
Cronaca di un giorno sulle strade del Tour: la magica confusione dell’Alpe d’Huez
Il nostro collaboratore, Federico Guido, ci racconta le emozioni del Tour de France, da bordo strada sui tornanti dell'Alpe d'Huez, teatro della sfida Pogacar-Vingegaard.
Sarà per i suoi ventuno tornanti, sarà perché a un certo punto si staglia davanti a te in tutta la sua imponenza, sarà per la moltitudine di lingue diverse che si sentono parlare quando si percorre la salita a piedi o in bici, ma associare l’Alpe d’Huez a una moderna 'Torre di Babele' è un’operazione che mi è sempre venuta abbastanza spontanea.
Lo è stato fin dalla prima volta che mi è stato possibile raggiungerla (nel 2015) e lo è stato immancabilmente anche il 14 luglio scorso, giorno che in tanti hanno cerchiato in rosso non solo perché annunciato come uno dei più duri e (potenzialmente) spettacolari dell’ultimo Tour de France ma anche, se non soprattutto, perché oltralpe era festa nazionale.
La ricorrenza, come era logico attendersi, è stata ampiamente festeggiata dal pubblico di casa che, in gran numero, ha affollato la nota salita del dipartimento dell’Isère mischiandosi, con fumogeni tricolori e fragorosi cori, a una folla quanto mai multietnica e festante. Norvegesi, olandesi, danesi (presenti in massa per inneggiare la neo-maglia gialla e futuro vincitore della Grande Boucle Jonas Vingegaard), gallesi e italiani fin dalle prime ore del mattino hanno assiepato l’ascesa chi prendendo possesso dei rispettivi tornanti, chi invece, da 'cane sciolto', cercando la migliore visuale o il miglior spiazzo per ripararsi dal sole cocente.
Già perché da mezzogiorno è stata la canigule a farla da padrone, con temperature altissime che hanno obbligato i fan a bordo strada a cercare refrigerio e idratarsi in qualunque modo pur di non finire vittime dell’arsura e perdersi così lo spettacolo di una tra le giornate più attese del Tour.
Il caldo comunque, seppur opprimente, non ha placato la voglia di festa dei tifosi che, tra musica a palla, improvvisati balli di gruppo, grigliate conviviali, discorsi tecnici e folkloristiche coreografie, hanno animato ogni metro di salita nell’attesa del passaggio dei corridori.
Questi poi, una volta attaccata la salita, non hanno potuto far altro che esser investiti da un’esplosione d’entusiasmo e venir accompagnati in cima dagli incitamenti di due poderose ali di folla che, come per miracolo, si sono sempre aperte al momento giusto per consentire il transito e l’azione dei protagonisti.
Azione come quella tentata sotto ai nostri occhi da Tadej Pogacar il quale, col suo spunto (subito annullato da un reattivo Vingegaard), ha acceso ancor di più il tifo dei presenti prima di lasciare dietro di sé un’inevitabile scia di incredulità (difficile spiegare quanto lui e lo scandinavo andassero forte) e di domande: il danese avrà contrattaccato? Lo sloveno avrà tentato un altro allungo? Chi dei due avrà perso la ruota dell’altro?
Le risposte sono arrivate in un secondo momento grazie al classico passaparola partito dai tifosi telefono-muniti che, godendo chi delle immagini, chi di una cronaca audio, si sono fatti portavoce del verdetto dato dall’Alpe innescando, mentre ancora doveva transitare la voiture-balai, la consueta sequela di reazioni e commenti.
Quelle, assieme alle immagini già diventate (indelebili) ricordi di una giornata splendida, hanno poi accompagnato la fiumana di spettatori verso le Bourg d’Oisans dove, tra i vari adieu, bye, tschuss e ciao, le strade di tanti si sono divise per ritornare verso casa e mettere definitivamente in una teca le istantanee di una giornata tanto folle e concitata quanto assolutamente memorabile.
