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Giro 100: il pagellone
Tom Dumoulin 10
Il voto più alto, ovviamente, al vincitore del Giro100. Forse scontato. Non banale. Tom Dumoulin entra nella categoria dei grandi e lo fa dopo tre settimane condotte da abile stratega. Immenso a Montefalco, superbo a Oropa, granitico sulle Alpi e sulle Dolomiti accettando di incassare qualche cazzotto, prima di dare la stoccata decisiva nella crono da Monza a Milano. Ha corso senza squadra, diventando il primo olandese a trionfare nella corsa rosa. In salita le hanno provate tutte per staccarlo, ma la sua forma è sempre stata all’altezza della situazione. Un corridore imperiale.
Nairo Quintana 7
Dopo il Blockhaus sembrava potesse vincere il Giro a mani basse, poi non è più riuscito a fare la differenza. Ha cercato un’alleanza con Nibali, ha tentato qualche scatto, ma senza quella ferocia che forse era lecito aspettarsi. Bella la difesa del secondo posto nell’ultima crono, ma era lui il favorito numero uno della corsa, avendo anche a disposizione la squadra più forte. Mette in tasca il sesto podio in un grande giro (con due vittorie) e adesso andrà all’assalto del Tour de France. Non sarà semplice, dopo un Giro durissimo per ritmo e contendenti. Il Condor deve ancora fare il salto di qualità definitivo. Indecifrabile.
Vincenzo Nibali 7.5
Sarebbe stato da otto se fosse riuscito a scavalcare Quintana nella crono di Milano. Il Giro di Vincenzo è stato, comunque, positivo. La condizione è cresciuta giorno dopo giorno, si è portato a casa il tappone col doppio Stelvio e ha tenuto botta su Quintana. Gli sono mancate le accelerazioni e le rasoiate letali che gli riuscirono l’anno passato. Sale a nove podi in carriera, di cui cinque al Giro. Un bottino di livello per lo Squalo, combattente come sempre.
Thibaut Pinot 7
Il grande sforzo nella tappa di Asiago, conclusa con una splendida vittoria, lo ha pagato nella crono finale, in cui ha fallito l’accesso al podio del Giro. Pinot è andato a tratti, come spesso in carriera. I suoi scatti in salita sono stati tra i più belli da vedere, ma non sono serviti a garantirsi un posto tra i big. Anche da lui era lecito, forse, attendersi qualcosa di più. Resta ancora un po' incompiuto.
Fernando Gaviria 9
Non era certo un Giro per velocisti, ma Fernando il fenomeno ha portato a casa quattro volate su sei. Lo sprint a Tortona resta una delle prove di forza (e di classe) più impressionanti di questo Giro. La sua corsa, di fatto, si è chiusa proprio lì, alla 13esima tappa. Sulle montagne si è gestito e ha portato a Milano la preziosa maglia ciclamino, reintrodotta proprio in questa edizione del centenario. Il missile, soprannome che gli hanno appiccicato adesso nonostante non gli piaccia particolarmente, è già a quota otto vittorie stagionali. Tutto questo al suo primo grande giro: un predestinato.
Mikel Landa Meana 8
Il team Sky doveva essere uno dei fari di questo Giro, ma la fortuna non ha aiutato nè Geraint Thomas (ritirato) nè Mikel Landa. I due capitani designati della vigilia sono usciti subito dal discorso classifica generale per colpa di una caduta. Con un po' di cattiveria viene da dire che è stata anche una buona cosa per lo spagnolo, apparso poco brillante durante la prima settimana. Landa ha saputo reinventarsi: nelle tappe di montagna ci ha provato e riprovato, ha dovuto ingoiare due bei rospi con le beffe subite da Vincenzo Nibali e Tejay Van Garderen a Bormio e Ortisei, ma alla fine ha lasciato il segno a Piancavallo. Vittoria di tappa di quelle da campione e ciliegina sulla torta grazie al trionfo nella classifica del miglior scalatore. Senza la pressione addosso, Mikel si è liberato e ha regalato spettacolo, dedicando con emozione la sua vittoria al suo vecchio amico Michele Scarponi.
Pierre Rolland 7.5
A proposito di imprese, la più bella in assoluto resta quella di Pierre Rolland, quarto al Giro 2014. I 219km di fuga, dalla partenza all'arrivo, nella Tirano-Canazei ci hanno riportato indietro nella memoria. A 30 anni il francese ha sfoderato una prestazione capace di mescolare classe, coraggio e sfrontatezza. Niente calcoli, solo istinto e voglia di stupire. Negli ultimi otto chilometri di quella tappa ha salutato i suoi compagni di fuga ed è arrivato solitario sotto lo striscione del traguardo. Epico.
Luca Gregorio
Il voto più alto, ovviamente, al vincitore del Giro100. Forse scontato. Non banale. Tom Dumoulin entra nella categoria dei grandi e lo fa dopo tre settimane condotte da abile stratega. Immenso a Montefalco, superbo a Oropa, granitico sulle Alpi e sulle Dolomiti accettando di incassare qualche cazzotto, prima di dare la stoccata decisiva nella crono da Monza a Milano. Ha corso senza squadra, diventando il primo olandese a trionfare nella corsa rosa. In salita le hanno provate tutte per staccarlo, ma la sua forma è sempre stata all’altezza della situazione. Un corridore imperiale.
Nairo Quintana 7
Dopo il Blockhaus sembrava potesse vincere il Giro a mani basse, poi non è più riuscito a fare la differenza. Ha cercato un’alleanza con Nibali, ha tentato qualche scatto, ma senza quella ferocia che forse era lecito aspettarsi. Bella la difesa del secondo posto nell’ultima crono, ma era lui il favorito numero uno della corsa, avendo anche a disposizione la squadra più forte. Mette in tasca il sesto podio in un grande giro (con due vittorie) e adesso andrà all’assalto del Tour de France. Non sarà semplice, dopo un Giro durissimo per ritmo e contendenti. Il Condor deve ancora fare il salto di qualità definitivo. Indecifrabile.
Vincenzo Nibali 7.5
Sarebbe stato da otto se fosse riuscito a scavalcare Quintana nella crono di Milano. Il Giro di Vincenzo è stato, comunque, positivo. La condizione è cresciuta giorno dopo giorno, si è portato a casa il tappone col doppio Stelvio e ha tenuto botta su Quintana. Gli sono mancate le accelerazioni e le rasoiate letali che gli riuscirono l’anno passato. Sale a nove podi in carriera, di cui cinque al Giro. Un bottino di livello per lo Squalo, combattente come sempre.
Thibaut Pinot 7
Il grande sforzo nella tappa di Asiago, conclusa con una splendida vittoria, lo ha pagato nella crono finale, in cui ha fallito l’accesso al podio del Giro. Pinot è andato a tratti, come spesso in carriera. I suoi scatti in salita sono stati tra i più belli da vedere, ma non sono serviti a garantirsi un posto tra i big. Anche da lui era lecito, forse, attendersi qualcosa di più. Resta ancora un po' incompiuto.
Fernando Gaviria 9
Non era certo un Giro per velocisti, ma Fernando il fenomeno ha portato a casa quattro volate su sei. Lo sprint a Tortona resta una delle prove di forza (e di classe) più impressionanti di questo Giro. La sua corsa, di fatto, si è chiusa proprio lì, alla 13esima tappa. Sulle montagne si è gestito e ha portato a Milano la preziosa maglia ciclamino, reintrodotta proprio in questa edizione del centenario. Il missile, soprannome che gli hanno appiccicato adesso nonostante non gli piaccia particolarmente, è già a quota otto vittorie stagionali. Tutto questo al suo primo grande giro: un predestinato.
Mikel Landa Meana 8
Il team Sky doveva essere uno dei fari di questo Giro, ma la fortuna non ha aiutato nè Geraint Thomas (ritirato) nè Mikel Landa. I due capitani designati della vigilia sono usciti subito dal discorso classifica generale per colpa di una caduta. Con un po' di cattiveria viene da dire che è stata anche una buona cosa per lo spagnolo, apparso poco brillante durante la prima settimana. Landa ha saputo reinventarsi: nelle tappe di montagna ci ha provato e riprovato, ha dovuto ingoiare due bei rospi con le beffe subite da Vincenzo Nibali e Tejay Van Garderen a Bormio e Ortisei, ma alla fine ha lasciato il segno a Piancavallo. Vittoria di tappa di quelle da campione e ciliegina sulla torta grazie al trionfo nella classifica del miglior scalatore. Senza la pressione addosso, Mikel si è liberato e ha regalato spettacolo, dedicando con emozione la sua vittoria al suo vecchio amico Michele Scarponi.
Pierre Rolland 7.5
A proposito di imprese, la più bella in assoluto resta quella di Pierre Rolland, quarto al Giro 2014. I 219km di fuga, dalla partenza all'arrivo, nella Tirano-Canazei ci hanno riportato indietro nella memoria. A 30 anni il francese ha sfoderato una prestazione capace di mescolare classe, coraggio e sfrontatezza. Niente calcoli, solo istinto e voglia di stupire. Negli ultimi otto chilometri di quella tappa ha salutato i suoi compagni di fuga ed è arrivato solitario sotto lo striscione del traguardo. Epico.
Luca Gregorio