La città senz'auto non bandisce le macchine ma valorizza il ciclista urbano. Come a Groningen
Dopo l'edizione 2021, quella del debutto, ritorna Mobilitars, il simposio dedicato all’arte della gestione della mobilità urbana. A differenza dello scorso anno, questa volta gli incontri che animeranno la manifestazione in programma il 26 e 27 maggio al Centro Loris Malaguzzi di Reggio Emilia si svolgeranno in presenza e vedranno coinvolti, tra gli altri, con l’intento di dibattere costruttivamente un tema sempre più attuale e delicato come quello della mobilità nelle città, Mario Tozzi (divulgatore scientifico nonché membro del comitato scientifico di Mobilitars), Philip Broeksma (assessore alla mobilità del comune di Groningen), Giuseppe Grezzi (assessore alla mobilità del comune di Valencia), Luca Boniardi (dottore di ricerca presso l’Università di Milano), Alessandro Tursi (presidente Fiab) e Paolo Gandolfi.
Proprio con quest’ultimo, dirigente settore mobilità dell'area Sviluppo territoriale del comune di Reggio Emilia e membro del comitato scientifico di Mobilitars, abbiamo avuto modo di parlare dei temi che caratterizzeranno l’evento e di alcune dinamiche che, da qualche tempo a questa parte, sono sempre più centrali quando si parla di mobilità urbana. Ecco cosa ci ha detto.
La seconda edizione di Mobilitars si avvicina, quali sono le sue aspettative sull’evento e come lo avete organizzato?
Con il titolo 'Mobilitars - Città senz’auto, è possibile?' abbiam voluto metterci nelle condizioni di poter parlare diffusamente di mobilità sostenibile e di come possono funzionare le città con un sistema diverso, non solo a livello ambientale ma anche sociale e relazionale. Detto ciò, l’evento è chiaramente un’occasione per focalizzarci in particolare sulla mobilità ciclabile. Questo perché negli ultimi dieci anni, da quando ci siamo ritrovati proprio a Reggio Emilia per gli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità nuova, molte cose si sono mosse ed è giusto che si faccia un po’ il punto, analizzando cosa è successo, le leggi, i piani del Ministero, le grandi infrastrutture nazionali e ciò che stanno facendo i vari comuni. Partendo da ciò, la manifestazione sarà quindi utile anche per capire i passi successivi da fare per sviluppare questo tipo di mobilità.
Quali sono i micro e macrotemi più significativi che verranno affrontati?
Intendendo la mobilità come la funzione che occupa lo spazio pubblico (ma non l’unica possibile), cercheremo di sviluppare in particolare il tema della vivibilità e della qualità della vita delle città, un aspetto questo che è strettamente legato alla possibilità di fare altre cose all’interno del territorio urbano come giocare, incontrarsi, mangiare… In sostanza quello che abbiamo scoperto con la pandemia.
Vogliamo quindi insistere sulla convivenza e su un diverso modo di interpretare lo spazio stradale come spazio pubblico, spazio di relazione e di attività sociali. Il che, tradotto in termini molto pratici, significa arrivare il più in fretta possibile in Italia all’applicazione del limite dei 30 km/h nelle città, una misura che è sì di sicurezza ma che concettualmente si fonda sull’idea che la mobilità automobilistica possa esser compatibile con la vita delle città solo a patto che non produca pericolo e morti. La velocità all’interno dei confini urbani deve essere più vicina possibile a quella con cui le persone si muovono e dunque deve cambiare la concezione per cui le auto possono avere delle performance che la città non permette, un aspetto questo che ha indotto a pianificare infrastrutture come viadotti, sottopassi e incroci pericolosi che hanno ucciso le città, tagliandole e riducendole a celle. Tutto ciò può essere superato tramite appunto l’idea della condivisione dello spazio sviluppata attraverso soluzioni come i 30 km/h (se non in alcuni casi anche inferiore) e i super isolati, ovvero quartieri in cui lo spazio delle auto viene ridotto per dare spazio alla vita comune.
Quali altre soluzioni a suo avviso possono essere messe in pratica a breve-medio termine?
Le due citate sopra credo non siano soluzioni per il futuro ma misure che possono già essere applicate nel breve periodo. A tal proposito abbiamo una sezione del convegno dedicata alle 'Città dei 15 minuti' proprio perché vogliamo focalizzarci sulle esperienze già fatte in Italia e spingere molte altre città a ripensare anche loro, senza l’aggiunta di nuove leggi, lo spazio pubblico in funzione delle relazioni e delle necessità d’utilizzo di persone quali anziani, bambini e disabili. In questo modo le città possono diventare ancor più luoghi d’aggregazione e non lasciare indietro una parte delle persone che vi abitano. Questo progetto, tolte metropoli come Roma e Milano per le quali dobbiamo sicuramente darci una prospettiva di più anni, può essere avviato subito: si tratta solo di seguire un buon processo di pianificazione, fare progetti concreti, prendere delle decisioni corrette. Molte città hanno già iniziato, altre inizieranno. Si può anche copiare da alcuni esempi virtuosi perché è inutile dire e giustificarsi con un 'siamo diversi': non lo siamo per nulla. Si può benissimo prendere spunto da chi ha fatto bene e si è già mosso concretamente come gli spagnoli, guardando per esempio a Barcellona e a quello che hanno fatto a Madrid. Non è complicato. Basta prendere gli esempi corrispondenti alle dimensioni e alle caratteristiche della città: se Milano attingerà da Barcellona, Reggio Emilia lo farà da Vitoria.
Ecco, a questo proposito, come si sta muovendo il comune di Reggio Emilia?
Il comune di Reggio Emilia è sostanzialmente impegnato in una revisione e in un riorientamento della sua ormai nota politica a favore della mobilità ciclistica. Dopo i chilometri di piste ciclabili e le infrastrutture connesse a esse, l’obiettivo ora è la ciclabilità integrale, quindi rendere sostanzialmente ciclabili e sicure anche le altre strade, non selezionando una rete parallela e minore per le biciclette lasciando il resto alle auto. Questo è il punto all’ordine del giorno della politica ciclabile cittadina. Un’altra questione è quella appunto della città dei 15 minuti, ovvero determinare lo sviluppo di una visione nuova per quanto riguarda la città di prossimità che abbiamo riscoperto con la pandemia. Abbiamo già iniziato a tracciare alcune linee teoriche e a queste seguiranno poi le progettazioni necessarie. Ci sono grandi aspettative perché non è solo un’idea di riqualificazione dello spazio urbano ma anche un progetto che coinvolge e rende attivamente partecipi i cittadini.
In merito alla partecipazione diretta dei cittadini a questo processo di cambiamento, negli ultimi due anni c’è stato un notevole incremento delle vendite di bici e monopattini, due perni del mercato della mobilità sostenibile: come interpretare questo dato?
Lo sviluppo dei monopattini è l’ennesima dimostrazione che la mobilità urbana sta cambiando rapidamente e che la centralità dell’automobile è destinata ad esser messa in discussione. I monopattini costituiscono una forma intermedia, più vicina al muoversi a piedi che alla bicicletta dal punto di vista concettuale, che ha comunque bisogno per il suo funzionamento di spazi simili a quelli che servono per andare in bicicletta. Molti dicono che creano disordine, ma il problema è relativo perché la confusione o il cattivo utilizzo dipendono solo dalle persone che li gestiscono e dal loro livello di educazione. In ogni caso, ritengo che se si svilupperà quindi una buona rete infrastrutturale per le biciclette, anche i monopattini ne gioveranno e troveranno sempre più spazio.
Viene quindi spontaneo allora interrogarsi sul claim di quest’edizione di Mobilitars: Una città senz’auto, è davvero possibile?
Se guardiamo in Europa, possono essere considerate città senz’auto Groningen e tutte quelle che hanno affrontato il tema di una mobilità diversa riducendo la dipendenza assoluta dall’automobile. 'Città senz’auto' dunque non significa che le auto vengono cancellate dal panorama urbano ma che, semplicemente, circolano meno e, così facendo, generano meno incidenti e meno traffico finendo per certi versi addirittura per trarne giovamento.
Nelle 'Citta senz’auto' quindi viene riequilibrato il traffico a favore della mobilità a piedi e in bicicletta e del trasporto pubblico. Non è uno scenario che si concretizzerà tra tanto questo perché gran parte delle nuove generazioni sta spingendo in questa direzione e non coltiva più il mito dell’auto come si faceva in precedenza. Oggi, infatti, l’auto è sempre più vista come un mezzo comune, utile ma con una serie di problemi e costi di gestione che portano le nuove generazioni in maniera razionale a scegliere altre soluzioni. A questo proposito, ho notato che oggi i ragazzi dai 14 ai 20 anni usano molto più la bicicletta rispetto a quanto non facevano le generazioni precedenti. Questa inversione di tendenza non è stata indotta dal fatto che in Italia siamo diventati olandesi e abbiamo iniziato a fare rivoluzioni radicali, ma è l’effetto di un cambiamento culturale in atto molto significativo, prodotto dalla maggior consapevolezza dei problemi legati al mantenimento di un’auto e questo, alla lunga, favorirà l’affermazione delle altre modalità di trasporto.
C’è qualche intervento in particolare che suggerisce di non perdere alla prossima edizione di Mobilitars?
Il mio consiglio, già che si è in loco, è di provare a seguirli tutti, di partecipare, di muoversi e godersi il più possibile la città vivendo due giorni freschi e stimolanti.
(Foto: Shutterstock)