L'ingegnere fiorentino e l'Espada
di Emilio Cattolico
La Banesto voleva il record mondiale dell’ora per il suo pupillo Miguel «Miguelòn» Indurain. Lo voleva a tutti i costi, tanto da non programmare la partecipazione del ciclista spagnolo ai mondiali di ciclismo di Agrigento. È il 1994. La storia del record ha una brevissima gestazione. La Banesto – la banca multinazionale spagnola di servizi finanziari spagnola e sponsor unico di Indurain – nonostante fosse in piena crisi finanziaria dalla fine del 1993, contattò Fausto Pinarello, patron dell’omonimo marchio di biciclette e fornitore per Indurain, affinchè progettasse un mezzo senza precedenti e che consentisse al ciclista di battere il record dell’ora su pista.
C’è anche una data: il 2 settembre. Anche un velodromo: quello della città di Bordeaux; lo stesso che in quei precisi giorni di primavera del 1994 videro il «The Flying Scotsman» Graeme Obree riprendersi il «suo» record del 1993 che gli fu strappato, dopo pochissimo, da Chris Boardman. Con 56,713 km e la sua evoluzione della «Old Faithful» dell'anno precedente. Un telaio in lega fatto in casa con materiali presi qua e là e le famose ruote a tre razze in carbonio Specialized che fecero storia negli anni a venire. Per l'entourage di Indurain questi numeri diventano un tarlo. Ed è qui che le storie si incrociano. Proprio qui entra in gioco un ingegnere fiorentino specializzato in aerodinamica proveniente dal mondo della formula 1: Marco Giachi.
L'ingegnere aveva in mente di mettere al servizio delle case produttrici di biciclette, la sua esperienza nel settore delle fibre composite. Questo desiderio cominciò a girare quando - qualche tempo prima un altro grande marchio italiano si presentò alla sua corte - per la progettazione di mezzo da record su pista. Non se ne fece più nulla, ma quel desiderio restò immutato.
«Le grandi aziende in quegli anni avevano a disposizione i migliori telaisti e saldatori, verniciatori e cromatori, ma di fibre composite, di carbonio, in quel settore, non si sapeva nulla, ricorda Giachi. Pensai - continua l'uomo della Espada di Indurain - che un'ala in carbonio per F1 se resiste a carichi di centinaia di kg, sicuramente resisterà agli 80kg di un ciclista». Inviò lettere a tutti i costruttori e proprio qui che le coincidenze prendono vita. Quella lettera la ricevette anche Pinarello. «Fausto mi contattò chiedendomi se fossi interessato al progetto, prosegue Giachi». I tempi erano davvero strettissimi. Stiamo parlando di trent'anni fa, oggi sarebbe tutto più semplice. Tempi e denaro decisamente inferiori.
Dopo un primitivo prototipo testato brevemente in galleria del vento realizzato con tubi a traliccio, passai alla realizzazione di una monocoque. Ma prima di arrivare alla versione definitiva, ancora una volta il tempo non ci permise prove dirette sul carbonio per via della lungaggine produttiva. Giachi realizzò un prototipo in acciaio pesantissimo per le geometrie e gli assetti, mentre per l'aerodinamica costruì un "vestito" fatto da due semi gusci di fibra di vetro. Il risultato era antitecnologico da un punto di vista prestazionale, ma straordinario per i risultati in dinamica presso la galleria del vento dell'Agusta.
In meno di 50 giorni la Espada era fuori dalla camera iperbarica. «Era appena passato ferragosto ricorda l'ingegnere di Firenze». La Pinarello ritirò telaio e forcella, procedette subito all'assemblaggio con il meglio della tecnologia Campagnolo, Selle Italia e ITM. Alla fine di agosto Indurain, Fausto Pinarello e la Espada erano a Bordeaux per le prime prove. Proprio nei giorni in cui si tenevano i Mondiali a cui il ciclista, reduce dallo straordinario successo alla Grande Boucle, aveva dovuto rinunciare.
Il 2 settembre arriva. Indurain aveva gli occhi del mondo addosso e anche quelli della Banesto. Il velodromo era deserto. Il record arrivò. Obree era stato battuto ancora una volta in poco più di un anno e mezzo. Fu storia: 53.040 km. La prima volta sopra i 53 Km. Quaranta metri che consacrarono Indurain nell’Olimpo del ciclismo di sempre. Il 2 settembre di trent’anni fa.
(Photo courtesy: www.pinarello.com)