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Il saluto a Michele Scarponi
Un applauso scrosciante, il campo sportivo gremito di folla, i fiori coi colori della sua maglia portati da Fabio Aru a precedere la bara. Il funerale di Michele Scarponi a Filottrano è stato un momento di partecipazione straordinaria, con tutti i suoi concittadini, tanti campioni del presente e del passato, tanti amici e appassionati di ciclismo, che hanno voluto accompagnarlo in questo ultimo chilometro. L'ultimo viaggio di uno dei corridori più amati del gruppo.
Non ci si abitua a una tragedia del genere, non la si può digerire, forse solo la figura scanzonata proprio di Michele Scarponi sarebbe stata in grado di uscirne col sorriso. Quel sorriso che aleggerà sul gruppo per tutte le corse e le pedalate che verranno, dalla Liegi di domenica che Alejandro Valverde ha voluto dedicare in lacrime al corridore marchigiano, sino all'imminente Giro d'Italia.
Al suo funerale hanno partecipato in migliaia, tra loro si scorgevano Peter Sagan, Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Gilberto Simoni, Ivan Basso, compagni e rivali che hanno condiviso le strade con Michele. Nelle parole del commissario tecnico della Nazionale Davide Cassani e del fratello Marco Scarponi si leggono l'affetto e l'amore che Scarponi ha saputo raccogliere intorno a se'. Il ricordo migliore di un grande uomo, prima ancora che di un grande ciclista.
Le parole di Davide Cassani
"Ciao Capitano. Ieri sono venuto a trovarti, e ho visto che c'era quella maglia di campione italiano che hai vinto nel '97 quando eri un ragazzino, e grazie a quella vittoria hai avuto l'onore di vestire la tua prima maglia azzurra a San Sebastian, ha vinto un tuo compagno di squadra. Poi sei passato professionista, hai vinto una corsa ma la cosa importante è che ti sei messo subito al servizio del tuo capitano, Cipollini.
Quando hai vinto la Tirreno-Adriatico eri felice, avevi vinto sulle tue strade, finalmente eri tra i più forti. Hai vinto anche a casa mia, a Faenza. Mi ricordo ancora la tua rimonta incredibile alla Milano-Sanremo quando sei caduto, nel 2011. Hai vinto un Giro anche se non lo sentivi tuo. Sei sempre stato un capitano. Con Nibali hai avuto tante sfide, e poi sei diventato il suo gregario. La gente non lo sa che essere un gregario è un privilegio, e te lo dice uno che l'ha fatto per una vita: è bello quando ti metti al servizio degli altri. Ma la cosa incredibile è che sei morto da capitano, perchè lo sei sempre stato.
Io nel mio computer ho due filmati, Cipollini a Zolder per dimostrare la forza della squadra, e tu che metti piede a terra per aspettare Nibali dopo il Colle dell'Agnello, e aiutandolo hai staccato Valverde e fatto vincere il Giro a Vincenzo. Valverde non è mai stato tuo compagno di squadra, ma l'altro giorno ti ha dedicato la Liegi, anche se gli hai fatto perdere il Giro. Qua ci sono tutti, anche Sagan, ma non perchè è campione del mondo, perchè è uno del gruppo.
Io e te venerdì abbiamo iniziato un discorso: ti sei agganciato alla mia portiera e mi hai chiesto "Cassa, per quanto devo correre ancora?" e io ti ho detto che avrei avuto bisogno di te ai mondiali dell'anno prossimo a Innsbruck. Ti sei messo a ridere, era quasi un sì. Io ti saluto come uno del gruppo: abbiamo perso uno della nostra famiglia. Hai avuto come arma vincente il sorriso, hai sempre sdrammatizzato anche nelle sconfitte. Sei e resterai sempre il nostro Capitano. E, per quel discorso di venerdì, io oggi ti porto la maglia azzurra, ma non è un regalo, è un riconoscimento per tutto quello che hai fatto, e al Campionato del Mondo dell'anno prossimo sarai uno dei nostri. Ieri mi ha chiamato Eddy Merckx per farmi le condoglianze. Tu non hai vinto come lui, ma per generosità, personalità, attaccamento al lavoro e alla famiglia, sei stato come Eddy Merckx".
Il ricordo di Marco Scarponi
"Non sono riuscito a scrivere niente in questi giorni per ricordare mio fratello, non ho fatto interviste ne' altro. Però una volta ho fatto un articolo su un giornale locale, quattro anni fa, quando era appena passato all'Astana. Lo voglio leggere un attimo, giusto per ricordarlo:
Mi piace spesso pensare che nelle gambe di mio fratello non ci siano solo i duri allenamenti, nelle gambe di mio fratello c'è dell’altro, formato forse da un invisibile un per cento, che però è di straordinaria importanza quando si trova solo, senza più forze a quasi 2000 metri di altezza, senza più vegetazione attorno e senza nessun amico accanto che non si chiami freddo, neve o pioggia. Questo un per cento che a quel punto si trasferisce dalle gambe agli occhi di questo eroe ed è chiaramente visibile da milioni di telespettatori, si chiama Storia. Storia con la S maiuscola, perchè a quel punto non siete più di fronte alla singola storia di un uomo, in questo caso del mio fratellino magrolino e dal volto segnato dalla fatica, ma siete dinnanzi a una lunga e inarrestabile storia collettiva che in quell’istante si manifesta in tutta la sua forza e ci commuove, ci esalta, ci fa innamorare del ciclismo, dei suoi protagonisti e anche di noi.
La storia collettiva di cui il ciclista Michele Scarponi è portabandiera è inevitabilmente la storia della sua famiglia e di questa terra, una storia contadina. Negli occhi di mio fratello è visibile un canto, qualcosa che si sente, di sofferenza e giustizia. Che io posso raccontare solo a partire dalla vita di nonno Marino e nonno Armando, che hanno visto la guerra, hanno ricominciato e hanno creduto in una redenzione, in un riscossa nella terra, nel lavoro. Immortali contadini. Una storia fatta poi di donne, donne lottatrici che ce l'hanno fatta, donne sempre pari anche senza diritti che rinunciano per la casa, i figli e il marito alla loro vita. Donne madri di future donne libere, nonna Elia, nonna Arduina, mamma Flavia. Un'altra storia collettiva.
Gambe, gambe che si sono nutrite di catechismo, di feste, di carnevali, quando ancora ci si riuniva mesi prima per fare i carri, feste dell'uva, interminabili ore e merende nella scuola elementare di Sant’Ignazio, di fughe in bicicletta fino al bar per un ghiacciolo da duecento lire prese dal portafoglio di nonno Marino mentre faceva il suo riposino pomeridiano. Gambe, che hanno cantato pasquelle e passioni per anni. Gambe e organetti. Gambe e pranzi di comunione in casa, gambe e vecchie scuole medie, gambe e futuro, lungo lontano, prospero.
Gambe che si sono riempite, gambe ricettive, gambe sane, gambe che una volta incontrato un buio si sono inginocchiate e smarrite, per rialzarsi più forti di prima. Gambe che raccontano la propria vita la propria storia ai bambini, perchè mio fratello andava anche nelle scuole a raccontare la propria storia. Gambe che non dimenticano. Ora (questo era un articolo di quattro anni fa, finiva così...) sedetevi comodi sul vostro divano, aspettate fino ad Aprile, collegatevi all’ennesima edizione della mitica e contadina Liegi-Bastogne-Liegi, la classica più vecchia e bella del mondo, cercate mio fratello con la nuova maglia dell'Astana. E' facile, di solito è tra i primi, è facile riconoscerlo. Guardate le sue gambe poi i suoi occhi e ditemi quale canto perduto vi è parso di sentire.
Ciao Michele. Ciao Michele".
Non ci si abitua a una tragedia del genere, non la si può digerire, forse solo la figura scanzonata proprio di Michele Scarponi sarebbe stata in grado di uscirne col sorriso. Quel sorriso che aleggerà sul gruppo per tutte le corse e le pedalate che verranno, dalla Liegi di domenica che Alejandro Valverde ha voluto dedicare in lacrime al corridore marchigiano, sino all'imminente Giro d'Italia.
Al suo funerale hanno partecipato in migliaia, tra loro si scorgevano Peter Sagan, Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Gilberto Simoni, Ivan Basso, compagni e rivali che hanno condiviso le strade con Michele. Nelle parole del commissario tecnico della Nazionale Davide Cassani e del fratello Marco Scarponi si leggono l'affetto e l'amore che Scarponi ha saputo raccogliere intorno a se'. Il ricordo migliore di un grande uomo, prima ancora che di un grande ciclista.
Le parole di Davide Cassani
"Ciao Capitano. Ieri sono venuto a trovarti, e ho visto che c'era quella maglia di campione italiano che hai vinto nel '97 quando eri un ragazzino, e grazie a quella vittoria hai avuto l'onore di vestire la tua prima maglia azzurra a San Sebastian, ha vinto un tuo compagno di squadra. Poi sei passato professionista, hai vinto una corsa ma la cosa importante è che ti sei messo subito al servizio del tuo capitano, Cipollini.
Quando hai vinto la Tirreno-Adriatico eri felice, avevi vinto sulle tue strade, finalmente eri tra i più forti. Hai vinto anche a casa mia, a Faenza. Mi ricordo ancora la tua rimonta incredibile alla Milano-Sanremo quando sei caduto, nel 2011. Hai vinto un Giro anche se non lo sentivi tuo. Sei sempre stato un capitano. Con Nibali hai avuto tante sfide, e poi sei diventato il suo gregario. La gente non lo sa che essere un gregario è un privilegio, e te lo dice uno che l'ha fatto per una vita: è bello quando ti metti al servizio degli altri. Ma la cosa incredibile è che sei morto da capitano, perchè lo sei sempre stato.
Io nel mio computer ho due filmati, Cipollini a Zolder per dimostrare la forza della squadra, e tu che metti piede a terra per aspettare Nibali dopo il Colle dell'Agnello, e aiutandolo hai staccato Valverde e fatto vincere il Giro a Vincenzo. Valverde non è mai stato tuo compagno di squadra, ma l'altro giorno ti ha dedicato la Liegi, anche se gli hai fatto perdere il Giro. Qua ci sono tutti, anche Sagan, ma non perchè è campione del mondo, perchè è uno del gruppo.
Io e te venerdì abbiamo iniziato un discorso: ti sei agganciato alla mia portiera e mi hai chiesto "Cassa, per quanto devo correre ancora?" e io ti ho detto che avrei avuto bisogno di te ai mondiali dell'anno prossimo a Innsbruck. Ti sei messo a ridere, era quasi un sì. Io ti saluto come uno del gruppo: abbiamo perso uno della nostra famiglia. Hai avuto come arma vincente il sorriso, hai sempre sdrammatizzato anche nelle sconfitte. Sei e resterai sempre il nostro Capitano. E, per quel discorso di venerdì, io oggi ti porto la maglia azzurra, ma non è un regalo, è un riconoscimento per tutto quello che hai fatto, e al Campionato del Mondo dell'anno prossimo sarai uno dei nostri. Ieri mi ha chiamato Eddy Merckx per farmi le condoglianze. Tu non hai vinto come lui, ma per generosità, personalità, attaccamento al lavoro e alla famiglia, sei stato come Eddy Merckx".
Il ricordo di Marco Scarponi
"Non sono riuscito a scrivere niente in questi giorni per ricordare mio fratello, non ho fatto interviste ne' altro. Però una volta ho fatto un articolo su un giornale locale, quattro anni fa, quando era appena passato all'Astana. Lo voglio leggere un attimo, giusto per ricordarlo:
Mi piace spesso pensare che nelle gambe di mio fratello non ci siano solo i duri allenamenti, nelle gambe di mio fratello c'è dell’altro, formato forse da un invisibile un per cento, che però è di straordinaria importanza quando si trova solo, senza più forze a quasi 2000 metri di altezza, senza più vegetazione attorno e senza nessun amico accanto che non si chiami freddo, neve o pioggia. Questo un per cento che a quel punto si trasferisce dalle gambe agli occhi di questo eroe ed è chiaramente visibile da milioni di telespettatori, si chiama Storia. Storia con la S maiuscola, perchè a quel punto non siete più di fronte alla singola storia di un uomo, in questo caso del mio fratellino magrolino e dal volto segnato dalla fatica, ma siete dinnanzi a una lunga e inarrestabile storia collettiva che in quell’istante si manifesta in tutta la sua forza e ci commuove, ci esalta, ci fa innamorare del ciclismo, dei suoi protagonisti e anche di noi.
La storia collettiva di cui il ciclista Michele Scarponi è portabandiera è inevitabilmente la storia della sua famiglia e di questa terra, una storia contadina. Negli occhi di mio fratello è visibile un canto, qualcosa che si sente, di sofferenza e giustizia. Che io posso raccontare solo a partire dalla vita di nonno Marino e nonno Armando, che hanno visto la guerra, hanno ricominciato e hanno creduto in una redenzione, in un riscossa nella terra, nel lavoro. Immortali contadini. Una storia fatta poi di donne, donne lottatrici che ce l'hanno fatta, donne sempre pari anche senza diritti che rinunciano per la casa, i figli e il marito alla loro vita. Donne madri di future donne libere, nonna Elia, nonna Arduina, mamma Flavia. Un'altra storia collettiva.
Gambe, gambe che si sono nutrite di catechismo, di feste, di carnevali, quando ancora ci si riuniva mesi prima per fare i carri, feste dell'uva, interminabili ore e merende nella scuola elementare di Sant’Ignazio, di fughe in bicicletta fino al bar per un ghiacciolo da duecento lire prese dal portafoglio di nonno Marino mentre faceva il suo riposino pomeridiano. Gambe, che hanno cantato pasquelle e passioni per anni. Gambe e organetti. Gambe e pranzi di comunione in casa, gambe e vecchie scuole medie, gambe e futuro, lungo lontano, prospero.
Gambe che si sono riempite, gambe ricettive, gambe sane, gambe che una volta incontrato un buio si sono inginocchiate e smarrite, per rialzarsi più forti di prima. Gambe che raccontano la propria vita la propria storia ai bambini, perchè mio fratello andava anche nelle scuole a raccontare la propria storia. Gambe che non dimenticano. Ora (questo era un articolo di quattro anni fa, finiva così...) sedetevi comodi sul vostro divano, aspettate fino ad Aprile, collegatevi all’ennesima edizione della mitica e contadina Liegi-Bastogne-Liegi, la classica più vecchia e bella del mondo, cercate mio fratello con la nuova maglia dell'Astana. E' facile, di solito è tra i primi, è facile riconoscerlo. Guardate le sue gambe poi i suoi occhi e ditemi quale canto perduto vi è parso di sentire.
Ciao Michele. Ciao Michele".