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Federico Guido

Da Nibali a Gilbert: quanto 'pesano' i big che hanno detto addio, tra vittorie e successi sfumati

Sarà un weekend difficile da dimenticare quello che ha visto disputarsi, a meno di 24 ore l'una dall'altra, le edizioni 2022 del Lombardia e della Parigi-Tours, corse che, oltre che per i loro vincitori, saranno ricordare per il cospicuo numero di corridori che, proprio con in occasione delle due classiche d’ottobre, hanno deciso di dire “basta” col ciclismo pedalato.

Oltre che per il numero, il contingente di uomini che in quel fine settimana ha appeso la bici al chiodo fa notizia anche, se non soprattutto, per il talento e il palmares di coloro che ne fanno parte, a partire proprio da Vincenzo Nibali. A 37 anni il siciliano dell’Astana, dopo aver messo assieme 52 vittorie fra cui due delle cinque classiche Monumento (una Milano-Sanremo e due Lombardia) in calendario e aver fatto sua la prestigiosa tripla corona conquistando Giro d’Italia (due volte), Tour de France e Vuelta Espana, ha scelto il Lombardia per concludere la sua fenomenale carriera e salutare quel pubblico che in più d’un occasione ha fatto gioire ma anche, talvolta, lasciato con un pizzico d’amaro in bocca. È questo, ad esempio, il caso delle Olimpiadi di Rio o dei Mondiali di Firenze, entrambe manifestazioni in cui le sue prestazioni sono state inficiate da cadute decisive, o della Liegi-Bastogne-Liegi 2012 che l’ha visto arrendersi solo nel finale al rientro di Maksim Iglinskij.

Nonostante queste potenziali vittorie sfumate sul più bello, lo Squalo dello Stretto verrà certamente ricordato come uno dei corridori (italiani ma non solo) più rappresentativi degli ultimi quindici anni, un’epoca in cui il messinese è entrato di prepotenza nei cuori della gente a suon di discese a rotta di collo, scatti in salita, azioni coraggiose e una generosità infinita.

Come la sua, altrettanto memorabile è stata la parabola di Alejandro Valverde il quale, al pari di Nibali, ha inscenato l’ultimo grande ballo della carriera sulle strade del Lombardia. Quarantadue anni lo scorso 25 aprile, lo spagnolo della Movistar è stato in grado di unire generazioni differenti mantenendo sempre ad un livello incredibilmente alto la sua competitività. Ciò gli ha permesso, dal 2003 ad oggi, di incamerare 133 vittorie (tra cui spiccano in particolare le 4 Liegi, le 5 Freccia-Vallone, il Mondiale su strada 2018 e la generale della Vuelta Espana 2009) e una serie infinita di piazzamenti. Dalla Spagna all’Australia, l’Embatido è riuscito a dare una zampata quasi ovunque: gli unici 'sfizi' che non è riuscito a togliersi prima del ritiro sono stati infatti l’oro ai Giochi Olimpici (proprio come Nibali), la Vuelta Asturias (unica corsa a tappe spagnola di una certa tradizione su cui non è riuscito a mettere le mani) e la maglia rosa al Giro d’Italia (accarezzata da vicino nel 2016).

Il simbolo del capoclassifica nella corsa Gazzetta è sfuggito anche a Philippe Gilbert, altro grande nome che ha deciso di smettere col ciclismo. A differenza di Nibali e Valverde, il belga ha preferito far calare il sipario sul suo percorso tra i professionisti alla Parigi-Tours, classica che in passato è riuscito a mettere in bacheca al fianco, fra le altre, della maglia gialla del Tour, della maglia roja della Vuelta, di quella iridata di Campione del Mondo e di quattro classiche Monumento come Liegi, Parigi-Roubaix, Giro delle Fiandre e Lombardia (due volte). L’unica in cui il classe 1982 di Verviers non si è mai imposto è stata la Milano-Sanremo, manifestazione che, se vinta, gli avrebbe permesso di eguagliare i connazionali Eddy Merckx, Roger De Vlaeminck e Rik Van Looy come unici capaci di trionfare in tutte e cinque le Monumento.

Si è fermato invece a due 'sole' Monumento in carriera Niki Terpstra, vincitore del Fiandre 2018, dell’Inferno del Nord 2014 e considerato fra i migliori interpreti delle gare di un giorno durante il suo trascorso alla Quick Step tra il 2011 e il 2018. Come Gilbert, anche l’olandese ha svolto la sua ultima recita agonistica nella classica francese, corsa che poi, oltre a loro, ha visto per l’ultima volta spillarsi il numero sulla schiena anche l’olandese Sebastian Langeveld (vincitore di sette corse in carriera e piazzato più volte nelle gare di un giorno al nord), il belga Dimitri Claeys (primo alla 4 Giorni di Dunkerque 2018) e, a soli 24 anni, pure il norvegese Morten Hulgaard.

Il giorno prima invece al Lombardia, assieme a Nibali e Valverde, è toccato a Mikel Nieve (vincitore di tappe alla Vuelta e al Giro) e a Tanel Kangert (per anni uomo di fatica e fiducia dello Squalo in Astana) cimentarsi nelle ultime pedalate tra i pro e far lievitare così ulteriormente il numero di corridori che, dopo anni da protagonisti, nel 2023 non avremo più la fortuna di ammirare in gruppo.

Philippe Gilbert al Giro delle Fiandre vinto nel 2017 (Shutterstock)