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p.pisaneschi

La partenza del Tour de France 2024 dall'Italia è un omaggio al nostro ciclismo

La notizia era nell'aria già da qualche tempo ma è stata ufficializzata solamente lo scorso 21 dicembre: il Tour de France nel 2024 partirà dall'Italia. Tre tappe, le prime due molto dure, tra Toscana, Emilia Romagna e Piemonte prima di approdare in Francia. Quella del 2024 sarà comunque un'edizione della Grande Boucle molto particolare perché per la prima volta in 121 anni di storia il percorso non toccherà Parigi, capitale francese e naturale conclusione del Tour. L'ultima tappa finirà infatti a Nizza a causa della "vicinanza" con le prossime olimpiadi parigine. I francesi insegnano come estrapolare un'opportunità di cambiamento da una difficoltà logistica. Magnifici.

Come mai il Tour ha scelto di partire dall'Italia? Innanzitutto perché ormai è consuetudine per uno degli eventi sportivi annuali più importanti del mondo (qualcuno dice addirittura il terzo dopo la finale di Champions League e il Super Bowl) partire dall'estero. Danimarca nel 2022, Paesi Baschi nel 2023 e Italia nel 2024. In generale, le partenze dei grandi giri fuori dai confini nazionali sono ormai frequenti e lo saranno sempre di più. Giustamente, sarebbe da aggiungere. Lo sport è il più formidabile veicolo di promozione di un territorio. Partire dall'estero significa esportare e mostrare il proprio marchio e la propria cultura attraverso una manifestazione, sia essa Giro o Tour, che ormai è parte della storia nazionale. Corse centenarie, eventi conosciuti in tutto il mondo, prestigiosi e ambiti fanno gola all'estero: una grande partenza fuori dai confini nazionali si ricorda (e si vende) meglio. Fa più rumore, mediatico soprattutto.

Non c'è però solo la risonanza dell'evento a giustificare l'importanza rappresentata dalla decisione di ASO, organizzatore del Tour, di scegliere l'Italia come sede della Gran Départ 2024. A rendere ancora più simbolico l'evento, ci penseranno infatti i molteplici riferimenti alla storia del ciclismo italiano disseminati lungo il percorso. I francesi si sono impegnati per creare una partenza particolarmente evocativa. Ci sarà infatti un filo conduttore che legherà le tre tappe con la storia degli italiani vincitori al Tour a cominciare dalla scelta dell'anno, 2024, ossia il centenario della prima vittoria di Ottavio Bottecchia, primo italiano a trionfare in Francia.

Il via dalla Toscana, con Firenze e il Mugello protagonisti, omaggia la terra natale di Gino Bartali e Gastone Nencini, vincitori dei Tour 1938, 1948 e 1960, ma anche quella adottiva di Vincenzo Nibali, ultimo italiano vincitore della Grande Boucle nel 2014. La prima tappa si concluderà a Rimini, in Romagna, la terra di Marco Pantani trionfatore nel 1998, e toccherà anche Sarsina che è la città natale di suo padre. Fausto Coppi invece sarà ricordato durante la terza tappa quando il gruppo transiterà da Tortona, in Piemonte. All'appello manca solo la Lombardia, terra di Felice Gimondi, uno dei 7 italiani ad esser saliti sul gradino più alto del podio a Parigi, ma ci sarà modo di ricordarlo lungo il percorso.

"Il Tour ha atteso troppo tempo per partire dall’Italia" ha affermato Christian Prudhomme, direttore del Tour de France, durante la presentazione della prima tappa fiorentina "Questo è il paese del ciclismo romantico, di grandi campioni ma anche di corridori attaccanti, che infiammano il pubblico e che i tifosi amano. I percorsi sono affascinanti e i siti d'interessa patrimonio UNESCO saranno presenti tutti i giorni. Non si viene in Italia senza approfittare delle sue bellezze ma anche delle sue difficoltà. La volontà è che le tappe lascino un segno".

Quest'ultimo è un punto molto importante. Se in passato siamo stati abituati a vedere le tappe all'estero come delle "passerelle" utili a mostrare le bellezze cittadine, frazioni cioè non troppo impegnative, spesso cronometro brevi o arrivi in volata, quelle italiane saranno invece particolarmente impegnative. Pure troppo. Solo la terza, da Piacenza a Torino, sarà dedicata ai velocisti. Le altre due saranno caratterizzate da un dislivello elevato (quasi 4000 metri per la prima, Firenze-Rimini, con sette ascese totali) e salite dure (doppia scalata del San Luca per il finale della seconda, Cesenatico-Bologna).

Un po' di aspre ascese made in Italy faranno dunque bella mostra al Tour, ma per l'Italia la grande partenza sul proprio territorio rappresenterà anche una serie di opportunità uniche. Innanzitutto, quella di sbirciare da vicino una macchina organizzativa che, nelle proporzioni, è due volte superiore a quella del Giro (dalla lunghezza della carovana pubblicitaria, al numero di giornalisti e fotografi accreditati) e prendere appunti. Come si suol dire, impara l'arte e mettila da parte. Ma soprattutto sarà una grande opportunità per il ciclismo italiano che ci terrà a mettersi in luce sulle strade di casa, come accaduto nel 2022 con i corridori danesi, combattivi e all'attacco fin dalla prima frazione. Prudhomme lo ha detto, l'Italia è terra di attaccanti. Farsi trovare pronti all'appuntamento sarà fondamentale per non dire doveroso. Il Tour dall'Italia è come la cometa di Halley: passa una volta sola.