
Galvani: “Che peccato aver tolto il Red Hook Criterium”
Letizia Galvani racconta i suoi percorsi sportivi tra strada e fixed, la sua carriera divisa in due amori. Talvolta si sono allontanati, in altre occasioni è stata più tortuosa una delle due vie. “Ma non le ho mai perse di vista”, racconta Galvani che ha studiato Decorazione per il Design all’accademia di belle Arti e anche una vocazione artistica. A volte le strade sono complesse, e quella della giovane romagnola sin dai primi anni di professionismo non ha portato grandi risultati ma solo un senso di libertà non trovata. Nel 2020 Letizia si ritira dal professionismo dopo quattro anni e inizia a dedicarsi a pieno al fixed.
Come riesce a gestire il lavoro e la preparazione delle gare?
“Attualmente svolgo un lavoro part-time al Decathlon di Faenza. L’obiettivo è quello di trasformare l’arte nel mio unico impiego. A questi impegni lavorativi aggiungo gli allenamenti tendenzialmente 4 volte a settimana. In questa fase le uscite sulle due ruote sono soprattutto uno svago ancora prima di essere un allenamento. Probabilmente questo approccio mi permette di incastrare ogni dovere senza fatica”.
La sua giornata tipo?
“Al mattino mi alleno e al pomeriggio lavoro (o viceversa). In serata, invece, mi dedico all'arte. La frequenza delle corse è minore negli ultimi anni, parliamo di 4 o 5 date a stagione. Quindi riesco ad organizzare il lavoro con le mie assenze”.
Cosa la spinge a continuare a competere?
"L’adrenalina, i viaggi, i compagni, l’ambiente delle gare. Ecco cosa mi spinge a competere ancora.
La fatica è di per sé sofferenza ma anche liberatoria. Ho lasciato il ciclismo su strada ma non volevo abbandonare queste sensazioni. E poi, nel mondo fixed, è tutto una festa”.
Come si allena prima di una competizione?
“Le gare criterium sono tendenzialmente corte ed intense (30-40 minuti) che si svolgono in circuiti cittadini, con bici a pignone fisso e senza freni (simili alle bici utilizzate nei velodromi). La preparazione a questa tipologia di gara necessita di allenamenti specifici che mirano ad incrementare la forza, la velocità ma soprattutto l’esplosività e la reattività. Per raggiungere il risultato bisogna allenarsi fin dai mesi invernali con la palestra, ma questo non discosta molto dalla preparazione standard per chi gareggia in bici da corsa. Indubbiamente ci possiamo permettere uscite più brevi. In carenza di tempo è possibile svolgere un buon allenamento anche senza il bisogno di passare molte ore in bicicletta. Altro espediente che mi rende più agevole la pianificazione con il lavoro”.
Come alimenta la passione?
“Avevo raggiunto il punto limite in cui la strada del ciclismo era diventata disconnessa e tortuosa. Ho ritrovato gli stimoli dopo aver imparato a percepire la bici da un punto di vista alternativo. Con l’agonismo su strada avevo perso passione e volontà. Ricordo come alcune mattine mi trascinavo fuori casa perché dovevo allenarmi per forza. La preparazione era contraddistinta da tante ore in sella, lavori specifici, dati, numeri… Tutto normale per un professionista ma personalmente non mi si addiceva. Anche adesso eseguo qualche allenamento specifico per le gare criterium. Ma ora la bici è soprattutto condivisione con il prossimo, momento di distacco dalle quotidianità e soprattutto immersione nella natura. Esplorare e godermi i bellissimi paesaggi che abbiamo in Romagna è una sensazione di libertà unica".
Dove si è trovata meglio gareggiando?
“Ogni trasferta per le gare fixed è stata speciale e possibile grazie al mio team IRD Squadra Corse. Se proprio dovessi scegliere le competizioni del cuore, vi direi New York e Barcellona. Prima del Covid esisteva il campionato più famoso al mondo per la nostra specialità conosciuto come Red Hook. Consisteva in quattro incontri annui rispettivamente a Brooklyn, Londra, Barcellona e infine Milano. Le location parlano da sé. Adrenalina, emozioni pure e carica pazzesca. Pubblico ovunque. Gli stessi spettatori erano più entusiasti e pazzi dei corridori. Descriverei quei momenti solo con un’esclamazione: “Wow”. Porterò sempre nella mia memoria quel campionato e tutte le persone che ho conosciuto. Purtroppo proprio la sua fine ha segnato anche il crollo del movimento fixed. È un po’ come se nel calcio eliminassero la Champions League e i Mondiali. Abbiamo viaggiato anche in Oriente, precisamente in Corea del Sud. Sono rimasta molto affascinata dall’ospitalità e dalla gentilezza delle persone del posto. Ti apprezzano e ti ammirano semplicemente perché occidentale. Mi ha fatto davvero riflettere come invece 'noi occidentali’ tendiamo a non apprezzare queste magnifiche persone nello stesso modo”.
Negli anni quanto pensa di essere cresciuta a livello professionale e quanto pensa sia cresciuto il criterium?
“Parrà anomalo quello che sto per dire. Nel tempo la crescita fisica e professionale la considero irrilevante. Penso però di essere cresciuta come personalità. Il percorso di studi artistici e l’insegnamento che solo lo sport può trasmettere hanno favorito lo sviluppo ad una modalità di pensiero di cui vado fiera. Anche se non pienamente realizzata nel mondo professionistico, sono grata dell’educazione appresa. La carriera ciclistica prima o poi finisce, la persona che diventi rimane per sempre. Ad ogni esperienza il suo momento e sentivo che nel 2019 era giunto il mio. L’abbandono alla strada è stato meno traumatico essendomi immersa nel mondo delle corse fixed. Non è stata una fine netta. Ho solo cambiato specialità. Proprio in quel periodo le criterium avevano raggiunto il picco di seguito e partecipazioni da diverse parti del mondo. Quasi ogni weekend organizzavano eventi anche in Italia e fioccavano investimenti da parte di brand e sponsor. Come già accennato, con il Covid la moda si è affievolita per poi lasciare spazio al gravel, più in voga tutt’ora. La nostra disciplina è quasi scomparsa dal panorama italiano ma fortunatamente negli altri Stati europei è ancora amata e praticata. All’estero vige una cultura totalmente diversa, la bici è usata da tutti e soprattutto il ciclista viene rispettato. In Italia siamo molto arretrati sull’argomento”.
Ha un ricordo che porta sempre con lei?
“Certo, ricordo come se fosse ieri la mia prima vittoria nelle criterium, avvenuta nel 2017 vicino Milano. Non conoscevo il sapore del successo ed è stato bellissimo. Una delle soddisfazioni personali più grandi. Quando superi la linea del traguardo in solitaria dopo tanta fatica fisica (e mentale) la soddisfazione è doppia. Non so dare una definizione esatta della felicità, ma quel giorno posso dire di averla provata”.