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Francesco Martucci
Leonardo Serra

Francesco Martucci: "Vi racconto il ciclismo negli Stati Uniti"

Francesco Martucci racconta la sua passione per il ciclismo, soprattutto per il fixed negli Stati Uniti, e la vita da sport manager con Canyon. La sua passione nasce nel 1998, quando guardando le gesta di Marco Pantani chiese al papà una bicicletta. Il padre decise di iscriverlo a una società ciclistica la Polisportiva San Marinese, dove ha cominciato a gareggiare come G6.

Come è finito a gareggiare negli Stati Uniti?
“La mia prima gara negli Stati Uniti è stata nel 2012, si trattava della più famosa gara a scatto fisso del mondo, la Red Hook Criterium di New York. Qualche mese prima, in ottobre, corsi la tappa di Milano sempre della Red Hook. In palio per il primo atleta europeo c'era un biglietto aereo per la tappa americana. Un quarto posto fu abbastanza per vincere il premio ed andare a correre nella Grande Mela”.

MartucciQuali sono le principali differenze tra l’Italia e gli Stati Uniti a livello ciclistico?
“Le differenze sono tante. Se parliamo di ciclismo giovanile, qui negli States c'è molto meno supporto che in Italia. Le squadre giovanili sono davvero poche e così anche le gare. I costi sono elevati. Si va da un minimo di 50 dollari per un criterium locale, fino a 200 dollari solo di iscrizione per una gara a tappe anche per esordienti, allievi e juniores. Poi c'è quasi sempre da acquistare un biglietto aereo viste le distanze e alloggio. Per i team il sostegno finanziario dei genitori è fondamentale. In Italia il supporto della federazione è maggiore e anche i costi sono più accessibili".

E per le gare dei professionisti?
"Per quanto riguarda le gare pro non c'è più il Tour of California e il Tour of Utah gare UCI di altissimo livello. Purtroppo il modello Europeo è difficile da replicare qui. I costi sono altissimi e solo con gli sponsor è difficile. Vedo, però, che qualcosa si sta muovendo. Gare come la GF di New York e la Levi Granfondo che mixano Pro ed amatori con partenze separate, come succese nel modello Ironman, mi fanno ben sperare per il futuro. Il grande numero di amatori paganti aiuta a finanziare l'evento”.

Red Hook BrooklynC’è più spazio per chi entra da esterno?
“C'è più spazio per chi parte tardi e ha buoni numeri e possibilità economica. Qui le gare amatori si dividono per categorie e per passare da Cat 5 a un Cat 1 devi fare molte gare e pagare tante iscrizioni. In Italia se un ragazzo parte a 20 anni nemmeno un team U23 lo considera. Negli States per un atleta di 30 anni c'è sempre una speranza di poter essere ingaggiato da un piccolo team continental o uno di quelli che chiamano 'domestic pro' anche se sei più avanti con l'età. Ci tengo a sfatare un mito, il 99% degli atleti che si fanno chiamare pro negli Stati Uniti in realtà, oltre che gareggiare, ha anche un normale lavoro”.

Ha una gara che ricorda con piacere?
“La gara che ricordo con più piacere è stata la Red Hook di Brooklyn. Ho ancora la pelle d'oca a pensare all'inno americano suonato qualche istante prima della partenza con la Statua della libertà alle mie spalle”.

Le gare americane hanno più fascino di quelle italiane? A livello di pubblico dove ha trovato più calore?
“Le gare amatori sono accessibili anche dai Pro quindi hanno più pubblico e visibilità che in Italia. Per le gare Pro, però, nulla secondo me può competere con la nostra passione e la nostra storia in Europa. Tour, Giro o le gare in Belgio per citarne alcune, hanno un pubblico che qui se lo sognano. Tanti amici ogni anno volano in Europa per vedere i grandi campioni e le gare che contano. Non conosco nessuno che vola dall'Europa per venire a vedere una Criterium americana. Mentre per il gravel, a Unbound ho trovato davvero una grande atmosfera. Consiglio a tutti gli Italiani appassionati di gravel di venire almeno una volta a provare l'emozione di correre sullo sterrato del Kansas”.

Come si trova a lavorare con il Team Canyon?
“Da marzo ho cominciato a lavorare con Canyon Usa come Us Pro Sport Manager. Mi occupo di supportare i nostri atleti che arrivano da tutto il mondo per competere negli Stati Uniti nelle diverse discipline, Triathlon, Gravel, Mtb. Sono atleti professionisti e vengono qui per vincere. Il mio lavoro consiste in aiutarli a raggiungere questo obiettivo. La parte più importante è assicurarsi che la bicicletta abbia il setup perfetto e performante per ogni evento. Poi c'è la parte che io chiamo da 'Direttore Sportivo' dove aiuto per le ricognizioni del percorso, feedzone. Oltre che a lavorare con Canyon sono anche il direttore sportivo di un team Juniores Californiano chiamato Velo Sport. Verremo a settembre in Italia a correre gare di grande prestigio come il Trofeo Buffoni, Trofeo Automazioni e Trofeo San Rocco. Come menzionavo prima i costi sono alti per i giovani atleti e con mia moglie Melissa abbiamo anche una non profit chiamata SoCal Gruppetto. Organizzando bike rides raccogliamo fondi per aiutiate i giovani riders a coprire alcuni costi per la loro attività sportiva”.