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Redazione

Alfonsina, regina delle Puglie

di Emilio Cattolico

Piccola e muscolosa. Caschetto riccio. Poderosa. Manubrio abbassato al massimo, come le insegnò il marito, anch’egli sfortunato ciclista. È il 1924. È la dodicesima edizione del Giro d’Italia di ciclismo. se si considera la pausa forzata dalla Grande Guerra. Alfonsina Strada,  che  si registrerà con «sessualmente ambiguo nome di Alfonsin» - per non destare clamori e scandali – è la prima e unica donna a partecipare ad una edizione del Giro della «rosea».

Si parte da Milano, per quello che è considerato un giro mostruoso: dodici tappe - non accadeva dalla 3a edizione del 1911 – per un totale di 3613 km. Praticamente una media di 330 km a tappa. Fino a Taranto. Mai ci si era spinti così a Sud. Alfonsina Rosa Maria Morini, questo il suo nome integrale da nubile, parte con il numero «72». La bicicletta è il suo più grande amore. Poi lo sarà anche la motocicletta. Amore, questi, che, nel 1959 le sarà fatale. Appare strano come le vite possano intrecciarsi senza mai toccarsi. A pochi chilometri dalla sua Castelfranco Emilia, allora provincia di Bologna, un altro Morini, questa volta un «Alfonso», sempre nel 1924, stava scrivendo la storia del motociclismo italiano fondando, nella «città delle torri» la MM, poi divenuta Moto Morini.

Il Giro del 1924 non fu solo il più lungo, ma anche quello del «grande boicottaggio» dei campionissimi e delle rispettive squadre. Nessun campione straniero, nessuna squadra blasonata. La Maino sarà completamente assente e Legnano solo parzialmente presente con alcuni atleti indipendenti. Alfonsina diventa così il catalizzatore, il pionieristico esempio di marketing di genere a far sì che il pubblico non perda interesse nella corsa. Nelle prime quattro tappe il Giro prosegue bene. Così anche per Alfonsina che si classifica a ogni tappa, lasciando dietro anche qualche avversario, sulla carta più forte.

Durante la 5a tappa cambia tutto. Le strade dopo Napoli sono strade «bianche» completamente impercorribili: il comitato cambia la partenza della quinta tappa: da Salerno la carovana si sposta a Potenza. In treno. Nel giorno del riposo. Un vagone fu allestito solo per lei. Qui la situazione non cambierà di molto. Alfonsina è una star. Il pubblico la ferma lungo la strada. Alle porte di Matera Alfonsina cade, si ferma, si rialza grazie al pubblico, non prima di aver firmato alcuni dei numerosissimi autografi che siglerà lungo tutta l’edizione del Giro.

Si entra nella provincia di Taranto: si fiancheggia il mare che Alfonsina, come dirà anni dopo, non aveva mai visto così da vicino. Lo Ionio così come l’Adriatico, tra Fasano e Molfetta. A Taranto l’arrivo è nel nuovissimo motovelodromo «Corvisea», divenuto qualche mese dopo «Littorio». La storia è fatta di date, in fin dei conti. Un fiume di pubblico l’accoglie dal 15° km prima dell’arrivo. Aspettava solo lei. Fiori lanciati lungo la strada. Rose e Ginestre selvatiche, dicono le cronache. All’arrivo stremata, con più di due ore di ritardo dal vincitore di tappa Gay, il pubblico era tutto per lei. Le autorità civili e militari, intrattenute fino a quel momento da gare dilettantistiche su pista, l' acclamarono come «la nuova regina delle Puglie». Due bande, quella comunale e quella della Marina Militare intonarono marce e sonate in suo onore.

Sugli spalti del velodromo anche il compositore tarantino Mario Costa, in vacanza nella sua città natale dopo il recente successo alla Fenice di Venezia,  che diresse personalmente le bande eseguendo due suoi celebri brani: «Era de Maggio e La Regina della festa». Solo per lei. La serata si concluse al Grand Hotel Europa tra vino e frutti di mare, come le famose Ostriche tarantine, premiate con la medaglia d’Oro all’Esposizione di Bruxelles del 1910. Il giorno dopo la carovana ripartì alla volta di Foggia. Come riporta Paolo Facchinetti nella sua monografia su Alfonsina, a Fasano un gioielliere consegnò una Coppa e una medaglia d’oro inviatale dal comitato del velodromo del Sempione di Milano. Tante sottoscrizioni da parte di appassionati: sostegni in moneta e fiori, e ancora fiori.

Fino a Foggia, dopo il mito della regina Alfonsina si pareggiò con quello del padrone di casa: «Tutolicchio». Al secolo Domenico Tutolo – chiamato così da Costante Girardengo e collega al Giro del ’24 di Alfonsina. Il viale della stazione di Foggia era una bolgia. E si faceva fatica a contenere l’entusiasmo. Era ormai la Regina delle Puglie. Da lì in poi come sappiamo il Giro prese una «nuova direzione». Alfonsina cadde prima di Perugia. Doveva essere squalificata per overtime, ma il Comitato organizzatore ancora una volta le concesse di continuare il suo Giro. Fuori classifica. Interrotta sempre lungo il suo cammino dalla fatica, dal ginocchio dolorante e dal pubblico. Alfonsina non scendeva mai dalla bici, per rispetto nei confronti dei suoi colleghi. Rallentava stremata e poi ripartiva. Arrivò a Milano accumulando un ritardò immenso. Ma ci arrivò. Sola contro tutti. Contro tutto. Viva Alfonsina.

(nella foto in alto il motovelodromo Corvisea di Taranto)