Dal doppio Ventoux ai nomi dei protagonisti. Cosa aspettarsi dal Tour de France
“Non è pazzo chi sale sul Mont Ventoux, ma chi ci torna una seconda volta”. Così raccontano dalle parti del versante di Bédoin, quello dove l’ascesa è più difficile. Eppure quest’anno, sul Monte Ventoso, il Tour de France passerà proprio due volte, nella stessa giornata. Prima affrontandolo dal versante est, quello di Sault, più dolce e poco considerato dagli organizzatori (22 chilometri alla media del 5%), poi risalendo dal lato sud, Bédoin appunto (16 chilometri all’8% di pendenza).
Il Monte Ventoso è una pietraia, non c’è un fazzoletto di ombra nemmeno nella pineta e, se il vento tira contrario, affrontarlo diventa quasi disumano. Quest’anno cade all’11a tappa del Tour, dunque non dovrebbe fare troppi danni in una corsa che si aggrappa a due solide certezze: il classico programma, con il percorso tracciato in senso orario, i Pirenei prima della cronometro e la consueta passerella finale a Parigi, da un lato; la nuova generazione di ciclisti che vanno sempre ‘a tutta’, dall’altro. Chiedere al Giro d'Italia per informazioni, dove Remco Evenepoel ed Egan Bernal si sono scornati perfino per gli abbuoni.
La centottesima edizione della Grand Boucle parte dalla Bretagna, a Brest, il 26 giugno e nella prima settimana di corsa c’è subito una cronometro (alla 5° tappa, Changé-Laval) per dare una prima fisionomia alla classifica. Sei tappe di montagna (ma solo tre arrivi in salita), due crono e sette arrivi per velocisti, il resto è mosso per gli attacchi. Si viaggia verso le Alpi dove c’è il primo arrivo in salita a Tignes (2107m). Nella seconda settimana il doppio Ventoux, appunto, ma il traguardo è in discesa, poi si sale ancora sui Pirenei. Oltre i 2mila metri non è più ciclismo, è un altro sport, i valori cambiano e le squadre contano poco. Ad Andorra si tocca quota 2400 metri, dopo due giorni il Col du Portet (2215 metri all’8.7% con arrivo in salita) e alla 18a il Tourmalet. Si chiude con la crono Libourne-Saint Émilion prima dell’Arco di Trionfo a Parigi. Dicono che sia un Tour meno duro di quello 2020, altri dicono che lo sia di più e che due cronometro da 60 km in totale non andranno a influire, ma possono comunque rivelarsi decisive.
Alla partenza ci sarà il top del ciclismo mondiale, ma per i pronostici è meglio ripassare dopo la prime due settimane, con i Pirenei alla terza e la crono alla penultima tutto può essere ribaltato, esattamente come un anno fa quando Tadej Pogacar passò il connazionale Primoz Roglic nella penultima tappa (una cronoscalata) dove successe tutto e il contrario di tutto. A conti fatti saranno ancora i due sloveni i grandi favoriti per la maglia gialla, il primo è il campione in carica e quindi lo è di diritto; Roglic si dice abbia un dente notevolmente avvelenato per come si è chiusa l’anno scorso.
Pogacar, che punta a bissare il successo dell’anno scorso, è in ritiro da settimane a Sestriere, ha vinto la Liegi, vola a cronometro e in salita. È uno dei massimi rappresentanti della new generation che sta rivoluzionando il ciclismo, i 20enni che vanno a tutta (ne ha 22 ed è il secondo più giovane vincitore di un Tour, primo fu Henri Cornet nel 1904). Arriva dal calcio, proprio come Evenepoel, ma con due percorsi molto diversi: il belga era un talento del Psv Eindhoven, lo sloveno no. Il suo connazionale, Roglic, non ha per nulla digerito la sconfitta al fotofinish del 2020, è di dieci anni più vecchio ma ha una squadra molto forte al suo servizio, la Jumbo-Visma. Potrà contare, tra gli altri, su Wout Van Aert, altro peso massimo della generazione ‘a tutta’.
In corsa la squadra più forte sarà, però, ancora una volta, la Ineos Grenadiers, che ha già vinto il Giro con Bernal, e in Francia schiera outsider di lusso. Al Tour il capitano sarà Geraint Thomas, che avrà nel tasmaniano Richie Porte, terzo lo scorso anno, lo scudiero principale. Attenzione, però, perché sarà la corsa a stabilire le gerarchie e non le parole; e se Porte metterà la sua ruota davanti a quella di Thomas, le gerarchie cambieranno in fretta. Se dunque al Giro era chiaro a tutti che il capitano fosse Bernal, in Francia sarà da vedere. È vero che Thomas ha già vinto (nel 2018), ma Porte ha corso, e vinto, un gran Delfinato. E non finisce qui, perché gli Ineos possono fare affidamento anche sul colombiano Richard Carapaz e sull’inglese Tao Geoghegan Hart, vincitori rispettivamente del Giro d’Italia 2019 e 2020.
“Contro la generazione di quelli che vanno a tutta c’è poco da fare calcoli e i computer non servono a nulla”, ha detto Vincenzo Nibali, che quest’anno, salvo imprevisti, non dovrebbe correre il Tour . E come se non bastasse, ad alzare il livello e riaccendere la rivalità con Van Aert, saranno al via anche i corridori che hanno infiammato le classifiche del Nord: Mathieu Van Der Poel e Julian Alaphilippe. L’olandese non potrà essere al top perché vuole chiaramente le Olimpiadi di Tokyo, il francese vede solo il giallo, ma difficilmente lo potrà portare fino a Parigi. Chi rimane fuori dal mazzo? Chris Froome. Voleva, e vuole, il suo personale quinto Tour, ma, dopo i difficilissimi ultimi due anni, pesantemente condizionati dal grave infortunio del 2019, sembra difficile poterlo immaginare già competitivo per la maglia gialla.
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