Richeze saluta alla Vuelta a San Juan davanti a famiglia e tifosi: "Era destino"
La Vuelta a San Juan è l’ultima corsa di Maximiliano Richeze. Il velocista argentino, che il prossimo 7 marzo compirà 40 anni, chiuderà la sua carriera sulle strade di casa. L’idea era quella di proseguire per un’altra stagione ma in quest’intervista che ci ha concesso all'autodromo di Villicum, prima della partenza della terza tappa (dove ha chiuso secondo alle spalle di Quinn Simmons), ha confessato: “Dovevo smettere dopo il Giro d’Italia dello scorso anno, ma Mark (Cavendish ndr) mi ha chiamato e mi ha chiesto di continuare, infatti mi aveva portato con lui alla B&B Hotels - Ktm, poi come tutti sappiamo è saltata la squadra, ma siamo sempre rimasti in contatto. Cavendish ha poi firmato con l’Astana Qazaqstan ma non mi ha più portato con lui".
"Quando ho visto che per due volte le cose non hanno funzionato - prosegue Richeze - ho deciso di appendere la bici al chiodo dopo la Vuelta a San Juan. Nel mio paese. Evidentemente questo era il mio destino. Ho il cuore in pace perché ho fatto tanto e non posso chiedere niente di più a questo meraviglioso sport. Sono molto emozionato di chiudere qui la mia carriera, davanti alla mia famiglia e ai miei tifosi che mi hanno sempre seguito e con la maglia della Nazionale che per me rappresenta qualcosa di speciale. Sto cercando di vivere ogni momento al massimo”.
Max, qual è stato il momento più bello della tua carriera?
Ce ne sono stati tanti. Le vittorie sono tutte importanti, sia quelle personali che quelle con la squadra. La maglia gialla al Tour con Gaviria, per come l’abbiamo preparata e per la sua giovane età, il Tour de France con Alaphilippe per tanti giorni in maglia gialla sono state delle grandi soddisfazioni. Tra le mie vittorie ne ricordo due in particolar modo, quella in Svizzera davanti a Sagan in maglia iridata e poi quando qui in Argentina ho vinto davanti alla mia gente.
Sei stato un prezioso uomo squadra, ma sei stato in grado anche di ottenere qualche soddisfazione personale. Che cos’è più gratificante: aiutare i compagni a vincere oppure ottenere un successo personale?
Tutte e due. Quando vincevo io c’era quel qualcosa in più. Ho avuto le mie opportunità e sono stato d’aiuto per i miei compagni, con i miei capitani ho sempre avuto un grande rapporto e le loro vittorie le sentivo anche mie. Sono molto soddisfatto della mia carriera.
Il momento più complicato invece?
Non ho avuto momenti bruttissimi, forse dopo il Covid-19 quando sono stato in ospedale. Tutto il 2020 ho avuto dei problemi respiratori che mi porto dietro tutt’ora.
Che cosa ti rimane di tutti questi anni di ciclismo?
Gli amici, li porterò sempre nel cuore. Per me sono stati come una seconda famiglia e per tanti anni ho passato più tempo con loro che con i miei familiari. Ho molti amici in giro per il mondo e so di poter contare sempre su di loro.
A chi sei più legato?
Con Fernando Gaviria ho un rapporto davvero speciale anche al di fuori del ciclismo.
Cosa ti ha insegnato il ciclismo?
Tutto nella vita: il rispetto, il sacrificio e a non mollare mai. Le cose non arrivano da un giorno all’altro ma dopo anni di duro lavoro. Il ciclismo, se fai le cose fatte bene, ti ripaga sempre.
Com’è cambiato il ciclismo in tutti questi anni?
È cambiato tantissimo. Non voglio criticare i giovani di oggi ma posso dire che non vedo più rispetto in gruppo e questo secondo me è un aspetto fondamentale. Poi è cambiato il livello in corsa: oggi, già a 19/20 anni, i ragazzi vanno fortissimo e penso che le carriere saranno più brevi, quindi fanno bene a sfruttare i loro anni migliori.
C’è un consiglio che vorresti dare ai giovani che si avvicinano a questo sport?
Non mollate mai, abbiate costanza e continuate a inseguire i vostri sogni! Per noi sudamericani non è facile approdare nel professionismo ma con la giusta dedizione tutto è possibile.
Consiglieresti a tua figlia la vita che hai fatto tu?
Sinceramente no. Se però vorrà correre in bici io sarò al suo fianco.
Se non fossi stato un ciclista, saresti stato…
Mi piacciono molto le macchine da corsa e quindi probabilmente un pilota.
Cosa c’è nel futuro di Maximiliano Richeze?
Lavorerò con le mie aziende di famiglia che abbiamo qui a San Juan e a Buenos Aires. Insieme a mia moglie e a mio fratello produciamo uva passita e uva da tavola, a Buenos Aires invece abbiamo un negozio di bici all’ingrosso e quindi darò una mano anche lì. Il mio sogno più grande è quello di poter fare qualcosa qui a San Juan con i bambini sfruttando il nostro velodromo (che ospiterà i Mondiali su pista del 2025 ndr) continuando a lavorare per il futuro del ciclismo argentino.
C’è qualcuno che vorresti ringraziare in particolar modo?
Tantissime persone, sarebbe una lista troppo lunga. Soprattutto la mia famiglia per essere stati sempre al mio fianco, Sandro Callari, il mio allenatore, che mi ha aiutato nei momenti più difficili anche al di fuori della bicicletta e Mirko Rossato per avermi portato a correre in Italia.
(Foto: Sprintcycling)