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Redazione

Adriano Malori: una storia che dà forza

Sono passato dall'essere vicecampione del mondo a cronometro a dover dipendere dagli altri per tutto, per mangiare o persino per andare in bagno".

Adriano Malori tornerà a correre tra 10 giorni, ma prima di riattaccarsi il numero sulla schiena ha voluto raccontare la storia del suo ultimo anno. Di un ragazzo che si stava preparando per una stagione di successi e si è trovato a passare da un ospedale a un altro, da un medico a un altro, ricostruendo la sua mobilità giorno dopo giorno.

Il motivo per cui ha voluto raccontarla in pubblico questa storia, con una conferenza stampa tenutasi stamattina a Salsomaggiore Terme, è per dare una spinta in più a chi soffre, sostenere le vittime di incidenti con l'incoraggiamento unico che solo una vicenda a lieto fine può dare.

Ho voluto fare questa conferenza per la gente che sta male, in questi mesi ho visto gente che davvero soffre. E voglio spiegare loro che c'è un ragazzo di 28 anni che in sette mesi è tornato a correre. Ho visto su di me l'effetto che ha fatto la notizia di un podista che aveva avuto il mio stesso problema ed era tornato a correre. Almeno un sorriso e una speranza la voglio dare, perché se la meritano. Ho provato qualcosa che non cancellerò mai: stare nella sofferenza assieme a gente che sta male insegna cose che non avrei mai immaginato di imparare".

L'incidente di Malori è avvenuto a inizio stagione, al Tour de San Luis: "Ero in testa al gruppo, stavo parlando con Vincenzo Nibali per attaccare nel finale, poi una buca in strada e il buio. Quando mi sono svegliato muovevo solo un dito. Mi hanno detto che il mio cervello si era sconnesso completamente dalla parte destra del mio corpo e che forse, con tanto lavoro e un po' di fortuna, sarei potuto tornare ad essere una persona normale. Il giorno dopo ho chiesto se avrei potuto tornare a correre e un medico mi ha detto che avrei forse potuto andare in bici a comprare il pane".

La storia, però, ha seguito una traiettoria differente. Dalle giornate in ospedale, dall'assistenza forzata per ogni singolo gesto, Malori è passato a un durissimo lavoro di rieducazione. Fino a sei ore al giorno, prima per tornare alla vita quotidiana, al bere un bicchiere o tagliare una bistecca da solo. Poi la bici.

"Il 28 aprile abbiamo fatto una prova in bicicletta, con i medici nel magazzino della squadra. Allora ho iniziato a sperare davvero di tornare a correre, prima non osavo nemmeno pensarci.Sono tornato a casa e ho ripreso ad andare in bici ma dopo massimo un'ora e mezza la mano diventava dura. Non riuscivo a governare la bici e sono caduto di nuovo nel baratro. Ho passato un mese terribile, senza speranze nel futuro.Quando sono andato a Pamplona per un semplice controllo, mi hanno detto che ero fuori strada, così sono tornato al centro e mi sono buttato nel lavoro di rieducazione, ho fatto giusto una sosta a casa per sposarmi.Ricordo una frase di Eusebio Unzue: «Adriano, hai davanti a te gli anni più belli della carriera, ma la vita ti ha messo di fronte un problema più grande di te. E solo tu puoi uscirne».Il 10 agosto mi hanno dato il permesso per tornare a correre e ho cominciato ad allenarmi fino a tarda sera. Solo allora sono riuscito a riaccendere la tv per guardare delle gare".

Il prossimo 9 settembre, Adriano Malori sarà al via del GP Quebec: "Mi sa che in Canada qualche lacrima mi scapperà". Sarà un finale di stagione senza aspettative per il corridore della Movistar, quello che verrà verrà, e dove non riuscirà ad arrivare ci proverà con più forza di prima, con una convinzione nuova.

"Pensavo che il 22 gennaio fosse il giorno che mi ha rovinato la vita, adesso penso che sia l'inizio di una nuova vita". Una nuova vita che il nuovo Adriano Malori affronterà come ha affrontato la precedente: sui pedali.