Piganzoli: "Più vicino ai migliori"
Serenità e consapevolezza miscelate a una buona dose di determinazione. È questo ciò che traspare dalle parole di Davide Piganzoli, giovane corridore valtellinese del Team Polti-Kometa considerato al giorno d’oggi uno dei prospetti più promettenti del ciclismo italiano.
Guadagnatosi le luci della ribalta nel finale di stagione grazie all’inatteso 3º posto al Giro dell’Emilia, “Piga” ha confermato (anche) nell’ultimo mese di gare tutti i progressi fatti durante un anno che, avendo concluso in top 20 tutte le corse a tappe disputate, non può non dargli un’altra importante dose di fiducia per crescere ulteriormente e “spingerlo” con ancor più forza verso l’élite del pedale internazionale. In questo complesso cammino, iniziato anni fa nel Pedale Morbegnese e proseguito alla Scuola Ciclismo Trevigliese di Bergamo, sono ancora tanti i passi da fare ma, col supporto di una struttura come quella che il classe 2002 ha alle spalle, ha tutto per alzare il proprio rendimento e stupire tifosi e addetti con ancor più continuità.
Sui passi in avanti compiuti e su quelli ancora da compiere, oltre che su Pogacar, il momento del ciclismo italiano e il rapporto con il suo Team Manager Ivan Basso, abbiamo interpellato direttamente l’ultimo vincitore del Tour of Antalya in una piovosa mattina di ottobre.
Dopo l’Emilia hai detto “spero che Ivan mi dica qualcosa di bello”: è accaduto? In generale che rapporto hai con lui?
“Dopo l’Emilia Ivan mi ha fatto i complimenti. Sono molto felice di quella prestazione perché nessuno in squadra, me compreso, se l'aspettava ma, si sa, il duro lavoro paga sempre. In generale con Ivan c'è un rapporto bellissimo perché lui parla poco di sé stesso, però quando può mi dà gli stessi consigli che ha ricevuto da corridore e ciò mi dà sicuramente molta motivazione e ancor più voglia di lavorare per cercare di arrivare dove è arrivato lui”.
Gli altri direttori sportivi invece? Cosa ti hanno ripetuto più spesso quest’anno?
“Di correre un pochino più avanti in gruppo perché faccio ancora un po’ fatica a farlo. All’Emilia ero inizialmente rimasto fuori dal drappello di 20 corridori che a un certo punto si è avvantaggiato, però, a differenza degli altri anni, non mi sono fatto prendere dal panico e mi son detto: ok, accettiamo la situazione, cerchiamo di recuperare e poi vediamo di tornare davanti”.
Proprio un tuo ds (Ellena), qualche tempo fa, parlando di te ha detto che “dal punto di vista atletico devi ancora crescere ma i passi sono quelli giusti”. Da questo punto di vista, nel concreto, che tipo di lavoro stai/state facendo?
“Di sicuro sono ancora molto acerbo fisicamente e, da quel punto di vista, penso di avere davanti a me ancora un paio d'anni per crescere e migliorare. In vista della nuova stagione, dopo un periodo di pausa, ricominceròcon la palestra (che adesso ho dovuto per forza di cose abbandonare un poco) e cercherò di strutturarmi ancora meglio”.
Hai seguito accorgimenti particolari sull’alimentazione quest’anno?
“In squadra abbiamo dei nutrizionisti molto validi che penso ci facciano mangiare il giusto e recuperare in base a quello che perdiamo e bruciamo veramente. Questo è un passo in avanti rispetto all'anno scorso e direi che, dato che mi sento più forte e recupero meglio, stiamo lavorando bene da questo punto di vista”.
Cosa possiamo aspettarci quindi e cosa ti aspetti tu da te stesso per l’anno prossimo?
“Vedendo il salto che ho fatto dallo scorso a quest’anno, mi aspetto di crescere ancora e, anche se so che il livello si alzerà come succede ogni stagione, spero di essere ancora un po’ più spesso davanti con i migliori. In ogni caso cercherò in prima persona di dare il massimo per migliorarmi”.
Il terzo posto all’Emilia potrebbe aprire a valutazioni anche su determinati tipi di classiche? È reale pensare di vederti davanti a una Freccia o una Liegi in futuro? Ti piacerebbe?
“Sicuramente. Diciamo che, come ho detto prima, il 3° posto all’Emilia è stato un po' inaspettato quindi sto ancora facendo un po’ di fatica a realizzare quello che ho fatto. Essendo a fine a stagione però c’è il tempo e tutto l'inverno per metabolizzarlo. L'Emilia si sa che è una gara che viene fuori sempre dura e in cui alla fine davanti ci sono sempre gli scalatori più forti. Indubbiamente è stata una bella cosa essere nel vivo della corsa e, come ho detto prima, questo darà tanta motivazione per lavorare meglio il prossimo inverno perché i ricordi e la memoria di questi momenti te li porti dietro nei mesi a venire. Per questo è importante finire bene la stagione”.
Considerato come sei andato sul San Luca, non posso non chiederti quale sia il tuo rapporto col freddo?
“È strano perché, a dire il vero, lo soffro abbastanza. Per dire, la mia ragazza abita all’Aprica, quindi ogni volta, quando sono da lei, per allenarmi devo partire in discesa e d’inverno faccio veramente tanta fatica. È sempre piuttosto...traumatico fare un quarto d'ora di discesa con due gradi. Io ad ogni modo cerco sempre di coprirmi bene. Anche all'Emilia son partito molto coperto, poi mi sono spogliato nel finale pensando venisse fuori il bel tempo, cosa che però non è successa visto che poi, anche negli ultimi chilometri, abbiamo preso acqua. Tuttavia, nell'ultima ora di gara entrano in gioco anche altri fattori e così finisci per sentire meno il freddo”.
In tv e leggendo qua e là c’è grande pessimismo sulla sopravvivenza delle squadre e della categoria Under 23 che forse scomparirà anche perché sempre più ragazzi vanno nelle Devo. Tu come vedi questa situazione?
“Quando c'ero io le Devo erano poche e il movimento Under 23 era molto importante. Ora, invece, ci sono molte più Devo che fanno poche gare U23 e più corse con i professionisti con il risultato che il loro livello si è alzato molto. Le squadre italiane da questo punto di vista mi sembrano facciano molta fatica a disputare gare con i professionisti e andare a competere all'estero, per cui credo ci sia molta disparità, molta differenza tra le squadre e questo spiega anche perché i giovani preferiscano sempre più le Devo”.
Hai la percezione, assieme a Pellizzari, De Pretto, Busatto, di essere attesi come coloro che possono risollevare il movimento o questa cosa non ti tocca?
“Sinceramente la pressione non la sento, ma perché io sono fatto così. Anche dopo un terzo posto all’Emilia non parto con la pressione addosso perché so che ho lavorato bene, ho fatto quel che dovevo fare e ciò che otterrò sarà semplicemente il frutto del lavoro che ho svolto in precedenza. Essere visti come coloro che possono risollevare il ciclismo italiano può rappresentare una motivazione extra per cercare di dare ancora di più il massimo ma sicuramente non è un peso”.
Cosa si prova a trovarsi Pogacar a fianco o davanti a tutti in gruppo? C’è soggezione o semplice rispetto? Hai avuto modo di parlarci?
“Sì, ho avuto modo di parlarci e devo dire che alla fine è una persona come le altre. È un ragazzo davvero molto buono e, nonostante sia il più forte al mondo, se non il più forte degli ultimi 15-20 anni, è una persona così alla mano che ci puoi tranquillamente scherzare e parlare. In gruppo, anche se spesso non lo vediamo perché è il più forte e ci precede sempre, con lui c'è molto rispetto. Soggezione, comunque no”.
Qual è oggi la tua miglior qualità come corridore e come persona?
“Come corridore penso di essere abbastanza generoso, non ho problemi se un giorno devo mettermi ad aiutare un mio compagno di squadra. Allo stesso modo poi, come uomo, penso di essere una persona disponibile che non ha problemi ad andare d'accordo con tutti”.
L’offseason è alle porte ormai quindi volevo chiederti se c'è un piatto o qualcosa a cui non puoi rinunciare d'inverno.
“Nelle tre settimane di vacanza ci toglieremo qualche sfizio. Cercheremo di non guardare troppo l'alimentazione perché alla fine per undici mesi all'anno, da quel punto di vista, siamo il più attenti possibili. Quindi abitando in Valtellina sicuramente un paio di piatti di pizzoccheri non me li toglierà nessuno”.
(Photo credits: Federico Guido e Sprint Cycling Agency)