Mondiale per campioni soli
“Assoli” e “Mondiali”: queste due parole, una a fianco all’altra, possiamo dire suonino piuttosto bene e non è un caso che, anche se magari non disposte esattamente in quest’ordine, le abbiamo comunque sentite e lette molto vicine tra loro negli ultimi tempi all’interno dei discorsi relativi alle prove élite maschili dei Campionati del Mondo di ciclismo di strada. Con l’abbacinante attacco a 51 chilometri dal traguardo di Tadej Pogacar nell’ultima rassegna iridata di Zurigo, è infatti salita a cinque consecutive la striscia di gare dei pro’ con in palio la maglia arcobaleno conclusesi vedendo un uomo giungere in solitaria a braccia alzate sotto lo striscione d’arrivo.
Inizia Alaphilippe
A inaugurare la serie, tornando indietro al 2020, ci ha pensato Julian Alaphilippe con l’attacco a 12 chilometri dalla conclusione sulle pendenze di Cima Gallisterna ai Mondiali di Imola, un’azione poi replicata dal corridore francese dodici mesi più tardi a Leuven con lo scatto vincente sullo strappo di Sint-Antoniusberg a -17 km dall’arrivo. Nel 2022 invece, a Wollongong (in Australia), è toccato a Remco Evenepoel prendere il testimone dal compagno di squadra in Quick-Step Alpha Vinyl e andare a conquistare il titolo di Campione del Mondo involandosi tutto solo, dopo una gara condotta costantemente all’attacco, a 25 chilometri dalla conclusione lungo l’ascesa di Mount Pleasant.
Van der Poel in Scozia
Sempre con la strada tendente all’insù è stato poi Mathieu van der Poel a farsi carico nel 2023, a Glasgow, di dipingere il quarto assolo iridato di fila staccando gli avversari diretti, grazie alla sua impareggiabile potenza, a 22 chilometri dal termine. Infine, qualche giorno fa, è arrivato il momento di Tadej Pogacar, uno che ha fatto (specie in questa stagione) delle cavalcate in solitaria il suo marchio di fabbrica e che, proponendo un’azione quasi senza eguali in questo contesto agonistico, ha scongiurato per un’altra edizione della rassegna iridata una possibile conclusione allo sprint. A un tale esito tra gli uomini élite non si assiste dal 2019 quando Mads Pedersen, a Harrogate, superò Matteo Trentin e Stefan Kung in quello che, all’epoca, fu il quarto Mondiale consecutivo deciso da una volata a ranghi più o meno compatti dopo quelli di Innsbruck (Valverde su Bardet e Woods), Bergen (Sagan 1° davanti a Kristoff e Matthews) e Doha (ancora Sagan su Cavendish e Tom Boonen).
Sprint dimenticati
Da allora il titolo mondiale non è più stato assegnato tramite uno sprint, scenario questo per cui verosimilmente potremmo attendere ancora diverso tempo. L’anno prossimo, per la prima volta nella storia dei Campionati del Mondo, a far da sfondo alla contesa iridata saranno le strade africane del Ruanda e, per la precisione, di Kigali, cittadina (nonché capitale del paese) attorno alla quale è stato disegnato un circuito molto esigente che, comprendendo la Côte de Kigali Golf e la Côte de Kimihurura (quest’ultima posta a poche centinaia di metri dal traguardo) e sommando un dislivello complessivo di 5.475 metri, pare esser fatto su misura per ispirare selezione e un nuovo arrivo in solitaria.
Ancora salite
Più leggere ma ugualmente impegnative dovrebbero essere le rassegne di Montreal nel 2026 e quella in Alta Savoia nel 2027 che, visto il terreno su cui si disputeranno, tutto sembrano suggerire fuorché un finale allo sprint. Per quest’ultimo, dunque, non è fuori luogo pensare di aspettare fino al Mondiale negli Emirati Arabi Uniti del 2028 che ben si presta, per caratteristiche morfologiche, a uno showdown tra le ruote veloci. Nel frattempo, la speranza è quella, esattamente come accaduto domenica scorsa, di bearsi della lotta e dello spettacolo a cui gli straordinari fuoriclasse contemporanei del pedale, facendo leva sul loro smisurato talento, la loro capacità d’improvvisazione e la loro naturalezza nell’esprimere wattaggi insostenibili per la maggior parte del gruppo, hanno dimostrato di saper dar vita rendendo uniche, a modo loro, le ultime edizioni dei Campionati del Mondo.