World Tour, effetto climate change
Il surriscaldamento globale entra nell’agenda del calendario del ciclismo. Nel corso del recente seminario organizzato a Nizza dall’Uci, l’annuale incontro dedicato al World Tour maschile e femminile, è stato deciso di creare un gruppo di lavoro del ciclismo professionistico dedicato alle azioni da intraprendere per fronteggiare le ripercussioni dei cambiamenti climatici su questo sport.
Le prime conseguenze pratiche sono legate alle possibili modifiche del calendario di alcune corse a partire dal 2026 per evitare che si svolgano con temperature troppo torride, come ha spiegato il presidente Uci, David Lappartient. È il caso della Vuelta che viene corsa spesso a 40 gradi visto il caldo che imperversa sulla Spagna nella seconda metà di agosto e inizio settembre, come dimostra la necessità di innaffiare i corridori con gli idranti dei pompieri nel corso di alcune tappe corse in Andalusia nell'ultima edizione. Oppure del Tour Down Under che apre la stagione in Australia a gennaio con punte di 45 gradi. Non è ancora chiara quale collocazione potranno avere queste corse, ma l’Uci è intenzionata a cambiare. Il problema è entrato anche nell’analisi della commissione medica che ha elaborato un protocollo sulle alte temperature.
A livello medico, il seminario ha anche stigmatizzato l’uso eccessivo dell’inalazioni di monossido di carbonio. L’Uci ha chiesto fermamente ad atleti e team di non utilizzare questa pratica. Viene considerato accettabile un uso singolo di questo metodo, ma solo per uso medico. L’Uci inoltre ha ufficialmente chiesto alla Wada di prendere una posizione su questa pratica.
(Photo credits: Unipublic/Cxcling/Toni Baixauli e Naike Ereñozaga)