Un amatore al Tour de France
Il concetto di follia si applica sempre con grande facilità alle imprese ciclistiche, ma in alcuni casi non c'è proprio scelta se usarlo o no. Se buona parte delle avventure in sella sono mosse dalla voglia di scoprire, divertirsi, viaggiare, ed è il caso di buona parte delle imprese a più o meno lunga gittata che vi raccontiamo in queste settimane estive, ci sono storie che non si possono spiegare senza la follia. Ma cos'è poi la follia? Guardando i vocabolari si parla di abbandono di ogni forma di giudizio, di atti temerari o di essere disposti a tutto pur di far qualcosa. Il tutto sta nel come leggerla, la follia non è per forza un qualcosa di patologico, può essere anche il risultato di ciò che spinge tanti ciclisti sulle strade del mondo: la passione.
La follia di cui parliamo oggi è quella di Gabriele Lodovici, detto Chief, 43enne amatore bergamasco, membro della Popolare Ciclistica, esploratore delle strade del grande ciclismo. A curriculum, Lodovici aveva già tutte e cinque le classiche monumento (Milano-Sanremo, Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro di Lombardia) quando durante lo scorso inverno ha valutato di cambiare obiettivi, puntare su un evento unico: il Giro d'Italia numero 100.
Ma come, siamo in pieno Tour de France e si parla ancora di Giro100? Un passo alla volta, andiamo con ordine. Affiancato dal travolgente supporto della sua squadra, la Popolare Ciclistica, Lodovici ha percorso con le proprie gambe tutto il percorso del centesimo Giro. Giorno per giorno ha affrontato esattamente le stesse tappe, partendo all'alba per sopravanzare il gruppo, approfittando di passaggi nei trasferimenti ed ospitalità per le notti. Voleva dimostrare che il ciclismo quello vero non è cosa riservata solo ai pro, anzi: che anche un amatore può correre il Giro d'Italia, magari a velocità differente, ma con un ben più ampio ventaglio di incontri ed esperienze. A Milano è arrivato a cronometro insieme ai compagni di squadra, ad aspettarlo c'era lo sponsor della maglia rosa che ha voluto consegnare anche a lui l'insegna del vincitore. Gesto tutt'altro che simbolico: era una vittoria tangibile.
Arrivato a Bergamo esausto dopo le 21 tappe della corsa rosa, però, Lodovici ha pensato che esiste una prova univoca per definire i campioni del ciclismo: la doppietta Giro-Tour. Ha avuto bisogno di pochi giorni per decidere, di un paio di settimane di riposo, ma l'idea probabilmente l'aveva già nelle gambe durante le ultime tappe del Giro. Ed ecco che il 25 giugno Lodovici ha caricato la sua bici su un autobus diretto in Germania, direzione Düsseldorf, sarebbe a dire Tour de France #104.
"... durante il viaggio del Giro100 ho raccolto frammenti di vite componendo un puzzle rimandante realtà estranee alla mia quotidianità.
Mari incastonati in paesaggi non mutati allo scorrere del tempo. Case sovrapposte ad abitazioni animate da dialetti meravigliosamente incomprensibili. Oceani erbosi in contrasto con la solitudine dell’entroterra sardo. Strade dritte oltre ogni dismisura. Strade dimenticate dal trasporto coadiuvato dall’uso di idrocarburi. Strade assassinate da veicoli di ogni razza. Ho pianto in solitudine e per la gioia della condivisione. Ho bussato a porte aperte e ho cercato di sfondare porte perennemente chiuse. Ho ascoltato il volo radente delle nuvole … è in esse mi sono perso. Ora a chi mi consiglia di descrivere fatti, aspetti, morfologie incontrate lungo un itinerario di 4.000km rispondo:
vado a prendermi la Gialla".
Il Tour del rappresentante della Popolare Ciclistica è diverso dal Giro. La corsa francese è da tempo affetta da gigantismo cronico: impossibile condividerne le strade, difficilissimo seguirne i caotici spostamenti. Nel caso del Tour, dunque, Lodovici ha deciso di anticipare di un po' la corsa. qualche giorno prima, sulle stesse strade, confermando le modalità. Una vita di strada fatta di continui incontri, di persone che ti aprono le porte per l'ospitalità di una notte, di negozianti che non ti fanno pagare il cibo per sostenere il viaggio. Sorprese continue, come il ritrovarsi a ruota di qualcuno venuto dall'altra parte del mondo per un'impresa simile, o di trovarsi alla propria ruota il tipo conosciuto una sera al bar, che ha deciso di accompagnarti almeno per un po' di chilometri, di condividere lo spirito del ciclismo. E, nel caso di questo Tour, di scoprire l'Europa: il rispetto per i ciclisti sulle strade di Germania, l'epica dei temporali sul confine franco-belga, lo splendore dei paesaggi del Giura... e l'ospitalità ovviamente, promessa e garantita da persone che non parlano nemmeno la tua lingua ma condividono una passione.
Mentre Bardet e compagni sudano sui Pirenei, Lodovici è già uscito dai tapponi delle montagne del sud, affaticato ma altrettanto estasiato dallo spettacolo dei paesaggi pirenaici. Il giorno più duro sin qui è stato il lungo trasferimento, quattro treni e dodici ore per spostarsi da Chambery a Periguex, per lui l'unico vero giorno di riposo. La strada ora è un lungo ritorno, dietro a questo strano Tour che fa zig-zag tra i lati dell'esagono francese. La noia dei drittoni, racconta, la esorcizza bevendo lattine di birra calda. Prima verrà il Massiccio Centrale, poi le Alpi. Programma minaccioso? A giudicare dalle altimetrie si direbbe di sì, ma per questo folle amatore c'è un grosso vantaggio: sulle Alpi arriveranno da Bergamo i popolari, i suoi compagni di squadra, pronti a scortarlo lungo le salite e affiancarlo ai banconi dei bar.
Il diario di viaggio di Gabriele Lodovici, ricco di foto aggiornate tappa dopo tappa (a partire da Alghero, dall'inizio del Giro) è sulla pagina Facebook La Popolare Ciclistica al Tour 104. Le motivazioni le fornisce lui stesso, con la breve lettera con cui ha annunciato la sua seconda impresa: Rispondo "sì" a chi mi chiede se sono pazzo; e aggiungo: "I pazzi tracciano nuove strade pavimentate dai savi in un secondo tempo".