Un velocista che vince anche al trotto. Di Basco: “Alleno i cavalli con il cardiofrequenzimetro”
Articolo di Michele Ferrari pubblicato su BIKE Volume 6 edizione Autumn ottobre-dicembre 2021
Dalle volate a due ruote agli sprint con il sulky. È la storia di Alessio Di Basco, nato a Vecchiano, provincia di Pisa, il 18 novembre del 1964. Cresciuto nella frazione di Migliarino da genitori e nonni contadini, tra campi di angurie e meloni, Di Basco debutta nel 1988 come ciclista professionista con la divisa della Fanini. Quell’anno partecipa per la prima volta al Giro d’Italia e, nella nona tappa, da Pienza a Marina di Massa, conquista una fantastica vittoria sconfiggendo due velocisti eccezionali come Guido Bontempi e lo svizzero Urs Freuler. Nel 1990, invece, Alessio termina ultimo nel Giro d’Italia vinto da Gianni Bugno ottenendo una ‘popolarissima’, per quanto poco ambita, maglia nera. Negli anni successivi conquista anche una vittoria alla Vuelta e al Tour de Suisse.
“Il ciclismo mi ha insegnato a vivere e a conquistarmi il rispetto”, ha detto Di Basco concludendo la carriera sulle due ruote. Nel frattempo è cresciuta la passione per l’ippica: grazie al padre, infatti, Alessio si è innamorato delle corse al trotto. Una passione che è diventata poi una nuova professione, visto che è diventato allenatore di cavalli. In pochi mesi, grazie alla fiducia del proprietario e allevatore Stefano Simonelli, Di Basco ha persino conquistato, da trainer, all’ippodromo di Roma, il Gran Premio Turilli, con Amon You Sm. “Una gioia davvero immensa”, ha commentato: “La soddisfazione di vincere una delle prove più importanti del trotto italiano è paragonabile soltanto a quella di vincere una tappa al Giro d’Italia o una Milano-Sanremo”.
Il trotto è molto più di un hobby. “In questa nuova esperienza mi metto sempre in discussione”, ha assicurato Di Basco, “voglio migliorare sempre di più. Ogni giorno mi dedico moltissimo a ciascun cavallo, sono diventato davvero meticoloso e attento a ogni dettaglio”. E ancora: “Nel mio centro di allenamento ho predisposto una pista all’avanguardia, uso il cardiofrequenzimetro per interpretare gli allenamenti dei miei cavalli e sto molto attento al loro peso. Insomma, non voglio lasciare nulla al caso. È un lavoro stimolante, che mi permette di crescere a trecentosessanta gradi”.
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