Letizia, sogni d'oro!
Articolo pubblicato su BIKE Volume 4, edizione spring, aprile-giugno 2021
Dal Balcone d’Anauni non si vede soltanto il lago di Santa Giustina. A Revò, provincia di Trento, c’è chi, aguzzando la vista e cavalcando la suggestione di un grande sogno, scorge persino il Sol Levante. Non quello della vicina Val di Sole ma quello che sorge nell’Estremo Oriente, a Tokyo, dove l’anno scorso avrebbero dovuto svolgersi i Giochi Olimpici e che, invece, per via della pandemia, siamo ancora tutti qui ad aspettare.
Al talento luminoso di Letizia Paternoster, alla quale il paesino della Val di Non ha dato i natali, un anno in più d’attesa non spaventa né crea apprensione. “Ho bene in mente quali obiettivi voglio raggiungere”, racconta a BIKE dopo una giornata di allenamenti nel velodromo di Montichiari insieme alle compagne della Nazionale di ciclismo su pista, sotto la guida attenta del ct Dino Salvoldi e del suo staff. Il “grande sogno”, non soltanto per lei, è l’oro olimpico e per chi verrà selezionata l’opportunità di giocarsela si concretizzerà.
Paternoster, che a luglio compirà ventidue anni, è la stella di punta di una costellazione di giovani atlete, nate tra gli ultimissimi anni Novanta e i primi del Duemila, che in pista – dove in Nazionale abbiamo da sempre un pedigree invidiabile – promettono sfracelli. “Voglio vincere anche quando gioco a carte”, taglia corto stuzzicata sull’agonismo che ha in corpo nel percorso di avvicinamento alle Olimpiadi. È lo stesso di sempre e che, da quando a sei anni ha cominciato a correre per l’Anaune di Cles, la spinge a trasformare la forza profusa sui pedali in volontà di vittoria.
La cattiveria agonistica di Letizia Paternoster si è vista in più di un’occasione, fin dalle categorie giovanili, su pista e su strada. Sottolineata dal ricco palmares, nonostante una carriera professonistica agli albori, la riprova è avvenuta l’anno scorso ai Mondiali su pista, quelli ‘dei grandi’, a Berlino dove ha conquistato argento nell’omnium e bronzo nella madison (in coppia con Elisa Balsamo). Nel 2019 al Tour Down Under la prima vittoria su strada al debutto da pro con la nuova divisa della Trek Segafredo.
In famiglia l’avrebbero vista bene in tutù e con le scarpette da punta, invece lei ha preferito body aerodinamici e tacchette ai piedi. “Vorrei diventare un giorno come lui”, ha detto da piccola alla mamma indicando le foto di Maurizio Fondriest con le vittorie al Mondiale e alla Milano Sanremo appese nel negozio di bici del campione trentino, dove è praticamente di casa. Un rapporto di stima e amicizia che testimonia il legame di Letizia con le sue terre.
Qui ha appreso l’importanza del sacrificio e il valore del lavoro: “Principi che già mia nonna e poi mio papà mi hanno trasmesso e che porterò sempre con me”. A sostenere l’atleta delle Fiamme Azzurre (altra maglia del colore del cielo di cui va fiera), un team di primissimo piano che la aiuta a mettere in ordine i tasselli per costruire le fondamenta del sogno olimpico: dal suo agente Manuel Quinziato (“è molto intelligente ed è un puro”, dice di lui) all’allenatore Dario Broccardo (“quando ha accettato di fare un percorso con me c‘è stata subito sintonia”). Chissà che i tre ori olimpici degli atleti allenati da Broccardo (Giovanni Lombardi a Barcellona 1992 e Antonella Bellutti ad Atalanta 1996 e Sidney 2000) possano essere di buon auspicio.
La strada per il successo è lunga e impervia. Letizia lo sa e dimostra intelligenza quando capisce che la gestione di tempo ed energie è fondamentale per una campionessa mediatica come è lei. Non è un caso che tra i modelli sportivi, insieme a un’altra trentina di Cles, Rossella Callovi, e a Marianne Vos (“ha vinto ovunque, il mio idolo in assoluto”), citi Federica Pellegrini, “una sportiva che stimo molto”, Divina in vasca come nell’arte di sopravvivere ai tanti impegni legati agli sponsor e all’esposizione mediatica.
Per ‘staccare’, invece, Paternoster predilige “camminare in montagna, passeggiare sul lago e sostare a bere un caffè”. Hobby? Andar per negozi: “Amo le scarpe con i tacchi e i bei vestiti”. Se ne sono accorti anche in Giappone.
(Foto Roberta Bruno)