Van der Poel e Sagan, la domenica dei campioni
Due podi così, in due corse così diverse, a due ore di distanza l'una dall'altra, sono cose che non capitano tutti i giorni, forse mai. Domenica 16 ottobre è stata una giornata di ciclismo importante, perchè importanti sono i campioni che l'hanno onorata, a prescindere dal contesto che non sempre è foriero di entusiasmo.
A Doha si è corso il mondiale più assurdo che il ciclismo ricordi. 150 chilometri senza mezzo spettatore a bordo strada, uno show ad uso e consumo di chi il ciclismo può permettersi di portarselo sotto casa, senza nemmeno poi affacciarsi alla finestra per osservarlo. Avrebbe potuto essere una delusione enorme per ogni appassionato, ma la corsa la fanno i corridori, e anche questa volta sono stati i suoi stessi campioni a salvare la faccia del ciclismo.
Il campione del mondo 2016 è lo stesso dell'anno precedente, il fenomeno più grande del nostro ciclismo e l'unico personaggio in grado di diffondere gioia e passione ad ogni latitudine. Peter Sagan ha vinto in maniera netta, solare, più di quanto la corsa stessa abbia suggerito. Ha vinto affiancato da un'ottima squadra e sfruttando la sua capacità innata di leggere la corsa e di battezzare subito come propizio l'attacco di Belgio e Gran Bretagna, quello che ha spaccato in due la corsa. Proprio l'attacco che ha definito il podio, perchè alle spalle di Peter Sagan nel deserto di Doha, dopo una gara da cui anche la nazionale italiana di Cassani esce promossa a pieni voti, ci sono due nomi altisonanti del nostro ciclismo come Mark Cavendish e Tom Boonen. Sullo stesso podio ci sono 4 mondiali, 4 Fiandre, 4 Roubaix, una Sanremo, uno svariato numero di tappe e maglie verdi al Tour, e via andare. In epoca moderna, bisogna tornare indietro di dieci anni per vedere un podio simile, al 2006 quando Bettini (l'ultimo a riuscire nel back-to-back) che precedette Zabel e Valverde. Si potrebbe dire che sono i tre giganti dell'ultimo decennio, ma sarebbe ingiusto nei confronti di (pochi) altri campionissimi che li hanno accompagnati in quest'epoca.
Un'epoca, questa del nostro ciclismo, che rischiamo di ricordare un domani non soltanto per la stella di Peter Sagan, ma pure per lo scontro frontale tra Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel. E così in questa domenica di sabbia si è passati velocemente dal deserto qatariota alle colline del Belgio: da strade spopolate a uno stadio naturale con 70mila spettatori ebbri di passione. A Zonhoven c'è un circuito che in tanti indicano come il più bello del mondo, qui non è necessario inventarsi chissà che per garantire lo spettacolo, quasi va da se'. Eppure anche in un contesto così radicalmente differente, sono state ancora le stelle a illuminare la corsa. Wout e Mathieu, Mathieu contro Wout. Una sfida in grado di monopolizzare l'intera corsa, a partire dai suoi primi giri, tanto inutile sarebbe stato aspettare. Un testa a testa rispettoso ma spietato, eppure decisosi soltanto negli ultimi 30 metri, per un pugno di sabbia, perchè questi due fenomeni sono tanto grandi quanto vicini come livello, e alle volte non si trova proprio il modo di separarli. Resta soltanto lo sprint, quello che ha premiato l'olandese davanti al belga, con il sempre ottimo Laurens Sweeck a completare un altro podio che si apre con due campioni del mondo, gli ultimi due campioni del mondo, e verosimilmente anche quelli dei prossimi anni.
Doha ha segnato la chiusura della stagione su strada, Zonhoven il lancio sui livelli più alti della stagione del ciclocross, per un ciclismo che non conosce davvero più pause durante l'anno. Conosce troppe pause, forse, quando le corse, anche le più importanti, si risolvono in un nulla di fatto, nell'attesa di un qualcosa che non arriva mai. A risolvere quell'attesa, però, e a riaccendere la passione, possono pensarci in prima persona i più grandi interpreti di questo ciclismo. Un po' come ieri, anche lontano dalla sabbia.
Filippo Cauz