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Redazione

Un uomo normale. Intervista a Omar Di Felice

Tremila e cinquecento chilometri. Più di cinquantamila metri di dislivello. La prossima avventura di Omar Di Felice potrebbe essere descritta già solo con i numeri, e sono numeri che fanno tremare le ginocchia, pure al campione italiano di ultracycling. Di Felice ha cominciato il 2017 con una sfida bianca, pedalando in pieno inverno da Helsinki a Capo Nord, e concluderà la stagione con un'avventura tutta tricolore.

Dopo aver vinto, negli ultimi anni, il campionato italiano endurance 24h, la Dolomitics24, la Ultracycling 3 Confini, la Ultracycling Dolomitica, la Race Across Italy, il Raid Provence e il Tortour Switzerland; dopo aver pedalato dal Tourmalet allo Stelvio, da Parigi a Roma, intorno all'Islanda e a Guadalupe; Omar Di Felice ha deciso di rendere omaggio al Giro d'Italia, che quest'anno ha celebrato la sua centesima edizione, e al paese delle salite mitiche del ciclismo. Italy Unlimited è un Giro non-stop, lungo tutto lo Stivale, mettendo le proprie ruote sulle strade di tutte le regioni d'Italia, isole comprese: un'avventura che partirà mercoledí 20 settembre dal Foro Italico (Roma), per concludersi nove giorni più tardi sempre nella Capitale.

Abbiamo chiesto a Omar di presentarci quest'impresa e di spiegarci come è nata. Ne è scaturita una lunga chiacchierata sul ciclismo estremo e non solo, sui luoghi del ciclismo italiano e sulle motivazioni che spingono una persona ad abbracciare così a fondo l'amore per la bicicletta. E' il nostro modo per augurargli buon viaggio, e buon divertimento.




Da dove nasce Italy Unlimited, oltre che dal tuo bisogno di pedalare?

L’idea di realizzare un'avventura completamente italiana mi balenava già da alcuni anni. Oltretutto ogni giorno cresce il numero di appassionati che mi segue e mi supporta da ogni parte del nostro splendido Paese, così mi sono convinto a studiare un percorso che toccasse tutte le regioni d'Italia, isole comprese. Ed è nato Italy Unlimited. E' un omaggio alla gara più importante del nostro Paese, quella che fa sognare milioni di ragazzi e che in fondo ha dato il via alla mia passione, quando ho visto le imprese di Marco Pantani al Giro del 1994.

23 anni dopo, nel 2017 ti è piaciuto il Giro d'Italia, o forse un ultra-ciclista come te avrebbe qualche suggerimento per migliorare lo spettacolo?

Il Giro ha rispecchiato quello che è il trend del ciclismo moderno per quanto riguarda le corse a tappe: percorsi completi dove a decidere la contesta sono i dettagli. Le differenze tra i primi in classifica, ormai, sono nell’ordine di pochi secondi e bisogna essere pronti e con una squadra all'altezza per approfittare di ogni minima occasione, abbuoni compresi. Personalmente, invece, mi piacerebbe rivedere qualche tappa con chilometraggi "ultra". Diciamo che una rievocazione del ciclismo di un tempo, con una super tappa da 300 km sarebbe davvero epica, anche se mi rendo conto che per tanti motivi ciò non sarebbe più riproponibile.

3'500 chilometri e oltre 50'000 metri di dislivello non sono uno scherzo nemmeno per un ultra-ciclista. Come ti stai allenando per questa sfida?

L’aspetto fondamentale è quello mentale. Dal punto di vista fisico oltre una certa soglia è impossibile riprodurre in allenamento la stessa quantità di chilometri. Per me sarà una novità pedalare oltre i quattro giorni consecutivi, per cui avrò attenzione massima per registrare tutte le sensazioni nuove che andrò a scoprire anche in previsione di gare future dal chilometraggio così esteso. Dopo un anno denso di gare e appuntamenti, sto curando molto la parte del recupero dai grandi sforzi fatti sin qui. Sarà fondamentale avere energie mentali e fisiche per poter superare i momenti di crisi che affronterò.

La stessa attenzione l'avrai rivolta ai materiali. Cosa hai scelto per questa avventura?

Avrò con me tre tipologie di bici: una bici prettamente racing, leggera e adatta alle salite più lunghe e dure che affronterò, una bici aerodinamica per sviluppare velocità nei tratti scorrevoli in pianura e una bici più attenta al comfort, quando avrò bisogno di un assetto meno estremo. In generale le bici che utilizzo sono molto simili a quelle con cui partecipo a gare anche più corte: non amo gli assetti troppo comodi o le soluzioni che spesso si vedono tra atleti di ultra-endurance che si votano più al comfort che alla performance. Curo molto la preparazione atletica anche per potermi permettere una posizione redditizia che mi consenta di far velocità nonostante le lunghe percorrenze.

E la velocità ti servirà parecchio per farcela in nove giorni. Com'è la tua tabella di marcia?

Sto valutando i punti dove sosterò per cambi tecnici e pause sonno, considerando anche la grandissima variabile dettata dal meteo, che potrebbe rimescolare tutto. Se a ciò aggiungiamo anche i due maxi-trasferimenti tra le isole, che mi costringeranno a perdere tempo durante gli spostamenti in traghetto, il risultato è che dovrò essere molto veloce per poter rientrare nei giorni previsti.

Sicuramente saremo in tanti a seguire la tua avventura, e magari a scendere in strada ad incitarti. Come possiamo seguirti e magari incontrarti?

Sulla mia pagina Facebook terremo un diario orario con foto e video, e ci sarà la possibilità di seguirmi in diretta GPS: tramite una app mobile e web potrete localizzarmi in diretta, chilometro dopo chilometro. Chiunque quindi potrà sempre sapere dove mi trovo e scendere in strada. Inoltre ci saranno dei punti di sosta dove incontrarmi: uno sarà senz'altro alla Basilica di Superga, altri in Valtellina e nel trevigiano, zona dove sono stanziati molti dei miei sponsor principali. Il tutto verrà comunque comunicato con i dovuti tempi così da permettere agli appassionati di organizzarsi.




Veniamo dunque al percorso. Con quale criterio hai scelto determinate strade?


La realizzazione di un percorso così lungo mi ha impegnato per settimane. Molte sono state le variabili da considerare: sicurezza delle strade, luoghi da attraversare e lunghezza (restare nei 3500 km attraversando tutte le regioni non è cosa semplice). Ovviamente il risultato è stata una soluzione di compromesso. Ciò significa aver sacrificato il passaggio in alcune regioni e città di interesse. Resta pur sempre un tracciato unico che, per la prima volta, toccherà tutte le regioni d’Italia.

Quanto ha contato la ricerca di luoghi legati a eventi o figure del ciclismo di cui tenere viva la memoria nella tua scelta del tracciato? 

Una delle eccellenze del nostro meraviglioso Paese è proprio la storia. Storia intesa non solo nel suo senso più stretto ma anche come storia sportiva. Ogni angolo di questo paese, ogni montagna, ogni strada nasconde racconti, aneddoti, fatti e avvenimenti più o meno importanti. Credo che questo tipo di avventure, così come il Giro stesso, possano aiutare a tener vivo l’interesse sulla storia e a tramandarne i racconti, rendendoli attuali o costruendone di nuovi.

Facciamo un gioco. Ti dico cinque luoghi da cui passerai, tu dimmi a cosa ti fanno pensare.

Roma.

La mia città. Ho voluto inserirla come partenza e arrivo perché questo tipo di avventure hanno un forte connotato romantico e poter rendere protagonista di una simile cavalcata proprio il luogo che mi ha visto nascere e crescere ha un forte valore. So già che all’arrivo, più che alla partenza, mi emozionerò moltissimo

Etna.
La montagna che da sempre sogno di scalare ma che non sono mai riuscito ad inserire tra i miei viaggi. Mi incuriosisce e affascina al tempo stesso.

Superga.
Un luogo simbolico. E' stata la protagonista della mia avventura Parigi-Roma non-stop in quanto lassù, una volta varcato il confine, tanti tifosi vennero a salutare il mio passaggio e ad incitarmi. Uno dei luoghi a cui sono più affezionato.

Stelvio.
Il Re. Sempre presente nei miei allenamenti, uno dei luoghi che amo maggiormente, la salita dove si è scritta la storia del Giro. Non poteva mancare.

Cesenatico.
Marco Pantani. Colui che ha fatto scoppiare in me l’amore per il ciclismo ed il gusto per la sfida in montagna

C'è invece qualche luogo che non sei riuscito ad inserire e ti mancherà? 

Ci sono molti luoghi che ho dovuto escludere. Quando ho pianificato il percorso ho provato a giocare includendo il Ghisallo, il Vesuvio, lo Zoncolan e altri passaggi scenografici ed importanti. Il tracciato avrebbe raggiunto i 5000 km! Per questo ho dovuto, a malincuore, far delle scelte.




Come si diventa un ultra-ciclista? O almeno, come lo è diventato Omar Di Felice?


La base è una sola: passione e dedizione. In me è scattata una molla, come un colpo di fulmine. Tutto il resto (sponsor, notorietà...) è arrivato dopo. Purtroppo molti oggi confondono i fattori e pensano che per partire servano tutte le cose appena menzionate. Sbagliato. E’ uno sport che non ti arricchisce ma ti richiede sacrifici enormi.

Negli ultimi anni la tua attività si è spostata progressivamente da corse durissime ma organizzate ad avventure personali. Il prossimo passaggio potrebbe essere una gara non-stop in autosufficienza, come la Transcontinental o la Trans Am?

Da sempre amo concentrarmi sia sulle gare che su avventure personali. Una doppia attività che mi consente da un lato di sfogare la mia vena agonistica e dall’altra la mia fantasia disegnando tracciati e ponendomi sfide sempre più originali da combattere contro me stesso. Per quanto riguarda le gare in modalità self-supported ho già partecipato e vinto una gara in Francia e probabilmente ne tenterò altre. Al primo posto, però, metto sempre la sicurezza. Per me la cosa fondamentale è divertirmi e tornare a casa sano e salvo. Estremo si, ma con giudizio.

Sui tuoi profili social ami condividere anche i momenti di difficoltà che stanno dietro le tue imprese. E' un modo per toglierti il peso della sofferenza o una ricerca di conforto nei tuoi fan?

Ho sempre sostenuto il fatto che non siamo eroi né tantomeno figure mitologiche dotate di super poteri. Mi reputo, prima di tutto, un uomo normale, con tutto ciò che questo comporta, debolezze incluse. Per questo nel racconto della mia attività c’è la massima trasparenza. Come ogni uomo gioisco, rido ma piango e soffro al tempo stesso. Raccontare anche il lato meno ultra di me fa parte della mia volontà di far vedere ciò che sono realmente, affinché passi il messaggio che ciò che faccio, in fondo, è alla portata di tutti.

Qual è il tuo segreto per arrivare sempre in fondo?

Divertirmi e sorridere, sempre. Non capisco quegli atleti che sono sempre tesi ed arrabbiati. Per quanto difficile in alcuni momenti, sto comunque facendo qualcosa che amo e lo sto facendo con il cuore. Pedalare mi da gioia e felicità anche nei momenti più estremi. Questa è la chiave per arrivare in fondo.



(intervista di Filippo Cauz, foto e video via Omar di Felice)