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Bicicletta incidente
Federico Balconi

Violenza sui ciclisti, vittime del retropensiero

di Federico Balconi, avvocato, fondatore dell'associazione Zerosbatti

In questi mesi abbiamo riscontrato un preoccupante aumento di aggressioni in strada nei confronti di ciclisti: automobilisti che volontariamente sfiorano il ciclista in fase di sorpasso pur avendo spazio a disposizione o ancor peggio li speronano facendoli rovinare a terra, con successive aggressioni fisiche o addirittura lancio di oggetti da macchine in corsa, bottiglie o altri materiali che in alcuni casi hanno provocato gravi danni fisici al ciclista che aveva l’unica colpa di pedalare in solitaria.

Sgomento a parte per questi episodi, non troppo rari e in aumento sulle strade, abbiamo cercato di analizzare le ragioni di questo fenomeno, che scaturisce dall'intolleranza degli automobilisti nei confronti di chi utilizza la bicicletta, per sport o come mezzo alternativo di mobilità. Abbiamo cercato di capire perché l’Italia, al contrario del resto d’Europa, ritenga la bicicletta come un intralcio alle corse di chi, essendo in auto, si presupponga  “debba lavorare”, al contrario di questi fastidiosi ciclisti, non aventi diritto di utilizzare le strade veicolari. Vero è che per avere un cambiamento culturale, imprescindibile per modificare la convivenza sulle strade tra automobilisti e ciclisti, ci vorranno un paio di generazioni, ma è pur vero che in altri Paesi (Francia, Spagna per non parlare di Belgio e Olanda, per restare in Europa) ci sono arrivati da tempo, a dimostrazione che si può e si deve fare.

Servono leggi, direbbero i politici in campagna elettorale, ma serve soprattutto una svolta nella percezione che abbiamo dei ciclisti e la riflessione si sposta verso chi, come gli addetti all’informazione, in sintesi i media, possa influenzare i pensieri delle persone. E allora qualche risposta alle domande di cui sopra la possiamo trovare proprio nell’informazione odierna, che a oggi lesina segnali di cambiamento, e anzi nella gran parte degli articoli o servizi televisivi, quando l’argomento riguarda ciclisti o incidenti con vittime ciclisti, che impattano contro camion (come se quel pugile che con la faccia andava incontro ai pugni dell’avversario) aleggia sempre e comunque un gravissimo retropensiero: ovvero che "anche il ciclista ha sempre le sue colpe... Sì ma anche i ciclisti, certo che in fila per tre. Sempre in mezzo alla strada... Sì ma le regole valgono anche per loro...". E così via i commenti da bar o da leone da tastiera, immancabile anche quando la notizia è di un ciclista rimasto ucciso senza alcuna colpa. Si perché vi diamo una notizia: nel 95% dei casi i ciclisti investiti hanno piena ragione!

Ed ecco quindi che, nonostante i 45 ciclisti morti a seguito di manovre criminali di automobilisti nel solo 2025, si spreca un articolo per segnalare la “pirlata” di un ciclista che nella giornata di Pasqua, forse per smaltire il peso dei parenti dell’agnello e della colomba, pare abbia deciso di allenarsi “dietro-macchina” sulla Superstrada, forse ritenendo, stupidamente di trovarla deserta: un’azione pericolosa e senza senso, con la quale il ciclista ha messo a repentaglio la propria vita, oltre che rischiare una multa salata. Un comportamento stupido che non meritava alcuna menzione, o morale su quanto i ciclisti debbano rispettare le regole, o almeno nessuna proporzione con le manovre quotidiane e continue di chi mette a repentaglio la vita altrui, che guidano sotto effetto di alcool o stupefacenti, o che sorpassano in modo azzardato un ciclista o non rispettano una precedenza in rotonda.

La differenza è sostanziale, poiché se il ciclista, per quanto stupidamente, rischia esclusivamente la propria vita, tutte le altre manovre sopra descritte mettono in pericolo la vita di altri individui, dal comfort di un abitacolo che protegge il criminale. E allora ecco la risposta: questo stesso retropensiero, che porta a pensare  che i ciclisti siano di base irrispettosi, pericolosi, trasgressori delle regole, spinge i media a enfatizzare il caso del ciclista che si renda colpevole di una qualsiasi violazione del codice della strada, e legittima l’automobilista a disprezzare e in taluni casi ad odiare, il ciclista che gli si pari dinanzi. E quindi, nella mente di un automobilista che decida di superare un ciclista, pur senza avere distanza e in sfregio alla sicurezza, potrebbero rimanere tracce di quell’articolo, di quel retropensiero che, ridotto e semplificato ai minimi termini, lo legittima non solo a pensare male verso i ciclisti, ritenendoli trasgressori della strada, ma potrebbe incentivare un astio ingiustificato, ed è proprio in quell’istante tra la vita e la morte del ciclista ci passerebbe una distanza minima, spesso di pochi millimetri.

(Photo credits: Shutterstock)