Tour de France, intervista a Rui Costa
29 settembre 2013, Firenze: sul rettilineo di Viale Paoli reso umido dalla pioggia caduta copiosa nella seconda parte di gara, Rui Alberto Faria da Costa (noto più semplicemente a tutti come Rui Costa) brucia allo sprint Joaquim Rodriguez e Alejandro Valverde laureandosi a 27 anni campione del mondo su strada. Flash forward, 29 giugno 2024: praticamente 11 anni dopo, nella stessa città (ma a 6 chilometri più a ovest), il quasi trentottenne di Povoa de Varzim riabbraccia il capoluogo toscano per prendere parte al dodicesimo Tour de France della sua carriera, il primo con la maglia della EF-Education Easypost.
È davvero curioso come il destino abbia voluto che la presenza a Firenze di Rui Costa sia legata solo a eventi di primissimo livello e come, quindi, la sua immagine della città sia intrisa e continui ad arricchirsi esclusivamente di dolci ricordi. Ricordi che, nonostante il pensiero della corsa più importante al mondo possa essere predominante, il neocampione nazionale portoghese riesce a rievocare nitidamente e col sorriso anche a pochi istanti dal via della Grande Boucle 2024.
“Già da tempo pensavo a come sarebbe stato tornare qui proprio per il fatto di aver vinto a Firenze il Mondiale. Conservo sempre bei ricordi di quel giorno” ci dice Rui trovando riparo dal caldo sotto il tendone del bus della sua squadra.
“Il primo è quello della maglia iridata sul mio corpo. In generale sono davvero bei ricordi, quello probabilmente è stato il momento più importante della mia vita e per questo non potrò mai dimenticarmi di Firenze: è un posto che ho nel cuore, quello in cui ho vinto l’oro, è un luogo che mi fa sgranare gli occhi, bellissimo”.
Parole veramente al miele per una città tra le più incantevoli di una nazione, l’Italia, a cui Rui in generale deve molto.
“Ho un buonissimo rapporto con il vostro Paese. Per me gli anni spesi in Lampre e poi con lo stesso gruppo che è passato in UAE sono stati molto importanti e molto felici. Ho fatto bellissime amicizie, ho corso in ottime formazioni, ho lavorato con tanta gente italiana, grandissime persone…loro mi hanno davvero dato tanto e io ho imparato allo stesso modo molto da loro”.
Anche grazie a quest’esperienza, l’iridato 2013 è potuto crescere e maturare come uomo e come corridore negli ultimi 11 anni, un arco di tempo piuttosto lungo in cui Rui ha dovuto assimilare parecchi cambiamenti.
“Ho appreso tante cose, soprattutto ho visto che tanto è cambiato nel ciclismo degli ultimi anni. Quello moderno infatti è un ciclismo dove si va a tutta ogni giorno per cui, avendo corso e vissuto l’ambiente dal 2009 fino a oggi, è davvero significativo per me essere ancora qui presente in gruppo e avere ancora gambe che rispondono bene”.
Una cosa che non cambia però è ciò che a Rui tutt’oggi piace più di ogni cosa dell’Italia, ovvero “ciò che si mangia”.
E Firenze, si sa, anche da questo punto può regalare grandi soddisfazioni.