vecchie e terribilli volpi che mi hanno dato tanta formazione e voglia di credere in me stesso. 
Due anni fa, sempre lo stesso team ha deciso di dare futuro ai ragazzini emergenti, creando una squadra U23 - Dilettanti, così sono stato confermato come atleta U23. Certo, non è facile per una squadra nuova primeggiare in queste categorie dove tutto "corre veloce", cioè dove il livello è altissimo, dove chi vince ha tutto, ma sono qua, anche quest’anno e si vedrà, alla fine si arriva se si resiste. Se si impara a soffrire, se la società dà spazio a chi non può passare tutto il giorno in bici, magari anche a fare il giro dei bar tra una tabella e l’altra.
 
Esprimi cinque punti per importanza (da 1 a 5) in quello che hai riscontrato difficile nell’abbinare gli studi con lo sport.
1) Programmazione. E' fondamentale, devi incastrare tutto per bene. La mente è una sola, se il tempo è relativo resta il fatto che l’orologio meccanico gira sempre "al secondo" per cui tutto deve trovare logica e organizzazione.
2) Quando ti alleni, parti e fai le tue tabelle. Puoi allenarti anche sotto casa, non hai tempo per girare le valli, la strada è la strada, pendenza al 7% lo è la salita di casa come la salita delle Dolomiti, per cui ci si allena dove e come si riesce, si chiude gli occhi alla parte ludica-ambientale e si guarda solo il misuratore di potenza e la sofferenza dell’orologio che ti conta il tempo della fatica, ma anche il tempo disponibile.
Un caffè a metà giro, pochi minuti per uno sguardo veloce al giornale sportivo, un momento di rilassamento e pace interiore... e via!
3) La società sportiva alla fine mi lascia gestire tutto. Dentro al Team Velo Fontanabuona ci sono ragazzi che si dedicano al 100%, io non posso, però alla fine la passione spinge forte sui pedali: i test sono ottimi, i valori alti, ora devo solo crederci ed entrare con il passo di "studente universitario" in quello di "dilettante a tempo pieno".
4) Purtroppo tutto ha un prezzo, le amicizie si riducono, la tv resta spenta, Facebook resta un momento di abbandono raro. Tutta la giornata scorre così veloce che un semaforo rosso inatteso spesso è visto come una perdita di tempo. Questo per farvi capire che le lancette hanno nei minuti un valore importantissimo per me.
5) Molti ragazzi, molte persone che conosco, anche medici (visto che faccio medicina),, dicono che è impossibile studiare medicina e fare sport ad alto livello: sarà una sfida? Finisci di allenarti, doccia e giù a studiare, ti alleni alle 6 del mattino e corri in ospedale a fare clinica o a seguire le lezioni dove le formule e i nomi si susseguono all’infinito, dove tutto deve trovare spazio dentro una mente che molti dicono essere limitata, ma che è limitata solo in chi non ha capito che è il contrario, sta a noi sfruttare la sua  immensità.
 
Alla fine siamo atleti, siamo in gara durante la settimana con noi stessi, in gara con gli altri il weekend, siamo sempre in diretto confronto con qualcosa e qualcuno, siamo però ciclisti, una razza dura, la selezione avviene nelle categorie giovanili, li si crea il carattere del ciclista. La sofferenza ed il dolore non ci fanno paura, anzi senza questi due amici poggiati sulle nostre spalle curve in posizione aerodinamica, non si arriva da nessuna parte, anche nella vita dello studio e del lavoro, cioè di chi sarai un giorno, appeso le scarpette al muro con su scritto: ho vinto!
 
Cosa pensi non sia giusto nel settore ciclismo per i ragazzi ad oggi?
Purtroppo in Italia siamo ancora fatti a schemi a blocchi, basta vedere quanti talenti perdiamo per le regole che dovrebbero cambiare, ma non è facile: siamo il paese delle istituzioni dove tutti si lamentano, ma pochi hanno il coraggio di affrontare il problema seriamente cercando di cambiare le regole e le credenze.
Lo sport è cultura, sacrificio, organizzazione, comunicazione e formazione “spirituale”. Senza fede non si arriva mai.
Il vecchio detto “mens sana in corpore sano”, datato anno 356, non è teoria ma realtà .
 
Cari amici di Bike Channel, che dire d’altro?
Se vogliamo che la mente cresca, che il futuro dei ragazzi sia fatto di valori non solo espressi in numeri e metri, cerchiamo di aprire le orecchie ma anche il cuore. Se un giorno questi ragazzi non arriveranno al Giro d’Italia, alla fine il loro Giro lo avranno fatto lo stesso, avranno raccolto tanti applausi da chi li ha aspettati sulle salite e all’arrivo dove il traguardo è il futuro dentro una società che corre così veloce che se non impari a correre mai troverai la vera felicità.


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Alessandro Schiasselloni
Mental Coach - Posturologo - Riflessologo - Preparatore Atletico
Telefono: 333 4014119 - aschiasselloni@gmail.com