
Vittoria Bussi, un record tra conti e cuore
La ciclista romana, già detentrice del record dell'ora dal 2019 al 2022, si è ripresa il primato strappandolo a Ellen Van Dijk e abbattendo il muro dei 50 km orari. Il 13 ottobre, al velodromo messicano di Aguascaientes, Bussi ha percorso la distanza di 50,267 km, uno in più dei 49,254 kmh dell'olandese. Ripubblichiamo, per l'occasione, l'intervista di Angelo De Lorenzi apparsa sul volume 13 di BIKE.
Vittoria Bussi pedala più forte di Fausto Coppi. Nel 2018 ha battuto il record dell’ora su pista (48,007 km), poi è stata superata nel 2021 dal Joscelin Lowden (48,405 km) e successivamente da Ellen Van Dijk con 49.254 km. In autunno ci ritenterà.
Qual è il suo obiettivo?
Abbattere il muro dei 50 chilometri. Si punta alla luna per colpire l’aquila. Se poi farò 49 km e 300 metri andrà bene lo stesso.
Lei non proviene dal ciclismo professionistico e aveva addirittura iniziato la carriera universitaria. Perché ha cambiato strada iniziando a pedalare?
Nessuno pratica il ciclismo nella mia famiglia e io non ero nemmeno tanto appassionata di bici. Avevo paura persino di cadere e ho tenuto le rotelle per tanto tempo. Però la vita, a volte, ti sorprende. Praticavo atletica leggera che ancora oggi è una delle mie grandi passioni. Correvo nelle specialità del mezzofondo e partecipavo alle gare campestri. Nel frattempo studiavo e ho deciso di proseguire per conseguire una laurea in matematica. Ho così scoperto la carriera accademica iniziando a chiedere delle borse di studio presso le Università europee e americane. Nel 2010, all’età di 23 anni, sono riuscita a vincerne una presso l’Università di Oxford. Sono partita per l’Inghilterra mettendo ovviamente da parte il sogno dell’atletica leggera, ma ciò che reprimi, prima o poi, riaffiora. Mentre ero ad Oxford ho perso mio padre all’improvviso ed è stato un lutto che mi ha cambiato profondamente. Mi accorsi che si era rotto in me un ingranaggio ed era come se avessi perso una bussola. Ho iniziato allora a praticare sport ed è stata la mia salvezza. Sapevo correre e nuotare e ho iniziato ad allenarmi nel triathlon, una disciplina molto di moda in Inghilterra. Nella prima gara alla quale ho partecipato mi accorsi di essere molto forte nella frazione in bici. Così, nel giro di pochi mesi, sono stata contattata da Fanini che mi ha chiesto di trasferirmi in Italia e correre con la sua squadra. Ho perciò accantonato la matematica per dedicarmi al ciclismo.
Perché ha iniziato a dedicarsi alla pista?
È una disciplina che fa per me: unisce il mestiere di matematico a quello di atleta.
Quando ha scoperto di andare molto forte a cronometro?
Abbastanza presto. Ho ritrovato nella prova contro il tempo una disciplina simile a quella che praticavo in precedenza, l’atletica leggera, che è uno sport sostanzialmente individuale.
Che cosa ha significato per lei battere il record dell’ora nel 2018?
Ho trovato la pace con me stessa. Io credo che ognuno debba cercare un senso alla propria vita. In quel momento il record dell’ora mi ha conferito una dimensione che non avevo e mi ha fatto crescere come persona.
Come trova le risorse per portare avanti i suoi progetti sportivi?
Ho alcuni sponsor e ho anche attivato una campagna di raccolta fondi che ha avuto successo.
Perché non si è appoggiata a un team già esistente?
Quando, a 27 anni, sono arrivata nel professionismo mi sono scontrata con un mondo che non mi dava soddisfazioni. Mi sono accorta della presenza di parecchi tuttologhi e di un ambiente gerarchico. Io credo, invece, che l’atleta debba essere una persona pensante. Oggi posso decidere in autonomia ogni mia scelta assieme al mio compagno e al gruppo di lavoro che ho costituito.
Si considera alla stregua di un’imprenditrice?
Direi di sì perché, insieme ai miei collaboratori, mi occupo di tutto, dalle questioni amministrative a curare i rapporti con gli sponsor.
Come si sta preparando all’avvicinamento del tentativo di record?
Intanto ho trovato alcuni sponsor che credono in me. Ho avuto soprattutto il coraggio di dire a tutti che questo record del mondo costa e quindi occorreva un aiuto economico. Ho promosso una raccolta con il crowdfunding che è andata molto bene. Il fatto di aver voluto condividere questa impresa con altre persone è molto importante. Desidero far partecipe tutti del mio impegno perché credo che questa sfida sia simile alle tante che capitano nel mondo del lavoro. Ognuno si può riconoscere in qualche modo in ciò che faccio.
Qual è la motivazione che la porta ad affrontare la fatica degli allenamenti?
Non mi pesa perché ho la sensazione di essere al posto giusto, sento molto mio questo progetto. Io non ho uno sciame di collaboratori al mio servizio come nelle squadre professionistiche, ma credo che rimboccandosi le maniche sia comunque possibile raggiungere il risultato. Questa è la sfida e anche il messaggio che voglio comunicare alle persone. Certo, sono cosciente di essere un’outsider in questo mondo che ha certe regole.
Come si sta preparando al record?
Ognuno ha il suo ruolo all’interno del mio gruppo: c’è il nutrizionista, il preparatore ciclistico, c’è chi cura il respiro e chi la parte psicologica e mi faccio aiutare dal tecnico che mi segue in palestra. Sto effettuando dei periodi di preparazione ad alta quota, altri in velodromo, e tutto procede per il meglio. Sono fiduciosa.
Quanto è importante la sua formazione matematica in questa impresa?
È fondamentale perché l’80 % della potenza che eroghiamo è dovuto al drag, ovvero dal coefficiente di resistenza aerodinamica, ciò che il nostro corpo crea quando impatta con l’aria. Studiare i flussi aerodinamici è fondamentale per “limare” il più possibile e ottenere il risultato migliore. Dobbiamo anche considerare che sono io che scelgo i materiali da utilizzare, non ho imposizioni da parte degli sponsor. Ho scritto alle aziende produttrici di caschi, ho fatto i testi e poi scelto quello che per me era il migliore.
La foto di Vittoria Bussi in apertura è stata scattata da Paolo Ciaberta
