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Federico Guido

Pogacar-van der Poel, una storia scritta in tandem sulle pietre del nord

Spinti da motori fuori dal comune, mossi da una “fame” agonistica vorace e animati dalla voglia di porre l’asticella sempre un più in alto per conquistare, non solo semplici vittorie, ma firmare autentiche imprese, Tadej Pogacar e Mathieu van der Poel hanno scritto la storia del ciclismo anche nelle ultime settimane, aggiudicandosi, rispettivamente, dopo i dardi scagliati l’uno contro l’altro sul Poggio in occasione della Milano-Sanremo, poi vinta dall’olandese, il Giro delle Fiandre (Pogacar) e la Parigi-Roubaix (Van der Poel) più veloci di sempre. Senza dimenticare l’Amstel e la Freccia Vallone dello sloveno, prima che la caduta, con frattura allo scafoide della mano sinistra (rientro previsto a metà maggio), gli precludesse la possibilità di lottare con Remco Evenepoel alla Liegi-Bastogne-Liegi bissata infine dal belga.

A suon di scatti dinamitardi e accelerazioni irresistibili, il ventiquattrenne dell’Uae team Emirates e il ventottenne dell’Alpecin-Deceuninck (curiosamente sempre col dorsale numero 21 sulla schiena), nella campagna delle classiche primaverili, si sono distinti, in maniera a dir poco esaltante, sulla concorrenza e, strappando di forza il successo l’uno alla Ronde van Vlaanderen e l’altro all’Inferno del Nord, hanno finito per stabilire o ritoccare primati che, irrimediabilmente, contribuiscono ad accrescerne ancora la nomea di unici e straordinari fuoriclasse.

Parlando del talento di Komenda, per capire la portata della vittoria da lui conquistata sui muri fiamminghi, basti pensare che egli è il primo vincitore di un Grande Giro a mettere le mani sulla Ronde dai tempi di Gianni Bugno (1994) e l’unico ad aver confezionato tre vittorie in altrettante differenti classiche Monumento prima dei 25 anni assieme ad Eddy Merckx. Il nome del campionissimo belga, nelle ore successive al numero finalizzato sul traguardo di Oudenaarde, è stato accostato più volte a quello dello sloveno il quale, anche quest’anno, sta viaggiando a medie (e conseguendo affermazioni) a dir poco cannibalesche.

Prima di Pogacar, infatti, solo Merckx aveva vinto (nel 1969) Ronde e Parigi-Nizza nello stesso anno e, soprattutto, solo costui (assieme a Louison Bobet) era riuscito a mettere in bacheca sia il Tour de France che il Fiandre, corsa quest’ultima che Pogacar, a differenza dei quattro tentativi impiegati dal belga, ha portato a casa al secondo colpo. Pogacar, con il primo posto alla Ronde seguito da quelli all’Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone, è salito a quota 58 vittorie in carriera, ventidue meno del Cannibale a parità di età, una distanza che, però, non è utopia possa esser colmata in futuro se Tadej dovesse continuare a inanellare capolavori con questa rapidità e con questa, apparente, facilità.

Nemmeno è da escludere che Pogacar possa un giorno raggiungere Merckx nel ristretto cerchio dei vincitori di tutte e cinque le Monumento. Ad oggi, infatti, il prodotto della Ljubljana Gusto ha già messo in bacheca Fiandre, Liegi e (due volte) Lombardia; mancano Sanremo e, forse ancora più difficile per lui da conquistare, la Parigi-Roubaix. Prematuro, nonostante il ruolino di marcia, ipotizzare se possa un giorno avvicinare, raggiungere o addirittura superarlo per numero di Monumento conquistate (19) visto che, con il successo ottenuto il 2 aprile, Tadej è “fermo” a quattro trionfi (su undici partecipazioni). Cifra che, al momento, gli vale la testa della graduatoria dei plurivittoriosi in attività in questa tipologia di corse al fianco proprio di Mathieu van der Poel.

Il nipote di Raymond Poulidor, con il successo confezionato in solitaria alla Roubaix, ha infatti raggiunto Pogacar in vetta a questa classifica (i due hanno un paio di vittorie di margine sull’attuale iridato e re della Liegi-Bastogne-Liegi 2023 Remco Evenepoel, Degenkolb, Kristoff, Fuglsang e Sagan e tre su un gruppo di 18 atleti a quota un successo), lasciandoselo però alle spalle, al pari di tutti gli altri corridori in attività, in quella per numero di podi dove è primatista con otto top tre.

Oltre a ciò, è altrettanto rilevante evidenziare come il trionfo nella Regina delle Classiche abbia sancito l’ingresso del classe 1995 di Kapellen nel ristrettissimo novero di atleti (assieme a lui, John Degenkolb, Sean Kelly e Cyrille van Hauwert) capaci di abbinare nella stessa stagione il trofeo della Roubaix a quello della Milano-Sanremo e lo sbarco nella cerchia, parimenti limitata (solo Jan Raas e Hennie Kuiper ne fanno parte), di nederlandesi in grado di raggiungere quota quattro monumenti in carriera. Con essi poi, contemporaneamente, Mvdp è diventato l’undicesimo corridore di sempre a poter annoverare nel proprio palmares almeno una Sanremo, una Ronde e una Roubaix, un tris riuscito in passato anche a Kelly, Roger De Vlaeminck, Merckx e Alfred De Bruyne, i soli quattro nella storia che, come lui, sono stati capaci di concludere al primo o al massimo al secondo posto nella stessa stagione i primi tre monumenti dell’anno.

Aver scomodato questi nomi nell’ultimo mese commentando gli exploit tanto di van der Poel quanto di Pogacar rende bene l’idea di come, parlando di queste individualità, si faccia riferimento già oggi a due grandissimi del pedale, a due formidabili e talentuosi interpreti di questo sport per i quali è, e sarà sempre più necessario, tenere aperti i libri di storia del ciclismo e, con essi, anche gli occhi… per non perdersi neanche un secondo delle incredibili gesta che, prossimamente, andranno a pennellare.

Nella foto: Pogacar (al centro) in scia a Van der Poel, durante l'edizione 2023, poi vinta, del Fiandre (Foto: Shutterstock)