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Redazione

In MTB lungo la via Francigena

Mettere in pratica l'idea che mi era balenata in testa lo scorso inverno, quella cioè di percorrere in mountain bike un tratto della via Francigena è stata, all'atto pratico, molto più dura e, per nostra fortuna, anche molto più bello del previsto. In nove lunghissimi giorni, dal 15 al 23 di giugno, abbiamo percorso circa 750 chilometri, superando quasi 8400 metri di dislivello. Per noi, cicloturisti ampiamente sopra la sessantina, una piccola impresa, fatta di bellissime pedalate dentro un clima infuocato, che bruciava gola e polmoni.

Dalla bassa lodigiana, in quel di Zorlesco, fino a Roma, davanti alla grande basilica di San Pietro. Polvere e sudore, tanto sudore e molta fatica, con continui e snervanti saliscendi, su stupende stradine bianche e sterrate, tra vigneti che ricoprivano le colline a perdita d'occhio e campi gialli di grano e girasole. Uno spettacolo ambientale che, in certi momenti, sembrava un quadro dipinto, da restare senza parole.

Pedalando in questi incredibili paesaggi era come osservare, da dentro, un vero e proprio capolavoro, l'Italia. Monasteri ed abbazie, borghi murati, torri di guardia, palazzi, città grandi e piccole, il calore della gente che aveva sempre una parola di incoraggiamento, un saluto, una battuta. Cultura, storia e gioia di vivere. Il medioevo e i segni dell'impero romano in tutto il loro magnifico splendore. Frammenti di storie, volti e dialetti, tradizioni locali, piatti e sapori nuovi e gustosi, una grande sensazione di libertà che ci avvolgeva ad ogni metro, lungo tutto il nostro percorso. Poterla ammirare cosi da vicino, con calma, gustarne i particolari senza fretta, è stato qualcosa di incredibile, un vero e proprio privilegio. E' la magia della bici; sui pedali ogni diaframma veniva dissolto, non esistevano più nessun filtro che ci divideva dalla realtà. Eravamo anche noi protagonisti attivi, magari solo per un attimo, parte integrante dei territori che abbiamo attraversato.

Lungo gli argini del grande fiume Po, dentro una pianura quasi prigioniera del cemento di fabbriche abbandonate, tra giganteschi centri commerciali e logistiche. Scalando, non senza difficoltà, i sentieri nascosti che portano al passo della Cisa, riposando all'ostello di Cassio, sperduto tra i monti, lungo l'interminabile discesa che profumava già di mare, ammirando le possenti mura di Lucca, le magnifiche torri di San Giminiano, Siena piena di turisti, con la sua famosa piazza e le sue crete (dure da morire), la bellissima e vuota SP53 della Val d'Orcia dentro un panorama deserto ed assolato. La torre svettante del castello di Radicofani sullo sfondo, come un lontano, quasi irraggiungibile miraggio. Qualche volta, quando il sudore bruciava gli occhi e le braccia tiravano il manubrio, le immagini erano sfuocate dalla fatica e dalla tensione di raggiungere la meta tanto desiderata, ma dentro la gioia era grande.

Anche la segnaletica della ciclovia, alquanto carente ed approssimativa in qualche punto, creava momenti di apprensione. Ma alla fine, grazie anche al prezioso lavoro di Dino, mio compagno di viaggio, ed instancabile navigatore, come diceva la canzone... siamo finalmente arrivati a Roma, la nostra meta finale. Un fantastico viaggio dentro il nostro bel Paese, ed in fondo anche dentro noi stessi, che rimarrà sempre con noi. Tanta gioia e anche un po' di rimpianto, per la conclusione di una piccola, grande e divertente avventura che ha segnato gambe e testa. E con una certezza; anche soltanto una piccola pianta, un albero solitario può fare una grande differenza. Meditiamo gente, meditiamo.


Graziano Majavacchi