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Che Fiandre! Grazie, Philippe Gilbert.
Una corsa meravigliosa, di quelle che resteranno impresse negli occhi anche a mesi di distanza, che verranno raccontate e tramandate. Questo è stato il Giro delle Fiandre 2017, merito delle caratteristiche uniche di questa prova, ormai da diversi anni la gara più bella del mondo nello scenario più bello del mondo, e di un vincitore straordinario.
Philippe Gilbert, Roi Philippe, è tornato. E lo ha fatto a modo suo, con una sfacciata dimostrazione di talento, coraggio e, perchè no, follia. Il fenomeno vallone ha spianato i muri delle Fiandre e celebrato due monumenti del ciclismo come il Muur di Geraardsbergen e l'Oude Kwaremont con un'azione partita quasi per caso, cresciuta col passare dei chilometri, sublimata dagli errori dei suoi avversari e infine coronata con un'oculata gestione degli sforzi nel finale. Leggeremo di 55 chilometri di fuga solitaria, tanti sono quelli che la bizzarra tattica Quick Step ha concesso a Gilbert, rivelandosi vincente, ma a riavvolgere il film della corsa si vedono quasi 100 chilometri al vento, in uno strano tandem con Tom Boonen, capace di racchiudere in un respiro i due più grandi campioni delle classiche di questo millennio (in attesa che Sagan li raggiunga...).
E' proprio a partire dall'alleanza tra i due campioni belgi, un fiammingo e un vallone, perdipiù in maglia tricolore, che va letto questo Ronde. La Quick Step piena di carte da giocare ha deciso di giocarsi le più pesanti da lontano, e già prima del Muur ha alzato il ritmo di gara come se mancassero meno della metà dei chilometri. Geraardsbergen preso a tutta, con Boonen che transita per primo al suo ultimo passaggio in carriera, e via a rilanciare dopo la chiesetta. Un forcing orchestrato da Boonen, che si è esibito in una plateale esibizione gestuale, da direttore d'orchestra, proprio come lo scorso settembre a Doha, e sostenuto da Gilbert e da Matteo Trentin, coraggiosamente al vento quando il chilometraggio residuo era ancora in tripla fila. Pareva una forzatura eccessiva, volta soltanto a mettere fatica in avversari costretti all'inseguimento dopo essersi fatti sorprendere colpevolmente indietro sul Muur, e invece si è rivelata essere la tensione dell'arco di squadra da cui è scoccata la freccia tricolore.
Non si rammarica Boonen, dunque, che avrebbe voluto salutare in altro modo il Taaienberg, il suo muro preferito (tanto da essere soprannominato Boonenberg), ma arriva al traguardo dicendo di essersi divertito. Tutt'altro è l'umore di Greg Van Avermaet e Peter Sagan: i due favoriti della vigilia sono protagonisti (insieme ad Oliver Naesen) di una caduta tragicomica all'ultimo passaggio sul Kwaremont, innescata da un sorprendente errore dell'iridato. Avrebbero ripreso il fuggitivo senza quella caduta? Impossibile a dirsi. Da come Gilbert ha saputo gestirsi nel finale, perdendo pochissimo dall'indiavolato terzetto composto dall'olimpionico, da Dylan Van Baarle e da un grigio Niki Terpstra, si potrebbe escludere questa eventualità. Ma il ciclismo non conosce i "se" e i "ma", conosce la durezza delle pendenze e degli impatti per terra, conosce le distrazioni, il colpo d'occhio e la fatica che porta all'errore, costretti dall'inseguimento a un volo che pareva velleitario e si è rivelato più concreto che mai. Tutto questo è racchiuso nella corsa sontuosa di Gilbert, sulla cui vittoria nemmeno la caduta dei rivali riesce a gettare mezza ombra. Ci riproveranno Sagan e Van Avermaet, proprio come Gilbert che ha dovuto aspettare fino a 34 anni per conquistare una delle gare dei suoi sogni. E visto come l'ha conquistata, è valsa la pena di aspettare, per un'impresa che ha realizzato i sogni anche di tutti noi sul divano. Grazie, merci, bedankt, Philippe Gilbert.
Ordine d'arrivo:
1. Philippe Gilbert 06h23'45"
2. Greg Van Avermaet 29"
3. Niki Terpstra st
4. Dylan Van Baarle
5. Alexander Kristoff 53"
6. Sacha Modolo st
7. John Degenkolb
8. Filippo Pozzato
9. Sylvain Chavanel
10. Sonny Colbrelli
Filippo Cauz
Philippe Gilbert, Roi Philippe, è tornato. E lo ha fatto a modo suo, con una sfacciata dimostrazione di talento, coraggio e, perchè no, follia. Il fenomeno vallone ha spianato i muri delle Fiandre e celebrato due monumenti del ciclismo come il Muur di Geraardsbergen e l'Oude Kwaremont con un'azione partita quasi per caso, cresciuta col passare dei chilometri, sublimata dagli errori dei suoi avversari e infine coronata con un'oculata gestione degli sforzi nel finale. Leggeremo di 55 chilometri di fuga solitaria, tanti sono quelli che la bizzarra tattica Quick Step ha concesso a Gilbert, rivelandosi vincente, ma a riavvolgere il film della corsa si vedono quasi 100 chilometri al vento, in uno strano tandem con Tom Boonen, capace di racchiudere in un respiro i due più grandi campioni delle classiche di questo millennio (in attesa che Sagan li raggiunga...).
E' proprio a partire dall'alleanza tra i due campioni belgi, un fiammingo e un vallone, perdipiù in maglia tricolore, che va letto questo Ronde. La Quick Step piena di carte da giocare ha deciso di giocarsi le più pesanti da lontano, e già prima del Muur ha alzato il ritmo di gara come se mancassero meno della metà dei chilometri. Geraardsbergen preso a tutta, con Boonen che transita per primo al suo ultimo passaggio in carriera, e via a rilanciare dopo la chiesetta. Un forcing orchestrato da Boonen, che si è esibito in una plateale esibizione gestuale, da direttore d'orchestra, proprio come lo scorso settembre a Doha, e sostenuto da Gilbert e da Matteo Trentin, coraggiosamente al vento quando il chilometraggio residuo era ancora in tripla fila. Pareva una forzatura eccessiva, volta soltanto a mettere fatica in avversari costretti all'inseguimento dopo essersi fatti sorprendere colpevolmente indietro sul Muur, e invece si è rivelata essere la tensione dell'arco di squadra da cui è scoccata la freccia tricolore.
Non si rammarica Boonen, dunque, che avrebbe voluto salutare in altro modo il Taaienberg, il suo muro preferito (tanto da essere soprannominato Boonenberg), ma arriva al traguardo dicendo di essersi divertito. Tutt'altro è l'umore di Greg Van Avermaet e Peter Sagan: i due favoriti della vigilia sono protagonisti (insieme ad Oliver Naesen) di una caduta tragicomica all'ultimo passaggio sul Kwaremont, innescata da un sorprendente errore dell'iridato. Avrebbero ripreso il fuggitivo senza quella caduta? Impossibile a dirsi. Da come Gilbert ha saputo gestirsi nel finale, perdendo pochissimo dall'indiavolato terzetto composto dall'olimpionico, da Dylan Van Baarle e da un grigio Niki Terpstra, si potrebbe escludere questa eventualità. Ma il ciclismo non conosce i "se" e i "ma", conosce la durezza delle pendenze e degli impatti per terra, conosce le distrazioni, il colpo d'occhio e la fatica che porta all'errore, costretti dall'inseguimento a un volo che pareva velleitario e si è rivelato più concreto che mai. Tutto questo è racchiuso nella corsa sontuosa di Gilbert, sulla cui vittoria nemmeno la caduta dei rivali riesce a gettare mezza ombra. Ci riproveranno Sagan e Van Avermaet, proprio come Gilbert che ha dovuto aspettare fino a 34 anni per conquistare una delle gare dei suoi sogni. E visto come l'ha conquistata, è valsa la pena di aspettare, per un'impresa che ha realizzato i sogni anche di tutti noi sul divano. Grazie, merci, bedankt, Philippe Gilbert.
Ordine d'arrivo:
1. Philippe Gilbert 06h23'45"
2. Greg Van Avermaet 29"
3. Niki Terpstra st
4. Dylan Van Baarle
5. Alexander Kristoff 53"
6. Sacha Modolo st
7. John Degenkolb
8. Filippo Pozzato
9. Sylvain Chavanel
10. Sonny Colbrelli
Filippo Cauz