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Lanzaretti
Leonardo Serra

Lanzaretti: "L'onore della fatica"

Dino Lanzaretti non è un semplice biker, ma un amante del pericolo e dell’adrenalina. Le sue avventure in giro per il mondo lo raccontano per la persona che è: autentica, semplice e con un bagaglio tecnico e culturale non indifferente. Lui stesso si definisce "in evoluzione" e cerca tramite la bici una dimostrazione di libertà, quella che lo ha portato in Siberia a -60, tra il gelo e la morte sfiorata. Poi le avventure in India, dove ha scritto il suo cammino e capito che cosa è la bici. Imprese che lo hanno fatto diventare uno dei rider più estremi in un mondo a due ruote.  La storia di Dino Lanzaretti passa dalle notti in fabbrica alle cucine delle baite, prima di diventare uno dei principali rider estremi. Ora gestisce un'agenzia  di viaggi di gruppo in bici e gira il mondo alla ricerca di nuove avventure. E si racconta in questa intervista a bikechannel.it.

Come si definirebbe?
"Non un ciclista, ma un viaggiatore. Ho sempre esplorato posti abbastanza particolari. Scalavo montagne come Himalaya e Ande, facevo il cuoco nei rifugi e avevo sei mesi liberi li passavo viaggiando in India, fondamentalmente alla ricerca di Dio. Andavo a trovare i santoni e mi immergevo nelle realtà di meditazione. Poi scalavo montagne, non ero un bravo alpinista con il tempo ho imparato a azzardare montagne più alte del Sudamerica, ma il fulcro era sempre lo stesso, pochi soldi ma tanta volontà di investire tempo, non avevo grandi talenti. Un giorno in India mi sono innamorato di questa ragazza israeliana: prendeva la bici e faceva dei piccoli giretti, la metteva in bus. Ho sentito un richiamo per un modo di viaggiare in bicicletta. In quel momento avevo bisogno di domare il mio demone che era quello di arrivare in un posto solo con la forza della mia coscienza e delle mie gambe. La bici mi dava  la possibilità di arrivare in un posto meritandomelo. C’era l’onore del sudore e della fatica. Mi hanno regalato una bici da 50 euro, ho guardato l’aereo intercontinentale meno caro: andava in Thailandia. Ho preso tutto e sono partito, è stato il mio esordio con la bici perché adoravo scoprire il mondo con il motore della felicità. Sono un viaggiatore che usa un mezzo stupendo per compiere fatica e lunghe distanze. Poi la bici è divenuto il mio tutto".

Qual è il suo rapporto con i viaggi estremi?
"Ho fatto tanto alpinismo nel corso della mia vita, mi organizzavo per stare via per mesi nei quali ho imparato tanto. Mi riusciva tutto naturale. Anche con la bici ho messo tutte le conoscenze che avevo. Avevo tempo, non ero competitivo. Ho sempre improntato la mia vita in modo da avere tempo per far ciò che mi piaceva. Ho svolto sempre tanti lavori ben retribuiti per lavorare il meno possibile. Tutti i soldi li ho sempre usati per viaggiare per mesi, una volta incontrai Tiziano Terzani in fila al supermercato. Ho cominciato a leggere di questo giornalista reporter che girava il mondo e da lì è nata la mia curiosità verso l’altro. Ho investito tutta la mia vita per basarla sui viaggi. Spendevo poco e cercavo imparare tutto il necessario. Ho imparato a costruirmi per conoscere il prossimo e altri modi di vivere la vita".

Come nasce la scelta di viaggiare da solo? 
"Non lo scegli, nasce da una priorità. Non c’era nessuno che voleva mettersi in gioco e spaccarsi di fatica. Ho conosciuto tanti ragazzi come me, ma decidevano di andare in Messico. Non era la stessa cosa. Avevo bisogno di far fatica e volevo questa gloria: viaggiare da solo è molto più semplice di quello che si pensa. Ho viaggiato con tante persone, con la mia ragazza: è molto più difficile. Le medaglie al petto te le metti quando viaggi con qualcuno. Lì sì che sai quanti sacrifici e quanti compromessi hai fatto. Viaggiare da soli ti galvanizza di più, ma quando fai un percorso lungo come il mio capisci che in due è molto più costruttivo. Io purtroppo l'ho capito dopo 20 anni".

Il viaggio in tandem con una persona ipovedente come nasce?
"Il progetto "Verso dove non so" nasce dall'incontro con Simone Salvagnin, un ragazzo ipovedente estremamente intelligente e arguto. Quando mi ha chiesto se poteva venire con me, mi sono emozionato. Penso che sia stata la fatica più titanica che abbia fatto in vita mia. Abbiamo trovato un tandem. Lui ha trovato gli sponsor e siamo partiti. Dopo tre giorni, ho capito che non ero più io quello che viaggiava sul tandem ma lui, mi sono totalmente azzerato per far viaggiare una persona che voleva venire fuori dal suo incubo della cecità e trovare un posto nel mondo. Ogni mattina per cinque mesi è stato veramente difficile. Questo viaggio poteva morire dopo tre giorni, ma siamo riusciti a fare 10.000 km fermandoci in Kirghizistan perché era iniziata la guerra civile. Non c’era tempo per prendere altre strade perché l’inverno era alle porte. Allora siamo tornati a casa, sono andato in analisi e sono ripartito sette giorni dopo per la Patagonia, controvento nel periodo sbagliato perché dovevo fare un viaggio per me. Sette anni dopo, ci siamo ritrovati cresciuti. Simone è diventato uno dei miei più grandi amici. Una persona importantissima, si merita tutto. Sapere che ho partecipato a costruire la persona stupenda, che è ora, è la più grande cosa che sia riuscito a fare. Quel viaggio che ho maledetto e una delle più grandi soddisfazioni della mia vita. Simone è diventata una persona stupenda, ora è un punto di riferimento, parla con le scuole fa un sacco di progetti. Ne sarò eternamente grato".

C’è una meta che ha più nel cuore?
"Sono partito per la Siberia, avevo un 50/50 di possibilità di vita per arrivare a Jakutsk. Ero a 2.000 chilometri di distanza. In quel momento ero in un periodo molto negativo. Sono arrivato e, quando ho ricevuto la mail che avrei avuto il lavoro un rifugio, la mia meta si e spostata in Tagikistan poi in Mongolia e in Kirghizistan, sono tornato a casa dopo un anno, il prossimo sarà il mio viaggio migliore. Il mio scopo non è viaggiare è quello di esaltare la mia esistenza e l’espressione che ho io è quella di pedalare in posti incredibili. Al momento ho un'agenzia di viaggi con la quale porto sconosciuti in bici in posti estremi. Continuo a viaggiare per far vedere posti unici dove sono già stato e condividere nuove esperienze. Con la fidanzata o da solo seguendo un regime di vita e un allenamento continui".

Quali sono i progetti futuri?
"Oltre a pedalare con persone in giro per il mondo, ho un altro progetto che si chiama 'Bike travels accademia': insegniamo tutto quello che si può e si deve sapere riguardo un viaggio, dall’attrezzature all’abbigliamento, dai dispositivi di navigazione alla geopolitica. E insegno alle persone qual è la differenza tra un viaggiatore e un turista, sempre alla scoperta di qualcosa  di nuovo. Siamo un gruppo di viaggiatori, ognuno di noi porta la sua materia, le persone vivono della materia che insegnano. Abbiamo fatto un viaggio l’anno scorso e ora ci sono tre ragazzi che stanno viaggiando verso la Turchia e poi andranno oltre. Vogliamo incentivare le persone a fare un cambiamento. Non c’è esperienza che possa cambiarti come la voglia di partire".