
Dall’Arctic Race of Norway alla Uno-X, intervista a Thor Hushovd
Una delle certezze all’ArcticRace of Norway è che, a prescindere dalle contee e dai comuni in cui la corsa transiterà, Thor Hushovd sarà sempre tra le figure più richieste, cercate e acclamate fra quelle che costantemente viaggiano con la carovana. A undici anni di distanza dall’ultima volta che si è spillato il numero sulla schiena, l’iridato su strada 2010 non ha infatti perso la sua popolarità e a dimostrarlo è l’ingente numero di persone da cui puntualmente, ovunque vada, viene fermato per foto, autografi o semplicemente scambiare due parole.
Con il carisma che lo contraddistingue, Hushovd da questo punto di vista prova sempre ad accontentare tutti non sottraendosi mai anche se gli impegni nei giorni in cui l’ARN va in scena certamente non lo agevolano. Essendo (ormai da diverso tempo) ambassador della corsa, il campione norvegese è chiamato a presenziare a ogni cerimoniale, evento e incontro istituzionale di sorta, un compito oneroso che il due volte vincitore della classifica a punti al Tour de France ricopre con professionalità e spigliatezza parallelamente all’incarico di General Manager della Uno-X Mobility.
Questo impegno su due fronti è indubbiamente gravoso ma, allo stesso tempo, anche molto stimolante e di sicuro lo porta ad avere uno sguardo privilegiato sulle due realtà con cui lavora. Proprio perché consci di questa sua prospettiva unica, siamo andati a interpellarlo per addentrarci più a fondo nel mondo dell’ARN e in quello della formazione aranciorossa, capire i rispettivi margini di crescita e fare il punto su come si siano comportati fino ad oggi.
Presente e futuro dell’ARN
L’Arctic Race of Norway è una corsa che negli anni è stata in grado di affermarsi sempre più: da 1 a 10 quanto è soddisfatto del livello raggiunto finora?
"Direi 10. In qualche edizione, ovviamente, mi sarebbe piaciuto che fossero stati presenti team e corridori migliori perché parliamo di un evento particolare, che si svolge in uno dei contesti naturalistici più belli del mondo e, più in generale, in un paese che investe nel ciclismo, ma capisco che con un calendario così denso sia piuttosto complicato. Quello che dobbiamo fare noi è continuare a lavorare per poter far sì che in futuro più formazioni di alto livello decidano di prendervi parte".
Qual è il futuro di questa corsa?
"Non so ancora se faremo domanda per diventare una gara World Tour, ma posso dire che, al momento, il nostro posizionamento all’interno dell’affollato calendario UCI è comunque molto buono e penso che una corsa del genere meriti di stare a quel livello: è ben organizzata, è sicura, gli hotel sono di qualità e le squadre coi loro corridori trovano tutto che gli serve e questo è ciò che conta".
Di quale aspetto di questa manifestazione è più orgoglioso? Dell’attenzione all’ambiente, dell’impegno di chi collabora a organizzarla.
"Direi del coinvolgimento e del supporto delle persone. La gente sostiene con forza questa gara, anche nei piccoli centri a cui fa visita, per strada vedi gente piena di bandiere, persone che si divertono e che attendono la corsa all’aperto con tutta la famiglia. Questo mi rende enormemente orgoglioso".
Possiamo aspettarci in futuro che la gara possa passare ad un format con cinque tappe?
"Perché no? Si potrebbe certamente allungare, oppure potremmo inserire una gara di un giorno a contorno dell'evento che, di sicuro, rappresenterebbe un ulteriore stimolo per invogliare più squadre a partecipare. Di tutto questo però dobbiamo ancora parlare".
Potrebbe esserci spazio in futuro anche per una gara femminile?
"Sì, ne stiamo discutendo, ma penso prima ancora che sia importante, visto il rapido sviluppo che sta avendo il ciclismo femminile, che ogni cosa venga fatta passo dopo passo. Bisogna chiedersi infatti: servono davvero più gare al ciclismo? Servono davvero più squadre? E non devono essere sponsor o persone esterne al ciclismo femminile a decidere cosa sia necessario aggiungere o meno, ma siamo noi che dobbiamo vedere e valutare se tutto il movimento femminile sia pronto per nuove corse".
Bilancio e lavoro sui giovani della Uno-X
Esattamente come l’Arctic Race of Norway anche la Uno-X di cui è general manager sta facendo grandi passi in avanti. Qual è il suo giudizio sulla stagione fino a questo punto?
"Finora, sia con la squadra maschile che con quella femminile, è stata una grande stagione. Con la formazione maschile in particolare abbiamo disputato un grande Tour de France e siamo tra le prime dieci squadre della stagione, il che è molto positivo. Stiamo crescendo passo dopo passo, anno dopo anno, perché è così che ci piace sviluppare la squadra ed è così che possiamo dar vita a un team sostenibile".
Personalmente quanto è stato speciale l’ultimo Tour de France?
"È stato sicuramente un Tour molto emozionante: portare a casa una tappa è stato qualcosa di incredibile, una pietra miliare nella nostra storia, un traguardo importantissimo per noi al pari del sesto posto che abbiamo ottenuto in classifica generale. Sono tutti risultati che ci permettono di andare avanti con decisione nel percorso che abbiamo intrapreso, un percorso che è sostenuto da sponsor orgogliosi che vogliono restare nel ciclismo per molti anni e questo, al giorno d’oggi, è fondamentale".
La vittoria al Tour ha portato la firma di Jonas Abrahamsen, un corridore che è in squadra dal 2017 e rappresenta, se vogliamo, un chiaro esempio di come questo ambiente sappia far crescere i propri ragazzi. Pensa che, quando si parla della Uno-X, questo aspetto sia sottovalutato?
"Non penso. Credo che, in generale, la squadra sia pienamente rispettata dai giornalisti, dalle altre squadre e dagli altri corridori. Siamo un team con un’identità forte, molto scandinava, composto da persone che al suo interno si divertono e sono felici di difendere questi colori. Anche il nostro modo di correre è molto definito: attacchiamo, non abbiamo paura, ci prendiamo la responsabilità di fare la corsa quando serve e ciò porta in dote buoni risultati e un altrettanto buona considerazione all’interno del mondo del ciclismo".
Come funziona il processo di selezione dei nuovi talenti in Uno-X? C’è un pool di persone, preparatori e direttori sportivi, incaricato di prendere decisioni in merito come muoversi o è tutto in mano a una persona sola?
"Per quanto riguarda la squadra maschile, il nostro focus, si sa, è solo sui potenziali giovani talenti danesi e norvegesi. Non è facile ingaggiarli, perché alcuni desiderano di andare subito nelle squadre migliori del mondo, come quelle di Vingegaard o Pogacar, mentre noi siamo una formazione ProTeam per cui a volte non riusciamo a firmarli. Tuttavia, crediamo ciecamente nel nostro modus operandi e questo, alla lunga, viene percepito dai corridori tant’è che, a volte, alcuni ragazzi dopo essere andati all’estero e aver fatto esperienze in altre formazioni tornano da noi".
A proposito di talenti, cosa possiamo aspettarci da Storm Ingebrigtsen il prossimo anno?
"È uno dei migliori prospetti norvegesi in circolazione, un corridore adatto alle classiche che puntiamo a far crescere, come abbiamo fatto con altri prima di lui, passo dopo passo. Non vogliamo mettergli fretta: non deve vincere grandi corse già l’anno prossimo, ha tutto il tempo per crescere e svilupparsi".
L’obiettivo della squadra è, a questo punto, entrare l’anno prossimo nel World Tour?
"Sì, la prossima stagione puntiamo a quello. Non siamo troppo lontani dalla diciottesima posizione nel ranking triennale UCI ma bisogna anche vedere cosa accadrà, a livello di licenze, con la fusione tra Lotto e Intermarhè, ci sono tante indiscrezioni a riguardo. Noi, a seconda dei casi, potremmo chiudere al 19° o al 18° posto ma dobbiamo comunque lottare ancora per conquistarci quei piazzamenti. Per questo, penso che con le squadre vicine a noi in graduatoria sarà battaglia fino all’ultima gara della stagione, una battaglia che, credo, potrà essere emozionante. Ad ogni modo, noi personalmente ci concentreremo solo sui nostri risultati, non ci preoccuperemo troppo di cosa combineranno o di come si muoveranno gli altri. Come dico sempre alla squadra: noi corriamo per vincere, non per fare punti. Preferisco vincere senza magari ottenere un gran quantitativo di punti piuttosto che fare terzo, quarto o quinto e accumularne di più".
(Photo Credit: ARN/Aurélien Vialatte)