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Il 'lockdown dei boschi' vieta la mountain bike. I parchi: pannicello caldo contro la peste suina, rischiamo il collasso

Il 'lockdown dei boschi', potremmo chiamarlo. Con il provvedimento del 13 gennaio, il governo è entrato a gamba tesa in una situazione già delicata. L'ordinanza sottoscritta dai ministri Roberto Speranza e Stefano Patuanelli, infatti, prevede che in 114 Comuni lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte, saranno vietate per sei mesi le attività di mountain bike, trekking, raccolta funghi, caccia e pesca. Questo per impedire ogni contatto con i cinghiali, colpiti da un'ondata di peste suina: la 'zona rossa', dunque, comprende 78 Comuni piemontesi e 36 liguri, in provincia di Alessandria, Genova e Savona.

Cosa significa tutto ciò per i mountain biker? E, soprattutto, che ricadute ha questa situazione sul turismo outdoor? "Il rischio è veramente il collasso", dichiarano i dirigenti del Parco del Beigua. Di fatto, si tratterebbe del "terzo lockdown in tre anni". Roberto Costa, coordinatore di Federparchi Liguria, ha rivolto un appello alle autorità nazionali e regionali: "La chiusura prolungata di interi territori montani ad attività importanti come escursionismo, mtb biking, turismo equestre, ricerca funghi, rischia di trasformarsi in un nuovo 'lockdown'". La conseguenza? "La chiusura di innumerevoli attività il cui reddito proviene dalla presenza del turismo outdoor: rifugi, agriturismi, attività alberghiere, guide naturalistiche, accompagnatori turistici, centri educazione ambientale, produttori tipici…".

Una mazzata che nessuno si sarebbe aspettato, vista l'attenzione con cui le strutture locali erano ripartite, con una serie di iniziative all'aria aperta nel rispetto delle norme. In un comunicato, l'Associazione Guide Ambientali Escursionistiche Liguria denuncia l'aggravarsi anche della loro condizione lavorativa: "L'ordinanza blocca in maniera perentoria la nostra attività", si legge. "Le Guide e più in generale i professionisti del Turismo svolgono un'attività organizzata e non è più possibile persistere nell'attuale situazione di incertezza. Non possiamo essere dimenticati: ulteriori sei mesi di fermo lavorativo causerebbero la nostra scomparsa".

Anche perché, come sottolineano i responsabili del Parco del Beigua, questo divieto rappresenta "un pannicello caldo: gli animali selvatici si spostano, soprattutto i lupi che possono percorrere centinaia di chilometri dopo aver mangiato una carcassa. Molti altri animali selvatici entrano a contatto con il virus e anche loro possono trasportarlo". Vale a dire che, anche senza gli amanti della mtb o del trekking, "il virus è destinato ad espandersi".

Ammorbidendo leggermente la linea del ministero, con una nuova ordinanza la Regione Liguria ha sottolineato che resta possibile svolgere attività outdoor (trekking, mtb e sport) a patto di mantenersi su strade provinciali e comunali e su tutte le strade asfaltate, anche private, necessarie per raggiungere abitazioni, luoghi di lavoro, fondi agricoli di proprietà, strutture ricettive. Resta, però, il divieto assoluto di passeggiare o andare in bici nei boschi nella zona rossa.

Quest'ordinanza, però, ha già creato ulteriore confusione: in quali aree cintate si può far attività outdoor? Sarebbe consentito andare in bici ai parchi di Nervi, ad esempio, ma non al Peralto? Non si potrebbero graduare i provvedimenti a seconda del livello di rischio, differenziando ogni zona? In questo modo, come suggerisce Roberto Costa, coordinatore di Federparchi Liguria, si eviterebbero chiusure totali "indicando prescrizioni quali l'obbligo di seguire i sentieri segnalati, non portare cani, consentire l'accesso a gruppi controllati, guidati e numericamente limitati".

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