Casa, cucina e fuoristrada. Peter Sagan si racconta a Bike Channel
Il 19 gennaio 2010 Peter Sagan debuttava tra i professionisti con la maglia della Liquigas, una settimana prima di compiere vent’anni. Alla Vuelta a San Juan, la corsa argentina “donde todo empieza” (da cui tutto inizia), la sera del giorno di riposo, il campione slovacco ha fatto esplodere la notizia bomba. Sul calar del giorno, peraltro quello del suo 33esimo compleanno (il 26 gennaio), circondato dai “suoi” uomini più fidati (tra cui Gabriele Uboldi e Giovanni Lombardi, i suoi due punti di riferimento) Sagan ha spiegato di voler dedicare più tempo al figlio Marlon, che ha cinque anni e si è potuto godere poco il papà costretto a viaggiare tanto per lavoro, e tornare a divertirsi (e divertirci) con il suo primo amore: la mountain-bike.
“Ho iniziato con la mtb seguendo mio fratello poi dopo due anni ho cominciato anche su strada”. Il tre volte campione del mondo ha deciso di chiudere la sua avventura nel mondo delle due ruote come l’aveva cominciata a 9 anni: nel fuoristrada, puntando fin da ora ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 nel cross country. “Il momento è arrivato. Fin da quando avevo 20 anni ho sempre pensato che mi sarei ritirato intorno ai 30, anche se ritiro non è la parola giusta per quello che mi aspetta" ha affermato Sagan "Continuerò ad essere presente nel mondo del ciclismo, solo in modo diverso. Magari l’anno prossimo tornerò qui in Argentina con la maglia della Nazionale Slovacca. Ho voluto dare questa notizia alla prima corsa dell’anno perché è giusto che i tifosi sappiano le mie intenzioni. Continuerò a essere tra di voi e a divertirmi con la bicicletta. Gli ultimi due anni sono stati difficili per me, ma non ho preso questa decisione per questo e anche se nel frattempo dovessi vincere, non cambierò idea. Non è per una questione di prestazione, ma dipende da ciò che voglio per me. Nella mia vita il ciclismo non è tutto. Il mio sogno nel cassetto? Avere una vita tranquilla, vivere bene e crescere mio figlio”.
Peter Sagan ha voglia di concentrarsi anche su altro e quando gli chiediamo quale sia la sua paura più grande risponde: “Perdere le persone che amo”. A conferma della sensibilità di un campione di questo sport che da ora vorrebbe essere un po’ più Peter e meno Sagan. Dal 2021 veste i colori del team TotalEnergies ma ricorda ancora quello che forse è il rimprovero più duro che gli abbiano fatto. “Quando sono passato professionista il primo anno con la Liquigas, ero un ragazzo di 19 anni e in ritiro in Toscana con la squadra a colazione mangiavo il pane, le brioche e il cappuccino. Per me era una normale colazione prima di allenamento. Lo staff continuava a guardarmi fino al giorno in cui mi hanno tolto queste cose. Non mi hanno mai sgridato però mi hanno detto di evitare di mangiare queste cose”.
Con le sue imprese ha cambiato quella che da sempre è l’immagine un po’ retorica del ciclismo: sport fatto solo di fatica, sacrifico e sofferenza. Peter l’ha portata un po’ più in là, con la giusta dose di divertimento e allegria, diventando di fatto ispirazione per molti. Insomma: sacrificio e fatica sì ma spensieratezza, piacere e divertimento. Anche se, occhio a fargli aspettare qualcosa o qualcuno, perché è il miglior modo per fargli perdere la pazienza.
In tredici anni di carriera nella massima categoria è riuscito a stravolgere la frontiera della bicicletta fino a diventare il Sagan che tutti conosciamo: “Di tutti questi anni mi restano tanti ricordi” ha detto Peter ai microfoni di BIKE Channel. E poi aggiunge: “È stata un’esperienza di vita, una scuola, il ciclismo mi ha dato tanto e mi ha insegnato la disciplina. Ci sono stati momenti felici e altri che lo sono stati meno. La maggioranza sono comunque e fortunatamente positivi. Se ripenso al Peter bambino gli direi di ricordarsi da dove è venuto e di continuare a fare le cose a modo suo. Io ho cominciato a correre in Slovacchia e oggi a casa torno poco, solo per i Campionati Nazionali, a Natale e una settimana a fine stagione. La mia vita, rispetto a tredici anni fa, non è cambiata più di tanto: devo sempre essere in forma e allenarmi. Nel contempo è cambiata sì con la nascita di mio figlio Marlon. Da quando sono papà, ho molte più responsabilità ed è questo il regalo più bello che la vita potesse riservarmi”.
Vita di casa e Slovacchia, se ne ricorda anche quando gli chiediamo com’è il Peter casalingo: “Se mi piace cucinare? Se ho il tempo e gli ingredienti sì, ma il mio punto debole è fare la spesa. Ammetto di non avere un piatto preferito perché non mi piace mangiare sempre la stessa cosa. Quando sono in Slovacchia mangio perkelt, che sono tipo degli gnocchi con sugo di pollo e paprika dolce, e hulusky, che sono sempre una sorta di gnocchi con formaggio tipico e pancetta grigliata. Cosa non deve mai mancare nel mio frigo? Bella domanda, è sempre vuoto”.
Tornando al ciclismo e alla domanda se si riconosce in quello di oggi, la risposta sembra avere un’accezione totalmente positiva: “Il ciclismo in questi anni è cambiato tantissimo. È diverso il modo di correre in gruppo e i materiali si sono sviluppati. Il livello in gruppo si è alzato molto, prima quelli che andavano forte erano i leader delle squadre, oggi interi team vanno forte”.
Nel corso della sua carriera Peter ha vinto di tutto (121 le vittorie ad oggi) tra cui tre Campionati del Mondo consecutivi (Richmond 2015, Doha 2016 e Bergen 2017). “Tutti e tre i Mondiali sono speciali, senza il primo non c’è il secondo e senza il secondo non c’è il terzo. Tutti e tre hanno la stessa emozione. La gara più bella del mondo? Quella che vinci (dice ridendo ma poi specifica, ndr) sicuramente il Mondiale”. Ci sono poi il Giro delle Fiandre nel 2016, dodici tappe vinte al Tour de France e diciassette al Giro di California e la Parigi-Roubaix del 2018, giusto per citare altri successi. È l’unico a vincere dal 2010 almeno una corsa World Tour per ogni stagione. Sono dei risultati incredibili, dei traguardi resi quasi facili e naturali dal Sagan sereno a cui siamo sempre stati abituati.
Come ultima domanda gli chiediamo se ricorda tutte le gare che ha vinto. Lui sorride: “Assolutamente no, ma se dovessi riguardare i video mi tornerebbero in mente tutte le emozioni”. Non ha una strada su cui preferisce pedalare perché "non mi piace pedalare sempre nello stesso posto”. Conferma sia così anche quando è ora di scegliere il posto per le vacanze. Gli piace cambiare anche se “nel ciclismo invece il mio posto preferito per l’altura è andare nello Utah”. Un ragazzo mai scontato né banale. Un riferimento inimitabile in gruppo, anche a 33 anni compiuti. “Cosa direi ai giovani di oggi che si vogliono avvicinare al ciclismo? Buona fortuna, niente di più”.