Mattia Viel: rinascere fuori strada
Articolo tratto da BIKE Volume 10, edizione Autumn ottobre-dicembre 2022
Dalla strada al gravel per ripartire. Mattia Viel, cresciuto a Gassino Torinese, ha seguito il classico percorso per diventare pro, passando dalla pista (nel quartetto dell’inseguimento dal 2012 al 2017) alla strada, dove si è messo in luce all’Androni Giocattoli di Gianni Savio. Poliglotta (parla inglese e francese, spagnolo e tedesco) e con alle spalle un’esperienza in Francia nelle giovanili dell’Ag2r (frequentando in contemporanea l’Università di Chambery), Viel si è ritrovato, a fine 2021, senza contratto. Circostanza che, a 27 anni, l’ha portato a voltare pagina.
Come hai vissuto quest’uscita di scena forzata?
Con rammarico. In molti, io in primis, si aspettavano di più a livello di risultati. Ma se qualcosa è andato storto non c’è da incolpare nessuno. È inutile restare ancorati al passato e a ciò che non si può cambiare. Così mi sono buttato su una nuova idea. Il ciclismo è stato mio alleato, mi ha tenuto per mano fin da quando ero piccolo, forgiandomi come uomo e atleta. È giusto restituire qualcosa, ora che ne ho l’opportunità.
Qual è il tuo ricordo più bello da professionista?
La Milano-Sanremo del 2021: convocato all’ultimo e non in condizione super, sono entrato nella fuga di giornata e me la sono goduta. Da bambino guardavo la corsa sul divano di casa e vent’anni dopo ero lì davanti in mondovisione. È stato un onore e una grande emozione. Spiace non averne potuta correre un’altra perché sarei stato ancora protagonista.
C’è qualcosa che non va nel sistema?
Il problema principale è di natura economica. In Italia mancano sponsor importanti: con più investitori ci sarebbero più squadre e posti di lavoro. Oltre alle squadre, poi, manca una progettualità diversa, come in Belgio e Francia. Ma il vero ostacolo è l’assenza di fiducia, anche perché i governi non incentivano le aziende a investire nello sport.
Come è maturata l’idea del gravel?
Speravo di rinnovare, ma nel 2021 ho avuto un calendario discontinuo. In autunno, quando ho realizzato che sarei rimasto senza squadra, sono andato in Sudafrica per pedalare in luoghi incontaminati e ho iniziato a leggere articoli sul gravel, che è un punto di incontro fra strada e mountain bike. In Europa sembrava solo una moda, ma oggi cresce in modo esponenziale. Così ho pensato che potesse essere un’occasione: mi sono fatto promotore di questo mondo come testimonial e tester, con ottimi riscontri da parecchi sponsor.
Qual è la filosofia alla base?
Pedalare in libertà, vivendo la bicinel modo più bello, senza guardare numeri e tabelle, senza essere sottoposti a giudizi né a diete. Ci sono anche meno rischi, perché non sei n mezzo al traffico, ma a contatto con la natura e hai la possibilità di fare viaggi-avventura. Anch’io ho riapprezzato la bici senza dover contare chilometri e altimetrie… e poi, quello del gravel, è un ambiente inclusivo
Quali adesso i tuoi progetti?
Siamo partiti con la Erratico Gravel (Erraticogravel.it) nel Canavese: un’idea nata insieme a un piccolo gruppo di appassionati, per valorizzare un territorio splendido. Si è svolta il primo fine settimana di ottobre, con partenza di domenica dal velodromo di San Francesco al Campo e tre percorsi per tutti i gusti: quello più semplice dedicato alle famiglie e, per chi invece ha la vena agonistica, due settori cronometrati e classifiche annesse. Alla vigilia divertimento con street food, musica e un’area expo e la possibilità di dormire in tenda nel velodromo. Ci piacerebbe, per i prossimi anni, visto che siamo a cinque minuti dall’aeroporto, dare un respiro internazionale all’evento che, per essere stata un’edizione ‘zero’, ha comunque trovato il supporto di realtà importanti da Alè a Cipollini, da Dmt a Deda e Brico fino, come main sponsor, a Banca Reale.