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Cookson vs Lappartient: la sfida
L'appuntamento è fissato per domani mattina nella sala conferenze dell'hotel Radisson Blu di Bergen. E' lì che, nel giorno di riposo del mondiale norvegese, si riuniranno i 45 grandi elettori per affidare il nuovo mandato di presidenza dell'Unione Ciclistica Internazionale. Gli sfidanti, ormai lo sanno anche i sassi sui fiordi, sono il numero uno uscente Brian Cookson e il... numero due uscente David Lappartient. Una sfida fatta in casa, una sorta di derby da cui dipenderanno le sorti del ciclismo mondiale per il prossimo quadriennio. Talmente vicini sono i due candidati che si può già escludere burrasche come quelle di Firenze 2013, quando lo spirito di Machiavelli guidò la più grottesca delle elezioni: sei ore di congresso culminate nell'assurdo voto per stabilire se votare, anticamera dell'elezione dell'ex presidente di British Cycling. A Bergen non si attende nessuna manovra machiavellica, regneranno la cordialità e il compito ordine norvegese, nonostante alla vigilia il verdetto appaia più in bilico del previsto.
Brian Cookson è stato il protagonista di un'era di transizione per l'UCI. Arrivato ad Aigle dopo l'elezione più convulsa di sempre, il baronetto inglese si è impegnato principalmente a restituire credibilità all'ente internazionale, dopo gli anni bui di Hein Verbruggen e Pat McQuaid. Ha cercato di impostare un lavoro nuovo sulla trasparenza e sull'indipendenza, con risultati altalenanti. I passi avanti compiuti rispetto agli scandali doping sono sotto gli occhi di tutti, con un'ultima stagione che ha visto sì qualche piccola sospensione a ridosso dei grandi giri, ma limitate perlopiù a nomi di secondo piano. Resta però sottotraccia proprio l'affaire che ha coinvolto la sua stessa British Cycling, con un'indagine su doping e sessismo che sin qui è stata ben lontana dal far luce sulla vicenda. Più conflittuale è invece la questione del doping meccanico, sulla quale però si attende anche chiarezza, e sarà una grande sfida del prossimo presidente federale, chiunque sia. Molto timida è stata invece l'iniziativa dell'UCI sugli altri ciclismi, e in particolare su quel cycling for all che viene molto spesso citato ma ben poco incoraggiato. Tombale è stato il silenzio di entrambi i candidati su un tema chiave dei giorni nostri come la sicurezza. Cookson non è stato comunque un presidente di rottura: ha dato seguito a parecchi discorsi avviati dai suoi predecessori, soprattutto per quanto concerne la visione economica globale del ciclismo. Tra allargamento dei confini, diritti televisivi e iniziative promozionali, quello di Cookson è stato un quadriennio ricco di contratti e contanti entrati nelle casse di Aigle. E a prescindere da tutto questa resta la carta più forte in mano al britannico.
Lo sfidante, David Lappartient, è il candidato del ciclismo più classico e tradizionale. Figura chiave del movimento europeo da oltre un decennio, Lappartient ha avuto una scalata costante, prima all'interno della FFC (Fédération Française du Cyclisme) e poi della federazione europea, di cui è presidente uscente. Dal 2013 è vicepresidente UCI nonchè a capo del Consiglio del Ciclismo Professionistico, il vero e proprio organo di governo di Aigle. Non certo una figura di discontinuità, insomma, ma anzi una diversa emanazione della dirigenza attuale, e questo sarà probabilmente il suo maggior punto di debolezza nel momento in cui si andrà al comizio finale. Nelle sue intenzioni c'è un'incremento della vigilanza sul possibile doping meccanico (fortemente rilanciata dai media d'oltralpe), un'apertura al dibattito sulle radioline in corsa e un'ennesima, ulteriore, stretta dei regolamenti antidoping, mutuata da quelli del MPCC (Movimento per il Ciclismo Credibile), uno dei suoi grandi elettori, in una rete di consensi cresciuta di molto negli ultimi mesi. Con Lappartient sono schierate le federazioni francese, belga, spagnola e tedesca, e un timido approccio è avvenuto anche con quella italiana, che tradizionalmente è più restia a schierarsi prima del risultato. Il primo sostenitore del francese però è il vero colosso del ciclismo mondiale: ASO. Proprio lo stretto legame con gli organizzatori del Tour de France rischia di trasformarsi però in un boomerang per la candidatura transalpina: in un ciclismo che vede già ASO recitare la parte del leone nel calendario World Tour a discapito di troppi altri organizzatori.
L'elettorato, come detto, è costituito da 45 delegati: 15 vengono dall'Union Européenne de Cyclisme, Africa, Asia e Americhe contano su nove delegati ciascuna, mentre tre saranno gli elettori dell'Oceania. Dato per acquisito un voto quasi compatto dell'Europa per Lappartient, Cookson sembra già attribuirsi pressochè la totalità degli altri voti, tanto da essersi sbilanciato su un 30-15, ma queste consultazioni si prestano spesso a ribaltoni nelle ore immediatamente precedenti, e sono gli elettori dell'Asia continentale in questo momento i più corteggiati. Consultazioni e promesse monopolizzeranno i tavoli di tutti i ristoranti di Bergen ancora per qualche ora, poi toccherà ai due candidati tirare le somme. Nella tarda mattinata di domani i tre sorteggiati Joe Bajada (Malta), Vitali Zhmako (Bielorussia) e Gilchrist Adolfo (Angola) proclameranno il nuovo presidente dell'Unione Ciclistica Internazionale. E chiunque sarà il vincitore, sarà soltanto all'inizio di un quadriennio di sfide quantomai complicate.
Brian Cookson è stato il protagonista di un'era di transizione per l'UCI. Arrivato ad Aigle dopo l'elezione più convulsa di sempre, il baronetto inglese si è impegnato principalmente a restituire credibilità all'ente internazionale, dopo gli anni bui di Hein Verbruggen e Pat McQuaid. Ha cercato di impostare un lavoro nuovo sulla trasparenza e sull'indipendenza, con risultati altalenanti. I passi avanti compiuti rispetto agli scandali doping sono sotto gli occhi di tutti, con un'ultima stagione che ha visto sì qualche piccola sospensione a ridosso dei grandi giri, ma limitate perlopiù a nomi di secondo piano. Resta però sottotraccia proprio l'affaire che ha coinvolto la sua stessa British Cycling, con un'indagine su doping e sessismo che sin qui è stata ben lontana dal far luce sulla vicenda. Più conflittuale è invece la questione del doping meccanico, sulla quale però si attende anche chiarezza, e sarà una grande sfida del prossimo presidente federale, chiunque sia. Molto timida è stata invece l'iniziativa dell'UCI sugli altri ciclismi, e in particolare su quel cycling for all che viene molto spesso citato ma ben poco incoraggiato. Tombale è stato il silenzio di entrambi i candidati su un tema chiave dei giorni nostri come la sicurezza. Cookson non è stato comunque un presidente di rottura: ha dato seguito a parecchi discorsi avviati dai suoi predecessori, soprattutto per quanto concerne la visione economica globale del ciclismo. Tra allargamento dei confini, diritti televisivi e iniziative promozionali, quello di Cookson è stato un quadriennio ricco di contratti e contanti entrati nelle casse di Aigle. E a prescindere da tutto questa resta la carta più forte in mano al britannico.
Lo sfidante, David Lappartient, è il candidato del ciclismo più classico e tradizionale. Figura chiave del movimento europeo da oltre un decennio, Lappartient ha avuto una scalata costante, prima all'interno della FFC (Fédération Française du Cyclisme) e poi della federazione europea, di cui è presidente uscente. Dal 2013 è vicepresidente UCI nonchè a capo del Consiglio del Ciclismo Professionistico, il vero e proprio organo di governo di Aigle. Non certo una figura di discontinuità, insomma, ma anzi una diversa emanazione della dirigenza attuale, e questo sarà probabilmente il suo maggior punto di debolezza nel momento in cui si andrà al comizio finale. Nelle sue intenzioni c'è un'incremento della vigilanza sul possibile doping meccanico (fortemente rilanciata dai media d'oltralpe), un'apertura al dibattito sulle radioline in corsa e un'ennesima, ulteriore, stretta dei regolamenti antidoping, mutuata da quelli del MPCC (Movimento per il Ciclismo Credibile), uno dei suoi grandi elettori, in una rete di consensi cresciuta di molto negli ultimi mesi. Con Lappartient sono schierate le federazioni francese, belga, spagnola e tedesca, e un timido approccio è avvenuto anche con quella italiana, che tradizionalmente è più restia a schierarsi prima del risultato. Il primo sostenitore del francese però è il vero colosso del ciclismo mondiale: ASO. Proprio lo stretto legame con gli organizzatori del Tour de France rischia di trasformarsi però in un boomerang per la candidatura transalpina: in un ciclismo che vede già ASO recitare la parte del leone nel calendario World Tour a discapito di troppi altri organizzatori.
L'elettorato, come detto, è costituito da 45 delegati: 15 vengono dall'Union Européenne de Cyclisme, Africa, Asia e Americhe contano su nove delegati ciascuna, mentre tre saranno gli elettori dell'Oceania. Dato per acquisito un voto quasi compatto dell'Europa per Lappartient, Cookson sembra già attribuirsi pressochè la totalità degli altri voti, tanto da essersi sbilanciato su un 30-15, ma queste consultazioni si prestano spesso a ribaltoni nelle ore immediatamente precedenti, e sono gli elettori dell'Asia continentale in questo momento i più corteggiati. Consultazioni e promesse monopolizzeranno i tavoli di tutti i ristoranti di Bergen ancora per qualche ora, poi toccherà ai due candidati tirare le somme. Nella tarda mattinata di domani i tre sorteggiati Joe Bajada (Malta), Vitali Zhmako (Bielorussia) e Gilchrist Adolfo (Angola) proclameranno il nuovo presidente dell'Unione Ciclistica Internazionale. E chiunque sarà il vincitore, sarà soltanto all'inizio di un quadriennio di sfide quantomai complicate.