La città intelligente è più sostenibile
Articolo pubblicato su BIKE Volume 4 edizione Spring aprile-giugno 2021
Nelle città intelligenti, quelle dove è più diffuso il ricorso alle tecnologie digitali, ci si muove meglio e sulle due ruote. Lo abbiamo capito anche grazie alla pandemia, perché paradossalmente è proprio quando sei costretto a fermarti che ti rendi conto del valore della mobilità, in particolare di quella ‘smart’, un paradigma che prevede gli spostamenti da un punto A a un punto B nel modo più semplice, veloce e sostenibile possibile. Cosa che nella ‘vecchia’ normalità non sempre accadeva.
“Il lockdown prima e le zone colorate poi hanno portato alla luce elementi finora poco considerati quando si discute di mobilità, ma che in realtà impattano sempre più sulla vita delle città”, constata Gianni Dominici, direttore generale di Fpa che ogni anno stila l’iCity Rank, il rapporto sulle città più smart d’Italia. Nella classifica 2020, purtroppo, la mobilità non è tra gli indicatori selezionati, perché oggettivamente l’anno scorso c’era poco da registrare. Ma proprio per questo motivo la ricerca, che ha preso in esame 107 comuni capoluogo in base a otto indicatori, fa emergere una tendenza molto interessante: “Nelle città più digitalizzate ci si muove meglio”, chiosa Dominici.
Molteplici e tutte da scoprire le ragioni per cui Firenze, Bologna e Milano conquistano, in quest’ordine, il podio. Chiudono la top ten Roma, Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Venezia. Laddove i servizi della pubblica amministrazione sono facilmente accessibili online, per esempio, c’è un motivo in meno per muoversi. Ed è anche questo genere di innovazioni che contribuisce a ridurre il traffico e i suoi effetti negativi sull’ambiente. Oppure, dove ci sono semafori intelligenti e altro tipo di declinazioni dell’Internet delle cose (Iot) applicate alla mobilità urbana, in genere, si riscontra una migliore viabilità.
L’indice di trasformazione digitale sulla base del quale è stata stilata la classifica 2020 è anche un buon indicatore per capire quali città gestiscono meglio il movimento delle persone e delle cose. Basta un solo dato per confermare la correlazione fra digitalizzazione e mobilità: nel 2020 le app di mobilità dei comuni sono aumentate del 68,5%. L’emergenza sanitaria e la correlata necessità di distanziamento hanno inoltre accresciuto il ricorso a sistemi hi-tech di monitoraggio che resteranno in futuro come eredità della pandemia per una più attenta gestione dei flussi di traffico.
“Indubbiamente il processo di trasformazione digitale delle città italiane e delle loro amministrazioni ha ricevuto un’accelerazione”, sottolinea ancora Dominici, che però fa notare: “Siamo ancora all’inizio di un percorso che ci porterà verso le responsive e adaptive city, quelle in grado di utilizzare le informazioni e i dati per gestire servizi a misura delle esigenze dei cittadini”. Anche nella mobilità.
“In che modo la pandemia ha cambiato il nostro modo di spostarci?”. È la domanda che si è posta nella nuova edizione del Global public transport report di Moovit, l’applicazione utilizzata da 800 milioni di utenti in 100 Paesi, che aiuta a pianificare i tragitti integrando in un unico punto d’accesso le differenti soluzioni di mobilità urbana, dall’autobus al taxi, dalla metropolitana ai monopattini in sharing.
Generale è la crisi dei mezzi pubblici, ma meno di quanto in un primo momento si potesse prevedere. Cresce la domanda di sicurezza, distanziamento e controllo. Parallelamente aumenta il ricorso alle biciclette, ai monopattini e agli scooter in sharing. La città dove la micromobilità condivisa ha avuto più successo è Torino, seguita da Venezia e Firenze. Poi, nell’ordine, Milano, Roma, Bologna, Napoli, Palermo e Genova. Una soluzione, quella della micromobilità leggera, che viene vista da tanti come una soluzione comoda, specie per tragitti brevi, sebbene non sempre sia conveniente.
Nella foto Firenze (Shutterstock)