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Ciao Michele, campione col sorriso
Campione del sorriso. Campione di umanità. Gregario di lusso in bici. Michele Scarponi era uno della vecchia guardia. Uno di quei corridori veraci, genuini, come oggi ne sono rimasti pochi. Il tragico incidente che ce lo ha portato via, senza senso, ci priva di un pezzo importante della recente storia del ciclismo. E ci interroga ancora una volta sulla questione della sicurezza per i ciclisti. Un camion e un'autista sbadato ha pensato bene di non dare la precedenza e lo ha travolto.
Vogliamo far passare tutto questo come normalità? Mettiamoci la mano sulla coscienza ogni volta che usiamo il cellulare (pur non potendo) mentre guidiamo. Oppure ogni volta che fumiamo una sigaretta o decidiamo di fare altro anzichè rimanere concentrati solo ed esclusivamente sulla guida. Tanto pensiamo sempre di essere i più bravi e che a noi non capiterà mai di distrarci e combinare il disastro. Le tragedie, sconvolgenti nella loro incomprensibilità, dovrebbero almeno aiutarci a meditare e capire dove agire per limitare gli errori. Ma, evidentemente, finora non è stato così.
Michele, l'Aquila di Filottrano, lascia moglie e due figli. Lascia le sue Marche e i giri in compagnia del pappagallo Franky. Professionista dal 2002, dopo aver vinto a posteriori il Giro d'Italia del 2011 in seguito alla squalifica di Contador, aveva dedicato l'ultima parte della sua carriera a fare da scudiero di Vincenzo Nibali, risultando determinante l'anno scorso nel successo al Giro del siciliano. Quest'anno sarebbe stata la sua occasione da capitano dell'Astana alla corsa rosa dopo l'infortunio di Fabio Aru. Ma il destino l'ha rapito con qualche settimana d'anticipo. Fra 2009 e 2010 vinse tre tappe al Giro e una corsa prestigiosa come la Tirreno-Adriatico, praticamente sulle strade di casa sua. Aveva battezzato la prima edizione del Tour of the Alps vincendo a Pasquetta la prima tappa e chiudendo quarto in classifica generale. Insomma, era pronto a farci emozionare ancora, nonostante i suoi 37 anni. Ci mancheranno le sue battute, la sua disponibilità e la sua leggerezza di spirito. Ora abbiamo solo bisogno di silenzio per piangere e, ancora una volta, provare a ripartire...
Luca Gregorio
Vogliamo far passare tutto questo come normalità? Mettiamoci la mano sulla coscienza ogni volta che usiamo il cellulare (pur non potendo) mentre guidiamo. Oppure ogni volta che fumiamo una sigaretta o decidiamo di fare altro anzichè rimanere concentrati solo ed esclusivamente sulla guida. Tanto pensiamo sempre di essere i più bravi e che a noi non capiterà mai di distrarci e combinare il disastro. Le tragedie, sconvolgenti nella loro incomprensibilità, dovrebbero almeno aiutarci a meditare e capire dove agire per limitare gli errori. Ma, evidentemente, finora non è stato così.
Michele, l'Aquila di Filottrano, lascia moglie e due figli. Lascia le sue Marche e i giri in compagnia del pappagallo Franky. Professionista dal 2002, dopo aver vinto a posteriori il Giro d'Italia del 2011 in seguito alla squalifica di Contador, aveva dedicato l'ultima parte della sua carriera a fare da scudiero di Vincenzo Nibali, risultando determinante l'anno scorso nel successo al Giro del siciliano. Quest'anno sarebbe stata la sua occasione da capitano dell'Astana alla corsa rosa dopo l'infortunio di Fabio Aru. Ma il destino l'ha rapito con qualche settimana d'anticipo. Fra 2009 e 2010 vinse tre tappe al Giro e una corsa prestigiosa come la Tirreno-Adriatico, praticamente sulle strade di casa sua. Aveva battezzato la prima edizione del Tour of the Alps vincendo a Pasquetta la prima tappa e chiudendo quarto in classifica generale. Insomma, era pronto a farci emozionare ancora, nonostante i suoi 37 anni. Ci mancheranno le sue battute, la sua disponibilità e la sua leggerezza di spirito. Ora abbiamo solo bisogno di silenzio per piangere e, ancora una volta, provare a ripartire...
Luca Gregorio