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Federico Balconi
Federico Balconi

Piste ciclabili, pedonali o ciclopedonali, corsie e bike lane: quanta confusione

di Federico Balconi, avvocato e fondatore dell'associazione Zerosbatti

Il nuovo Codice della Strada interviene sull’utilizzo delle piste ciclabili, ma lo fa in modo discutibile, introducendo nuove regole che finiscono, paradossalmente, per peggiorare la tutela dei ciclisti. La “riga bianca” che dovrebbe proteggerli non è più un confine sicuro: il nuovo quadro normativo consente infatti ai veicoli a motore di invadere spazi prima riservati esclusivamente alle biciclette. La situazione delle piste ciclabili in Italia è dunque controversa: tra obblighi, facoltà e mancanza di reali tutele, i ciclisti non dispongono ancora di aree realmente sicure e dedicate.

Tralasciando le piste ciclopedonali — non obbligatorie e sconsigliate ai ciclisti sportivi per la pericolosa promiscuità con pedoni, animali, pattinatori e podisti — il nodo principale riguarda le piste e corsie ciclabili, teoricamente obbligatorie ma spesso inutilizzabili o invase da altri veicoli. Da tempo sosteniamo che il ciclista sportivo non abbia spazio nella nostra legislazione. Questo vuoto normativo si riflette sulle strade, dove i conducenti di veicoli a motore spesso non tollerano la necessità di rallentare per la presenza di una bicicletta. Il Codice della Strada definisce le piste ciclabili come “zone riservate ai ciclisti”, ma la realtà smentisce la norma: un ciclista sportivo rischia oggi, anche su pista ciclabile, più che sulla carreggiata ordinaria. Il nuovo Codice, inoltre, peggiora ulteriormente la tutela dei ciclisti, togliendo loro l’esclusiva su alcune corsie e consentendone l’utilizzo anche ad auto e moto, relegando le biciclette a una semplice “precedenza”.

Le norme di riferimento

1. Le piste ciclabili (art. 3 CdS)
Secondo l’art. 3, comma 1, n. 39 del Codice della Strada, la pista ciclabile è una parte della strada riservata esclusivamente alla circolazione delle biciclette, segnalata da apposita segnaletica orizzontale e verticale.
Può essere:
•    In sede propria: separata fisicamente dalla carreggiata e dai marciapiedi;
•    Adiacente al marciapiede: separata solo da segnaletica orizzontale (riga continua o discontinua);
•    Ciclopedonale: sede promiscua dove circolano sia ciclisti sia pedoni.
L’art. 182 impone ai ciclisti l’obbligo di utilizzare la pista ciclabile quando presente e segnalata, pena sanzioni amministrative da 25 a 100 euro. Circolare su carreggiata o marciapiede, in presenza di pista obbligatoria, può costituire infrazione.

2. Le aree pedonali: limiti per i ciclisti
Le aree pedonali (art. 3, comma 1, n. 2) sono spazi destinati esclusivamente ai pedoni, di solito nei centri storici o nelle ZTL. L’accesso dei ciclisti è vietato salvo diversa indicazione tramite segnaletica verticale; in tal caso la bicicletta deve essere condotta a mano. Chi accede in bicicletta senza autorizzazione può essere sanzionato. Tuttavia, la conduzione a mano del velocipede è sempre consentita ed equiparata al comportamento del pedone (art. 182, comma 4).

3. Le piste ciclopedonali: condivisione regolamentata
La pista ciclopedonale è segnalata da un cartello blu con i simboli di pedone e bicicletta, separati o sovrapposti, e può essere:
•    Separata: corsie distinte da segnaletica orizzontale. È obbligatoria per i ciclisti, che devono restare nel proprio spazio;
•    Promiscua: ciclisti e pedoni condividono lo stesso spazio. È facoltativa per i ciclisti, che devono procedere a velocità moderata e con particolare attenzione, poiché i pedoni hanno sempre la precedenza. In caso di incidente su pista promiscua, la responsabilità viene valutata in base alla condotta di entrambe le parti, tenendo conto del principio di prudenza (art. 140 CdS).

Responsabilità e rischi

La violazione delle norme sulla circolazione in aree vietate può generare responsabilità civile e, in caso di sinistro, anche penale.
Un ciclista che investe un pedone in area pedonale, ad esempio, può essere accusato di lesioni colpose (art. 590 c.p.), soprattutto se procedeva a velocità eccessiva o in zone non consentite. Sul piano assicurativo, l’assenza di una copertura RC obbligatoria per le biciclette espone i ciclisti a risarcimenti diretti e integrali in caso di danni a terzi. Nelle piste ciclopedonali, dove la promiscuità aumenta il rischio di collisioni, questa mancanza è particolarmente grave.

Tra l’incudine e il martello

In questo quadro paradossale, i ciclisti — sportivi, urbani o turistici — si trovano costretti a scegliere tra piste promiscue e insicure o strade pericolose e ostili, tra il rischio di una multa e quello di un incidente. Di fatto, non esiste ancora un luogo davvero sicuro dove pedalare, allenarsi o semplicemente spostarsi in bici. Con Zerosbatti vogliamo diffondere un messaggio chiaro, già recepito dal resto d’Europa: le persone in bicicletta hanno diritto di muoversi e allenarsi senza essere considerate un intralcio o un pericolo. Serve un cambio di prospettiva: convivere pacificamente sulla strada è possibile, a patto che si riconosca che i ciclisti rappresentano gli utenti più vulnerabili e, proprio per questo, meritano maggiore tutela e rispetto. Ogni ciclista è una risorsa per la salute, l’ambiente e l’economia. Proteggerli significa migliorare la qualità della vita di tutti.