Immagine
Collezione Azzini
Marzia Papagna

La collezione Azzini e il mistero della pedivella

Nel panorama della storia ciclistica italiana, il nome di Alfredo Azzini è una garanzia. Collezionista, ricercatore e autentico narratore della bicicletta antica, Azzini è oggi una figura di riferimento per chiunque voglia riscoprire le radici di un mezzo che ha rivoluzionato il nostro modo di muoverci, pensare e vivere. A Venezia, in occasione del Festival 'Pavé-Pedalando a Venezia', che si è svolto dal 9 all'11 maggio, è intervenuto per raccontare la storia della trasformazione della sua collezione privata di biciclette in un museo aperto a tutti. Ci sono i primi velocipedi dell'800 e i modelli da corsa in acciaio leggero che hanno vinto tappe leggendarie del Giro d'Italia.

"La nostra collezione raccoglie bici da turismo fino agli anni '40 e da corsa fino agli anni '50, per un totale di 350 modelli di cui 240 esposti nel museo – racconta a bikechannel.it – l'inizio è stato compulsivo, viscerale. Poi, con mio figlio Carlo, nel 2011 abbiamo pensato di tirar fuori queste bici e di esporle nel nostro cortile che oggi è un museo a cielo aperto. Far conoscere la nostra passione, condividerla, ci ha dato la possibilità anche di cercare bici più vicine a noi". E continua: "Il museo rispetta un criterio filologico, abbiamo fatto in modo di rappresentare tutta la storia della bici e siamo felici di ospitare gruppi di cicloamatori, scolaresche, imprenditori, gruppi aziendali, associazioni, turisti stranieri".

Le visite guidate all'interno del suo palazzo Vertua-Robbiani di Soresina, vicino Cremona, sono sempre gratuite perché, come dice lui stesso, "le passioni sono più belle se vengono condivise". Così, lontano dall'idea di un collezionista geloso dei propri tesori, Alfredo ama mostrare e spiegare senza limitarsi alla pura esposizione: "Oltre alle bici, abbiamo cercato anche riviste e vecchi libri che ho letto e studiato. Più andavo indietro nel tempo, più questa manualistica aumentava. Anche se sono il ciclista più anomalo o il peggior pedalatore della storia urbana, perché sono nato nell'epoca d'oro dei motori quindi ho anche la grande passione per le macchine sportive di grande bellezza, amo la bici per quello che racconta".

E quando gli chiediamo qual è la bici che preferisce, se ce n'è una, risponde: "Quella che devo ancora comprare. Tutte raccontano la storia della bici. Però una volta esposta e messa in collezione, mi concentro su quella che sta per arrivare. Quella diventa la preferita". Le bici per Alfredo sono un mezzo culturale, pezzi di memoria collettiva che raccontano di tecnica, innovazione meccanica, di cambiamenti sociali. Il compito che con il figlio Carlo sta portando avanti è di custodirla e trasmetterne il valore. Per questo, in qualità di collezionista e divulgatore, partecipa a mostre, festival e convegni, portando la sua esperienza e il suo carisma in giro per l'Italia. Come succede a Venezia, con il talk 'Il mistero della pedivella'.

"A Venezia ho voluto portare un argomento diverso, che mi piace descrivere un po' come il giallo della pedivella – continua – la pedivella è lo strumento più importante che ha la bici, senza questa si spingeva la bici coi piedi. La cosa interessante della pedivella è che non c'è nessun brevetto in Europa. Sappiamo che nasce a Parigi e che l'unico brevetto è nel Connecticut. Una storia curiosa, che si è stratificata. Cerco di raccontarlo dando una soluzione logica sul finale, ho messo a posto le tessere di quattro personaggi che si evolvono prima della guerra franco-prussiana con una forte tensione contro la Germania".

(Photo credits: www.velobiciantiche.it)