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I ciclisti salveranno il mondo, o già lo fanno
Una quindicina d'anni fa, ai primi tempi di diffusione globale di internet e programmi di grafica di bassa qualità, circolavano per la rete due immagini speculari. Non ho idea di quale fosse arrivata prima, ma in fondo non si trattava di un botta&risposta ma di un dialogo muto, semplicemente sincrono. Una rappresentava un gruppo di auto a intasare l'intera sede stradale, come se ne vedono ogni mattina sulle nostre strade, sulla quale campeggiava la scritta "Dite agli automobilisti che possono salvare il mondo anche lasciando l'auto a casa"; l'altra mostrava invece un semplice gruppo di ciclisti sovrastato dallo slogan "Dite ai ciclisti che possono salvare il mondo anche un po' più a destra". Ai tempi sembrava soltanto una presa in giro di abituali -spesso drammatiche- insopportazioni stradali, eppure è la prima cosa che mi è tornata in mente nel leggere "Noi ciclisti salveremo il mondo", il saggio di Peter Walker pubblicato negli scorsi mesi da Sperling & Kupfer.
Peter Walker è giornalista del Guardian; seppur occupandosi prevalentemente di politica interna e internazionale, negli anni ha creato una pagina di riferimento sul quotidiano inglese dedicata alla mobilità ciclistica. Un obiettivo raggiunto dopo una vita segnata da un rapporto strano con la bicicletta, come racconta l'autore stesso sin dal primo capitolo. Perchè i ciclisti salveranno il mondo? Perchè in primo luogo salvano se' stessi. Walker confessa la propria infanzia fatta di attacchi d'asma e cure farmacologiche, scomparsi gradualmente nel momento in cui ha scelto di dedicarsi alla bicicletta. In una lunga digressione, ricca di dati e confronti su diversi contesti, Walker comincia il suo elogio della bicicletta partendo proprio dai benefici dell'attività fisica quotidiana. Benefici che non sono soltanto individuali, ma diventano ben presto collettivi per riscattare una società sempre più sedentaria (e malata).
E' da questo approccio così pragmatico, lontano da ambizioni filantropiche, che parte il viaggio di Peter Walker. Un viaggio che comincia dall'individuo e si allarga... al mondo. Capitolo dopo capitolo, Walker sgretola con dati alla mano alcune delle più comuni argomentazioni che vengono contrapposte all'uso della bicicletta. Parla di sicurezza e di infrastrutture, di sviluppo urbano e di mobilità, infine anche di ambiente e di cambiamenti climatici, affrontando ogni argomento con un occhio diretto alla percezione da parte dei ciclisti e verso i ciclisti, e agli interventi eseguiti in tutto il mondo. Ma il suo punto nodale lo raggiunge soltanto a metà libro, quando l'argomento non è più su come togliere parcheggi e incentivare la mobilità ciclistica, ma è una ben nota domanda a cui rispondere: perchè tanto odio verso i ciclisti?
Le due immagini di apertura, come detto, erano soltanto un gioco limitato a pochi newsgroup in rete, ma erano anche il residuo di un'epoca differente, in cui i ciclisti sulle strade apparivano effettivamente pochi, inevitabilmente arrabbiati. Trascorsi diversi anni, i ciclisti oggi occupano un ruolo chiave nella ridefinizione delle nostre città, in uno sviluppo che cerca di partire finalemente dalla riappropriazione degli spazi, e inevitabilmente nella cronaca nera. I grezzi fotomontaggi di un tempo hanno lasciato spazio alle parole (e non solo) d'odio di oggi, dinnanzi alle quali non è necessario soltanto difendere i ciclisti, ma incoraggiarli a conquistare sempre più spazio. Non "un po' più a destra", ma idealmente un metro più a sinistra, verso la centralità che gli appartiene sulle strade. Sono notizia di questi giorni le campagne di attacco ai ciclisti conseguenti alla diffusione dei nuovi sistemi di bike sharing, uno dei più straordinari incentivi alla mobilità ciclistica mai registrati, che ha finito per imbarazzare persino alcune delle stesse voci dei ciclisti.
Perchè tanto odio verso i ciclisti, dunque? Perchè sono diversi, innanzitutto. Una categoria che cresce e conquisti diritti e spazi legittimi, e per questo accusata di invasione, secondo lo stesso meccanismo, ben più grave, che si usa sovente verso tutte quelle minoranze che hanno cercato di divincolarsi da un destino minoritario. Walker mette in fila i vari pregiudizi che accompagnano i ciclisti, e li supera basandosi sulle storie vere, su come i ciclisti hanno saputo rialzarsi, coalizzarsi e farsi spazio, fino alla più imprevista delle conseguenze: il salvataggio del mondo.
Noi ciclisti salveremo il mondo
di Peter Walker
Sperling & Kupfer
pagine 252, prezzo € 17,90
maggiori informazioni sul sito di Sperling & Kupfer
Peter Walker è giornalista del Guardian; seppur occupandosi prevalentemente di politica interna e internazionale, negli anni ha creato una pagina di riferimento sul quotidiano inglese dedicata alla mobilità ciclistica. Un obiettivo raggiunto dopo una vita segnata da un rapporto strano con la bicicletta, come racconta l'autore stesso sin dal primo capitolo. Perchè i ciclisti salveranno il mondo? Perchè in primo luogo salvano se' stessi. Walker confessa la propria infanzia fatta di attacchi d'asma e cure farmacologiche, scomparsi gradualmente nel momento in cui ha scelto di dedicarsi alla bicicletta. In una lunga digressione, ricca di dati e confronti su diversi contesti, Walker comincia il suo elogio della bicicletta partendo proprio dai benefici dell'attività fisica quotidiana. Benefici che non sono soltanto individuali, ma diventano ben presto collettivi per riscattare una società sempre più sedentaria (e malata).
E' da questo approccio così pragmatico, lontano da ambizioni filantropiche, che parte il viaggio di Peter Walker. Un viaggio che comincia dall'individuo e si allarga... al mondo. Capitolo dopo capitolo, Walker sgretola con dati alla mano alcune delle più comuni argomentazioni che vengono contrapposte all'uso della bicicletta. Parla di sicurezza e di infrastrutture, di sviluppo urbano e di mobilità, infine anche di ambiente e di cambiamenti climatici, affrontando ogni argomento con un occhio diretto alla percezione da parte dei ciclisti e verso i ciclisti, e agli interventi eseguiti in tutto il mondo. Ma il suo punto nodale lo raggiunge soltanto a metà libro, quando l'argomento non è più su come togliere parcheggi e incentivare la mobilità ciclistica, ma è una ben nota domanda a cui rispondere: perchè tanto odio verso i ciclisti?
Le due immagini di apertura, come detto, erano soltanto un gioco limitato a pochi newsgroup in rete, ma erano anche il residuo di un'epoca differente, in cui i ciclisti sulle strade apparivano effettivamente pochi, inevitabilmente arrabbiati. Trascorsi diversi anni, i ciclisti oggi occupano un ruolo chiave nella ridefinizione delle nostre città, in uno sviluppo che cerca di partire finalemente dalla riappropriazione degli spazi, e inevitabilmente nella cronaca nera. I grezzi fotomontaggi di un tempo hanno lasciato spazio alle parole (e non solo) d'odio di oggi, dinnanzi alle quali non è necessario soltanto difendere i ciclisti, ma incoraggiarli a conquistare sempre più spazio. Non "un po' più a destra", ma idealmente un metro più a sinistra, verso la centralità che gli appartiene sulle strade. Sono notizia di questi giorni le campagne di attacco ai ciclisti conseguenti alla diffusione dei nuovi sistemi di bike sharing, uno dei più straordinari incentivi alla mobilità ciclistica mai registrati, che ha finito per imbarazzare persino alcune delle stesse voci dei ciclisti.
Perchè tanto odio verso i ciclisti, dunque? Perchè sono diversi, innanzitutto. Una categoria che cresce e conquisti diritti e spazi legittimi, e per questo accusata di invasione, secondo lo stesso meccanismo, ben più grave, che si usa sovente verso tutte quelle minoranze che hanno cercato di divincolarsi da un destino minoritario. Walker mette in fila i vari pregiudizi che accompagnano i ciclisti, e li supera basandosi sulle storie vere, su come i ciclisti hanno saputo rialzarsi, coalizzarsi e farsi spazio, fino alla più imprevista delle conseguenze: il salvataggio del mondo.
Noi ciclisti salveremo il mondo
di Peter Walker
Sperling & Kupfer
pagine 252, prezzo € 17,90
maggiori informazioni sul sito di Sperling & Kupfer