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Redazione

Pedalando lungo il Trebbia: 120km fra le province di Piacenza e Genova

Un giro di 120 chilometri con 2400 metri di dislivello, dentro il cuore più nascosto dell'appennino ligure-piacentino che è diventato ormai, nel corso degli anni, un rito irrinunciabile. Dal fondovalle di Bobbio, prezioso scrigno medioevale, pedaliamo sulla vecchia e malandata SS45 in direzione sud, superando Marsaglia; in silenzio ammiriamo il grande spettacolo naturale, che il Trebbia ha allestito in questo tratto, dominato dal grande "pallone bianco" del radar del monte Lesima. Dopo svariati saliscendi, utili a scaldare le gambe, ci "lustriamo" gli occhi con la vista del canyon di S. Salvatore, di Brugnello a picco sul fiume e poi della montagna che ricorda incredibilmente "Surus" (ultimo elefante di Annibale,il grande condottiero cartaginese che qui ha lasciato un segno profondo). 
 
Superiamo di slancio il ponte del Lenzino: adesso si inizia a salire, arrivando fino alla deviazione, sulla sinistra, per Cerignale. Stiamo imboccando la "panoramica di Ottone", una bellissima stradina che sale (moderatamente) per quasi 17 chilometri, alternando tratti impegnativi ad altri più pedalabili. Il magnifico crinale tra il Trebbia e l'Aveto in sella alla nostra bici, ci regala ogni volta attimi indimenticabili. Attorno agli 800/1000 metri di quota si alternano vedute di pinete, case e borghi, strade e stradine che abbiamo percorso e che dovremo percorrere, perdute tra le pieghe delle montagne. Carisasca, Cerignale, Cariseto con le imponenti rovine del suo castello, ed infine Selva il valico (clandestino), a 1064 mslm. 
 
Sono come un bambino sulle giostre, non riesco a staccare gli occhi dal panorama che mi avvolge: a lato della strada, ecco la chiesa di Santo Stefano, ridotta ormai ad un cumulo di macerie, poi dall'altro versante, le quattro case di Cattaragna, che sembrano in bilico su di uno sperone di roccia, il verde profilo sfumato dei monti. Dopo Rovereto, all'inizio di una bella pineta, giriamo a sinistra per Rezzoaglio. La vista di "Orezzoli di qua" con il suo campanile che svetta all'orizzonte, lascia a bocca aperta; la vallata dell'Aveto si apre alla nostra vista in tutta la sua selvaggia bellezza. La strada adesso gira attorno alla montagna, in leggero falsopiano in discesa, fino ad arrivare alle case di "Orezzoli di là" o Busego; poi comincia una comoda salita lunga un paio di chilometri. Scolliniamo ed eccoci in provincia di Genova; è la sp 72 che prosegue, sempre all'ombra di un enorme bosco tra curve e controcurve, con lievissime pendenze. Il piccolo corridoio asfaltato è solitario, dal fondo molto irregolare; è un tratto di circa 3 km sovrastato da un'infinita cascata di maggiociondoli gialli, che ci sovrasta e fa da corona al nostro silenzioso passaggio in bici. Uno spettacolo nello spettacolo; il valico del Pescino a 1165 mslm scorre via anonimo, senza neanche un cartello. 
 
La lunga discesa è tecnica e molto veloce; scendiamo di quota molto rapidamente, attraversando piccole località sperdute come Vicosoprano, Vicomezzano e Alpepiana. In giro non si vede nessuno; appena superato il ponte sull' Aveto, all'incrocio con la 586, prendiamo a sinistra e scendiamo ancora per 4-5 chilometri, costeggiando il torrente, fino alla deviazione per Boschi e Torrio, appena prima di una galleria. La stradina asfaltata penetra nella penombra del bosco con pendenze subito impegnative per circa 4 chilometri. Tornati alla luce del sole, due strettissimi tornanti ci annunciano l'arrivo a Torrio, a 1069 metri sul livello del mare. Rumore assordante di acqua che scorre da ogni dove; da qui, il passo Crociglia mostra tutto il suo lato cattivo che mette alla frusta il cicloturista. Pochi tornanti e lunghi, micidiali rettilinei con pendenze anche al 13-15%; si sale spingendo a testa bassa, sperando che finisca presto. Succede dopo quasi 6 lunghissimi chilometri,  a quota 1468 mslm, tra foreste, prati e profondi silenzi. 
 
Sono 3 ore che non vediamo un'auto in giro; la stanchezza è tanta ma la gioia molto di più. Dopo la veloce picchiata su Selva e la lunghissima discesa sulla SP654 fino a Ferriere, ci lasciamo trasportare dalla gravità, quasi senza pedalare, gustando il "quadro" che la val Nure ci presenta, anche se le condizioni del fondo ci tengono sempre in allerta. Arrivati a Ferriere, ci tocca finalmente l'ultima asperità di giornata, fortunatamente la meno impegnativa; il passo del Mercatello. Sono quasi 9 chilometri di dolci pendenze (5% medio), fino al cartello che indica la fine, a 1053 mslm. Anche se la successiva discesa è piena di insidie, causate da un fondo sconnesso e molto rovinato, il divertimento è assoluto; il passaggio da Brugneto, Castelcanalfurone, Ozzola e Marsaglia è l'apoteosi finale. 
 
Scesi ancora in val Trebbia ripercorriamo gli ultimi 9 chilometri che ci separano da Bobbio, arrivando al nostro capolinea di giornata. Scenari fantastici in terre di confine, strade e valichi "clandestini", salite toste, discese tecniche e divertenti, profondi silenzi, liberi dal traffico. Domani sarà un altro giorno, ma questo lo ricorderemo per sempre; in fondo, cosa si può chiedere di piu' da un giro in bici?  
 
 
Graziano Majavacchi
(foto di Pino Piras da piediliberi.it)